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Presentazione del libro Capitali Coraggiosi fatta dal Prof, Paolo Savona, Professore emerito di Politica economica e Presidente CONSOB; già Ministro dell’industria e Ministro degli affari europei
Some men see things as they are and ask why. I dream things that never were and ask why not
George Bernard Shaw (Dublin 1856 – Ayot St. Lawrence 1950)
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Prefazione di Paolo Savona
Questo nuovo lavoro di Bepi Pezzulli è un manuale delle forme e delle prescrizioni che accompagnano la vita del venture capital, efficacemente presentata come una storia dei Capitali coraggiosi nell’intraprendere investimenti indispensabili per lo sviluppo di nuove iniziative che tramutano le innovazioni tecnologiche e manageriali in un accrescimento di ricchezza e benessere. Parimenti significativa è la citazione di George Bernard Show che sottolinea l’importanza di porsi il problema “perché no?”, invece del più classico problema di spiegare il “perché” delle cose. Il venture capital è una tecnica di finanziamento di nuove iniziative rischiose, e Pezzulli istruisce su come affrontare questa caratteristica dell’investimento. Il lettore che intende prepararsi a leggere il testo perché vuol capire questo congegno finanziario per sua cultura o perché intende intraprendere una nuova attività può scorrere attentamente l’indice; si accorgerà della precisione e multiformità con cui l’argomento viene presentato. Uno studioso alle prime armi lo userà come manuale di formazione e un operatore finanziario come manuale di istruzione per consigliare chi possiede capitali coraggiosi o, se lui stesso li possiede, per investirli. Molto utile il glossario dei termini usati nel settore. Poiché la mia posizione è prossima al primo gruppo di lettori, anche se non proprio alle prime armi, mi trovo in bilico tra la posizione dell’autore che, giustamente, considera lo strumento un viatico importante per lo sviluppo di nuove imprese e quella dell’esperienza di osservatore vissuto che non lo considera un fattore trainante della crescita produttiva vissuta negli ultimi decenni; il motivo può essere visto nel fatto che esistono operatori che valutano i rischi in forme tradizionali, ma con molto fiuto (gli “oracoli”), e altri che si basano sempre più sulle nuove tecniche di intelligenza artificiale, con la conseguenza che la frontiera tra il venture capital e le altre forme di valutazione del rischio risultano molto sfumate. L’autore ricorda che questo strumento ha avuto successo soprattutto negli Stati Uniti, attribuendolo soprattutto, anche se non esclusivamente, al fatto che l’architettura istituzionale anglosassone è del tipo “romano” (in inglese, common law), mentre quella europea è di tipo “francese” (civil law), inevitabilmente più rigida nell’accogliere le novità finanziarie. Questo è certamente un fattore importante nella finanza per il formalismo del secondo assetto nella normativa della supervisione, ma questa “pesantezza” ha modesti effetti discriminanti nella gestione del mercato finanziario, mentre conta nella distribuzione geografica dei flussi di capitali. Va infine osservato che uno dei cardini delle scelte in condizioni di rischio e incertezza è che il saggio di coraggio dei capitali è proporzionale al saggio di diversificazione delle iniziative aventi caratteristiche venture. Pezzulli affronta questo argomento nel capitolo IV quando parla dei fondi di venture capital sottolineando le differenze tra Stati Uniti ed Europa. 11 Questi fondi hanno un vantaggio rispetto alle intraprese individuali in questa forma perché i successi nei singoli investimenti compensano gli insuccessi, con riflessi positivi anche sul trattamento tributario. Un’utile bibliografia completa questa importante pubblicazione.
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