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Intelligenza artificiale, Nvidia verso i mille miliardi, l’azienda che fa i microchip dell’Ai


 di Federico Rampini  (Corriere)

Si tratta della principale artefice dei microchip più sofisticati che sono necessari per i generatori di Ai. La sua fortuna è esplosa in Borsa portandola sulla soglia del «trilione»

 

La nuova febbre dell’oro, cioè la corsa all’intelligenza artificiale, ha già un vincitore (provvisorio). È un’azienda la cui fortuna è esplosa in Borsa portandola sulla soglia del «trilione» (mille miliardi di dollari), un valore che la metterebbe in un ristrettissimo club in compagnia di Microsoft, Amazon, Alphabet-Google.

Si chiama Nvidia, nacque trent’anni fa in una riunione tra amici in un fast-food Denny’s a San Jose, nella Silicon Valley californiana. Non si occupa direttamente di intelligenza artificiale come la start-up ChatGPT finanziata da Microsoft o come Google. Però è la principale artefice dei microchip più sofisticati che sono necessari per i generatori di intelligenza artificiale. Nvidia è quotata al Nasdaq, la Borsa dei titoli tecnologici. Le sue azioni hanno avuto un rialzo impressionante, +160% dall’inizio dell’anno. Mentre scrivo la sua capitalizzazione, cioè il valore totale dell’azienda in base alle quotazioni di Borsa, è attorno ai 940 miliardi di dollari.

Le basta un piccolo «strappo» ulteriore all’insù e raggiungerà il fatidico trilione. Al di là di questa cifra simbolica, è interessante la vicenda che c’è dietro. Mi ricorda un po’ una vecchia storia istruttiva sulla prima febbre dell’oro che avvenne sempre da quelle parti: quella originaria, scattata nel 1848 quando sulla Sierra Nevada vicino a Sacramento (capitale della California) furono scoperte pepite d’oro. Non esistevano i social eppure la voce si sparse molto rapidamente nel mondo intero, e affluirono cercatori d’oro da quattro continenti. Sbarcavano al porto di San Francisco, il più vicino ai ritrovamenti auriferi. Fu così che San Francisco diventò una vera città, da quel villaggio di pescatori che era. Alla fine di oro non ce n’era tantissimo. Non furono molti ad arricchirsi con il metallo giallo. In compenso nacquero delle fortune economiche basate sulla fornitura di tutto ciò che serviva ai cercatori d’oro: dai badili ai jeans (fu così che ebbe inizio il successo della marca Levi’s di San Francisco).

Ecco, in un certo senso Nvidia fabbrica i «badili» per scavare nel letto del fiume Sacramento in cerca di pepite d’oro. Dietro i chatbot, le macchine scriventi e dialoganti che stanno affascinando (o spaventando) il mondo intero, ci sono dei micro-chip molto sofisticati e potentissimi. Nvidia cominciò a progettarli per tutt’altro mercato: i videogiochi. Fu quello l’inizio della sua fortuna, perché i semiconduttori Nvidia garantiscono una qualità delle immagini eccezionale. Da lì seguì una diversificazione sulle criptovalute, altro business che ha fatto largo uso dei prodotti Nvidia. Nel caso delle criptovalute il mio paragone con la febbre dell’oro è tanto più pertinente, visto che si parla di «estrazione mineraria» delle criptovalute, in senso figurato (in realtà è un’attività tutta affidata al mondo dei computer).

All’epoca del boom delle criptovalute la Nvidia ebbe la sua prima fiammata in Borsa arrivando a superare la capitalizzazione di Intel, le regina storica dei semiconduttori americani. Infine qualcuno si accorse che i micro-chip Nvidia erano l’ideale per la potenza di calcolo richiesta dai chatbot come ChatGPT, insomma tutte le operazioni di intelligenza artificiale. L’attuale infatuazione di massa per l’intelligenza artificiale sta producendo quello che il chief executive di Nvidia ha definito «un momento iPhone»: il paragone con l’impatto rivoluzionario che ebbe nel 2007 l’arrivo sul mercato di massa del primo smartphone concepito da Apple. Il chief executive di Nvidia si chiama Jensen Huang, è di origine taiwanese. Insieme ad altri soci fondò Nvidia nel 1993. La società venne quotata in Borsa per la prima volta nel 1999 e Huang oltre al ruolo di amministratore delegato è azionista con il 3,6% del capitale. Nvidia non ha fabbriche, i suoi micro-chip li fa produrre materialmente da altri, fin dalle sue origini ha adottato questo modello aziendale: lei progetta quel tipo di micro-chip avanzatissimi che vengono chiamati «processori grafici». Per la loro fabbricazione si affida a terzi, tra cui il numero uno mondiale che è la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company. Un’analisi della banca svizzera Ubs stima che per sviluppare l’intelligenza artificiale di ChatGPT sono stati necessari diecimila GPU (graphics-processing unit) della Nvidia.

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