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Uomini che non hanno bisogno di fare cose da uomini (di Cosimo Risi)

La frase è attribuita a Federica Pellegrini durante la cerimonia di premiazione al Circolo Canottieri Aniene di Roma. Quello, per chi non vive nella Capitale, che ha come Presidente onorario Giovanni Malagò e non ammette le socie. Il posto giusto per perorare il ruolo delle donne.

L’affermazione, costernata, risale all’epoca in cui la Diva Fede cominciò a gareggiare in piscina, nello spazio acquatico tradizionalmente riservato ai maschietti. Da adolescente soffriva di acne. Ai maschietti si consigliava di andare a donne per curarsi, il piacere solitario non bastava, di lei si diceva (in radio, accusa Federica) che era colpa del testosterone in eccesso. Le si prescriveva la stessa terapia che ai maschietti, alle donne però era consentito scaricare gli ormoni solo in costanza di matrimonio.

Di un suo allenatore, col quale evidentemente divideva lo spogliatoio oltre che la vasca, si disse che era “il suo pene dell’anno”. Federica oggi ironicamente osserva che esisterà il pene a perenzione: come lo yogurt scade ad una certa data. E se una vuole conservarlo più a lungo?

La Diva aggiunge che di un atleta che cambia compagna con la stessa frequenza dei costumi da bagno si dice che è “un figo”. Della atleta che ama cambiare si dice che è “una mangiauomini”. Un tempo, una donna così sarebbe stata accomunata all’animaletto che disputa i rifiuti ai gabbiani nei cassonetti di Roma, tanto per restare sul posto.

Nello sport come nella vita quotidiana il mestiere di donna è duro. Ci sono gli eccessi di parità che portano a situazioni surreali. Sembrano quadri di René Magritte, ma senza la firma del Maestro belga.

La cronista all’uscita dallo stadio è toccata sul posteriore da un tifoso evidentemente più eccitato da lei che dall’esito della partita. Che la sua squadra abbia perso e lui cerchi soddisfazione altrimenti? Sul caso del toccamento si apre il classico dibattito, pari per noia a quello che seguiva la proiezione del film al Cineforum, quando l’officiante impugnava il microfono ed esigeva la domanda intelligente dal pubblico stremato da tre ore di Glauber Rocha in portoghese.

Il dibattito accerta che le signore non si toccano in linea di principio, neanche lo sfioramento è ammesso. Tutto è sconveniente: la mano moscia a bordo dell’autobus, ora per di più c’è il rischio contagio; lo sguardo fra il languido e il lubrico; il fischio all’incedere sculettante sul bagnasciuga. Vietati persino i complimenti all’abitino che le calza così bene: è un’allusione a quello che l’abitino nasconde.

Dopo il caso Monica Lewinski, che stava facendo naufragare la presidenza di Bill Clinton alla Casa Bianca, l’attenzione alle attenzioni del maschio verso la femmina è giustamente altissima.

La carica polemica non sfugge a Natalia Aspesi. Su Repubblica la Vegliarda, lei stessa si definisce così, si rammarica che ad una certa età nessuno ti guarda più il posteriore e neanche l’anteriore. Non sei più l’oggetto del desiderio, per quanto urbanamente espresso, e allora sì che ti senti superata. Fuori tempo massimo per il desiderio altrui è come volersi meno bene.

Federica Pellegrini parla come nuota: con coraggio vincente. Il Discobolo di Mirone era “kalòs kai agathòs”, bello e coraggioso. Per gli Elleni la kalokagathìa era prerogativa divina. Si addice alla Diva Fede.

In memoria di Lina Wertmuller (1928–2021): il suo “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” è un film di educazione sentimentale. Nel 1974 aveva previsto tutto.

di Cosimo Risi

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