Una volta la
domenica di Resurrezione si chiamava «Pasqua d’uovo»: in molte cattedrali, al
giovedì santo, si deponeva un uovo di struzzo nel sepolcro rituale insieme con
l’Eucarestia e lo si ritirava il giorno di Pasqua cantando: «Surrexit
Dominus vere: alleluia!».
L’uovo
dunque è il simbolo
del Cristo risorto e della speranza nella futura resurrezione dei fedeli in
Lui.
D’altronde,
in ogni tradizione l’uovo è simbolo di nascita e di
rinascita. «Omne vivum ex ovo», dice un proverbio.
Ma l’uovo,
che nasce da una vita e dà origine a una nuova vita, è anche il simbolo universale del
rinnovamento periodico della natura; è quindi adatto per simboleggiare il
rinnovamento dell’anno astrologico all’equinozio di primavera.
Mangiare
uova significava pertanto augurarsi un buon anno nuovo.
Tutti questi
simbolismi sono stati
cristianizzati alla luce del Prologo del Vangelo di Giovanni che diceva:
«In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste».
Fu dunque facile immaginare l’uovo cosmico come simbolo del Cristo.
Ma il Cristo
è anche colui che muore e risorge; sicché l’uovo come un sepolcro in cui si
prepara una nuova vita destinata a venire alla luce non poteva non ispirare ai
primi cristiani anche il simbolo
della Resurrezione.
Per questo
motivo nelle tombe dei martiri, a Roma, si sono ritrovate uova di marmo: come
ad esempio nei sepolcri di santa Balbina e di santa Teodora.
Da tutto ciò
è nata l’usanza dell’uovo pasquale come simbolo della Resurrezione
del Cristo tant’è vero che un tempo al Sabato santo i parroci benedivano le
uova bollite e colorate che si sarebbero mangiate la domenica.
Già nel
secolo XII in molti paesi europei si usava donare uova benedette mentre la
nobiltà si scambiava uova d’argento o d’oro, abbellite di gemme perle e smalti.
Più tardi
nascerà l’usanza di celare nell’uovo di Pasqua una sorpresa.
Nel secolo
XVI viene offerto a Francesco I, re di Francia, un guscio d’uovo che contiene
un’incisione in legno raffigurante la Passione.
L’usanza si
diffuse rapidamente nella Francia del re Sole al quale i cortigiani donavano
uova raffinate la domenica di Pasqua: i maggiori pittori dell’epoca le
dipingevano amorevolmente.
Nel Settecento Luigi XV donò a
Madame du Barry un grande uovo decorato che conteneva una statuina di Cupido
creata dall’orafo di corte.
Oggi la
tradizione di colorare e donare uova benedette, viva in tutta la cristianità, è
sopravvissuta secolarizzata nelle torte pasquali con uova sode, nelle uova di
cioccolato industriali e in limitate comunità come a Piana di Albanesi, in
provincia di Palermo, dove si distribuiscono in tutte le case delle uova dipinte
di giallo o di rosso che sono state benedette in chiesa.
Ma nella
cristianità ortodossa, al contrario dell’Occidente, il significato sacrale
connesso al dono dell’uovo non è mai tramontato.
In Russia si
chiama pysanky, dal verbo “pysaty“, “scrivere”, perché sul guscio
autentico oppure di legno si tracciano simboli la sera del
sabato: la decorazione avviene in silenzio, a tratti interrotta dalle preghiere
e dagli antichi canti.
Probabilmente
si tratta di un rito antichissimo collegato al risveglio primaverile, e poi
cristianizzato.
La mattina
di Pasqua ogni famiglia porta in chiesa per la benedizione il suo cestino di
uova dipinte, coperto da una salvietta rituale.
Narra una
leggenda ucraina che il demonio è legato da una catena formata da tanti anelli
quante sono le uova che vengono decorate nell’arco di dodici mesi.
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Buona Pasqua a tutti i nostri cari Lettori