Translate

(Da La Stampa di Torino)

EDITORIALI
20/11/2012

Un brutto copione e due domande

MICHELE BRAMBILLA
Probabilmente non c’è italiano che non sia rimasto interdetto, ieri, nel seguire le notizie sul sequestro lampo ai danni del cassiere di fiducia di Silvio Berlusconi. Quello che si è scoperto, con un mese di ritardo, è un episodio di cronaca nera: ma lo scenario nel quale si sono svolti i fatti, e mossi i suoi interpreti, sembra da commedia, o peggio da farsa. Una via di mezzo tra «Romanzo criminale» e un film di Totò. L’ex premier entra in scena come parte lesa: ma forse il danno più rilevante che subisce non è il tentativo di estorsione, quanto la ricaduta d’immagine che gliene deriva.  

Un fido ragioniere venuto alla ribalta per la puntualità con cui versa lo stipendio a ragazze chiamate «Olgettine». Sei balordi, tre italiani e tre albanesi, che vanno a casa sua con la pistola in pugno. Una chiavetta usb che conterrebbe le prove di un complotto del presidente della Camera e dei magistrati ai danni di Berlusconi e che nessuno riesce a collegare a un computer. Una richiesta di 35 milioni di euro; tre cassette di sicurezza, una Ferrari prenotata, una telefonata in cui si parla di otto milioni già in Svizzera e forse non è vero, ma è vero che il tutto viene denunciato con oltre un giorno di ritardo.  

E infine un pranzo con il presidente del Consiglio Monti e un convegno europeo del Ppe che vengono rinviati, fatti saltare per stare dietro a tutta questa sporca e grottesca faccenda.  

Credo non si sia mai visto un grande imprenditore e leader politico coinvolto in questo modo - sia pure, lo ripetiamo, come vittima - in una tragicommedia di così basso livello. Eppure i fatti e i personaggi sopra descritti fanno parte dell’inquietante mondo dell’ultimo Silvio Berlusconi. C’è ahimè un filo rosso, che poi è una medesima antropologia, che lega attori e comparse del «pasticciaccio brutto del ragionier Spinelli» con gli attori e le comparse di altri fatti di cronaca che hanno contrassegnato gli ultimi tre anni - quelli del declino - del Cavaliere. La festa a Casoria per la diciottenne Noemi; quel Tarantini di Bari e Patrizia D’Addario che a letto fa i filmini con il cellulare; i bunga bunga ad Arcore con Lele Mora e le sue ragazze; il compagno di un’Olgettina pescato con chili di cocaina; l’igienista dentale e la finta nipote di Mubarak; il caso Lavitola. E via di questo livello. 

C’è chi dice che cattive frequentazioni Berlusconi le abbia sempre avute. Non sappiamo se è vero, e comunque prove in questo senso non ce ne sono. Sicuro è però che le amicizie del Berlusconi degli ultimi anni sono tali da suscitare due domande. La prima è: ma che bisogno ha, un uomo così ricco e potente, di frequentare certa gente per divertirsi? La seconda, decisiva: quale affidabilità può dare un leader politico che senza alcuno scrupolo, anzi con ostentazione, bazzica ambienti simili? Fino al punto da venire ricattato da balordi di quart’ordine? 

Quando scoppiarono i vari casi Noemi, D’Addario, Ruby eccetera, il Cavaliere (allora premier) venne difeso da tutta una serie di intellettuali e giornalisti che gridarono al «moralismo». La parola d’ordine era: ciascuno a letto fa ciò che vuole, separiamo la politica dalla vita privata. Fu un modo abile e imbroglione per distogliere l’attenzione dal vero problema, che non è la moralità ma l’affidabilità: dell’uomo e soprattutto del politico. Se molti leader mondiali non vollero più avere a che fare con l’Italia, è perché non volevano più rapporti con Berlusconi. Il danno per il nostro Paese è stato quel che sappiamo, non fosse altro per il tempo perso. 
Oggi Berlusconi appare come prigioniero di quella rete di rapporti e di interessi che ha intessuto da troppo tempo. Processi, casi Ruby e lodi Mondadori, tentativi di ricatto e tentativi di estorsione. Eppure, dopo un anno di panchina anzi di tribuna, sta meditando se tornare in campo. Non è neanche il caso di immaginare a quale film assisteremmo se dovesse decidere per il «sì».