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Cina – USA: dialogo tra gli imperi per garantire la pace


 

Il ruolo cinese – Il dialogo tra gli imperi per garantire la pace

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero

Il G7 di Hiroshima è stato certamente seguito con interesse, ma non con l’attesa e l’attenzione che si attribuiva in passato a questo grande appuntamento. Non è difficile spiegarne le ragioni.

La forza del G7 è infatti in progressivo declino. D’altra parte, quando nel 1997 partecipai al mio primo G7 (che in effetti si chiamava G8 perché il Presidente Clinton vi invitò anche la Russia), il gruppo dei paesi partecipanti rappresentava il 70% del Prodotto Lordo Mondiale, mentre oggi essi superano di poco il 40%.

Non solo: se ragioniamo in termini di potere d’acquisto, il prodotto dei così detti paesi BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa) supera quello dei G7.

 

Già il Presidente Obama aveva definito il G8 declinante, per non parlare di Trump che lo aveva liquidato come fuori tempo.

Non si può infine mettere in secondo piano che mentre vent’anni fa i G7, sotto la guida degli Stati Uniti, dettavano le regole dell’economia e del commercio internazionale, oggi la Cina insidia questa leadership, trasformando il mondo da monopolare a bipolare.

A Hiroshima si è quindi agito di conseguenza e, sotto quest’aspetto, il risultato di compattare il mondo delle democrazie, unite intorno agli Stati Uniti, è stato raggiunto.

La guerra di Ucraina e la presenza fisica di Zelensky hanno ulteriormente rafforzato la Nato e riunito gli alleati europei fra di loro e con il Giappone.

 

In questo contesto è stato ribadito l’impegno di rafforzare e coordinare maggiormente le strutture militari, cominciando con la fornitura di più armi a Kiev, a partire dai ben noti F16. Il principale esercizio del G7 è consistito nel coordinare l’assistenza all’Ucraina e nel riportare l’attenzione sull’aumento delle sanzioni contro la Russia.

Un risultato quindi coerente con le aspettative, ma in una realtà che presenta condizioni e necessità ben diverse dal passato.

Nel frattempo, infatti, la Cina ha continuato nella sua azione di allargare e approfondire le proprie alleanze e le proprie influenze. Ha infatti sponsorizzato l’inizio di un dialogo fra i due tradizionali nemici nel Medio Oriente (Arabia Saudita e Iran) e, fondandosi anche sui suoi massicci acquisti di petrolio, ha progressivamente sostituito l’influenza americana nel Golfo e in Medio Oriente.

 

Nello stesso tempo Xi Jinping ha proceduto a raggruppare attorno a sé i principali paesi dell’Asia centrale, erodendo anche il potere e l’influenza dell’alleato russo in quest’importante area.

Il G7 ha reso palese e ha confermato che la divisione del mondo e la distanza fra paesi ricchi e paesi in via di sviluppo sta aumentando.

Anche fra coloro che condannano l’aggressione all’Ucraina sta crescendo il timore che questa guerra senza fine porti conseguenze drammaticamente negative nei confronti della loro crescita e della disponibilità di cibo e di energia.

 

Un’analisi rigorosa, anche se impietosa, dell’evoluzione in corso ci obbliga a concludere che la divisione fra l’Occidente (che comprende ovviamente anche il Giappone) e il resto del mondo si va accentuando, insieme alla prosecuzione del mutamento dei rapporti di forza.

Dovremmo perciò approfittare della recente lucida analisi di un giovane politologo americano che, proprio nella giornata di oggi compie cent’anni e che, in una recente intervista, ha messo in rilevo il rischio mortale della degenerazione in cui ci troviamo e ha indicato le decisioni necessarie per uscire da una strada che può condurci solo verso il baratro.

Henry Kissinger ha infatti ricordato a tutti noi che questo aumento delle divaricazioni ci ha portato in una situazione quasi pre-bellica, ha insistito sul fatto che nessuno dei due contendenti deve operare per il cambiamento di regime dell’altro e che, in ogni caso, una confusa evoluzione della Cina non porterebbe verso la democrazia, ma verso un collasso globale.

 

Rifacendosi alla sua esperienza, lamenta la mancanza di un colloquio diretto e continuo fra i responsabili delle grandi potenze. Una mancanza così grave da mettere in pericolo non solo la pace nel mondo, ma una necessaria collaborazione nella politica ambientale e nella regolamentazione dell’Intelligenza Artificiale, la cui pericolosità viene in qualche modo paragonata all’arma nucleare.

Eppure la coesistenza è possibile anche perché, conclude Kissinger riprendendo una sua vecchia tesi, Russia e Cina possono portare avanti un’amicizia strumentale ma non sono alleati naturali perché, in un prospettiva di lungo periodo, hanno tra di loro obiettivi troppo contrastanti.

La Cina quindi ha interesse ad avere una certa libertà di movimento nei suoi colloqui anche con l’Ucraina e nelle sue pur esili proposte di pace. La sostanza di questa lunga intervista di Kissinger è quindi che, per avere pace, i due grandi imperi debbono dialogare fra di loro, non misurandosi in un confronto ideologico o in uno scontro militare, ma agendo con “realismo e autocontrollo”.

Credo che queste due virtù siano premessa indispensabile per arrivare alla fine della guerra di Ucraina e avviare il dialogo necessario per salvare il mondo dalla rovina, ma bisogna ammettere che queste due virtù non sono oggi praticate con la necessaria lungimiranza e la necessaria saggezza.

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