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Draghi: l’ultima risorsa per non restare emarginati

 

Paese al bivio: l’ultima risorsa per non restare emarginati

Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 04 febbraio 2021

Prima di affidare a Mario Draghi l’incarico di formare il nuovo governo, il Presidente della Repubblica ha spiegato a tutti gli italiani le ragioni che lo avevano spinto a prendere una decisione tale da cambiare radicalmente i riferimenti della nostra politica. Sono bastate poche parole, pronunciate con una chiarezza quasi pedagogica, a farci capire che ogni accordo fra i partiti politici per formare il governo era risultato impossibile, mentre era diventato improcrastinabile fare fronte alle urgenze provocate dalla pandemia e dalla necessità di preparare un progetto in grado di rispondere alle richieste del NextGenerationEU.

Un messaggio che, data la diligenza e la prudenza con cui il Presidente Mattarella aveva cercato di ricomporre il quadro politico, è suonato come il segnale della provata incapacità dei partiti politici di portare avanti, almeno nel tempo presente, il compito a loro assegnato.

Di qui l’incarico ad una persona che, forte di una indiscussa credibilità nazionale ed internazionale, può essere più di tutti in grado di raccogliere il consenso necessario per raggiungere i nostri ineludibili obiettivi.

Non si tratta, come qualcuno ha voluto insinuare, di una sospensione delle regole della democrazia parlamentare. È infatti, a questo proposito, estremamente significativo che, nell’accettare l’incarico, Mario Draghi abbia sottolineato la priorità del dialogo sia con i partiti rappresentati in Parlamento, sia con le forze sociali che compongono il complesso tessuto della società italiana.

Anche se è reso più forte dalle sue capacità e dal suo prestigio personale, il Presidente del Consiglio designato si trova infatti di fronte alla stessa frammentazione politica che hanno dovuto affrontare i governi precedenti.

Una difficoltà che già ha preso corpo nelle prime reazioni di molti esponenti politici che, in alcuni casi, sembrano mostrare di non avere compreso la gravità della situazione e, in altri, hanno messo semplicemente in rilievo la fragilità e l’inefficacia dei processi decisionali degli attuali partiti politici.

Essi non si limitano a dividersi in correnti, come avveniva anche in passato, ma finiscono, sempre più spesso, con il risolvere i loro contrasti dando vita a continue scissioni o implosioni che rendono sempre più difficile l’attività di governo.

Nessun governo può essere messo a rischio quotidiano da queste frammentazioni o dipendere da una fiducia condizionata o fondata su una fragile maggioranza. Per formare un esecutivo all’altezza delle sfide che abbiamo di fronte l’autorità personale di Mario Draghi è condizione necessaria, ma non sufficiente.

Assieme al riconoscimento della sua autorevolezza, la forza del Presidente del Consiglio deve fondarsi su un programma composto da pochi obiettivi visibili e unicamente dedicati al raggiungimento dei due grandi compiti che il Presidente della Repubblica ha affidato al governo. Non è più permessa l’indicazione di una serie infinita ed indefinita di obiettivi come spesso avvenuto in passato.

Ci si attende l’indicazione di pochi traguardi, sentiti come prioritari e visibili da parte della maggioranza degli italiani. Abbiamo bisogno di percepire la presenza di un governo assolutamente determinato a raggiungere questi traguardi e formato da donne e uomini in grado di perseguirli.

Riflettendo sulle due più recenti esperienze di governo emerge l’evidenza che nella coalizione giallo-verde gli obiettivi erano certamente visibili ma, con altrettanta evidenza, non prioritari per il paese. Nel governo giallo-rosso le infinite mediazioni hanno progressivamente trasmesso un messaggio di indeterminatezza, accompagnato dalla sensazione che il governo non avesse la volontà o la possibilità di raggiungere gli obiettivi che si era proposto.

Draghi, quindi, dipende dal voto del Parlamento come ogni leader democratico, ma possiede la forza della sua credibilità personale ed è correttamente percepito come l’ultima occasione rimasta per rendere possibile la ripresa della nostra economia.

Un primo ostacolo sarà evidentemente costituito dalla scelta dei componenti del governo. Sarà compito di Draghi decidere chi saranno e quanti tra essi avranno una caratteristica prevalentemente tecnica o più strettamente politica, ma non vi è alcuna possibilità di successo se i diversi partiti condizioneranno il loro appoggio al numero o al peso delle poltrone a loro affidate. Questo non è certo un obiettivo facile da raggiungere, ma bisogna tenere almeno presente che ogni alternativa non è più alla nostra portata.

La reazione internazionale alle vicende italiane delle ultime ore è, sotto quest’aspetto, estremamente interessante. Tutti esprimono soddisfazione sul modo con cui si è impostata la soluzione della crisi e esprimono unanimemente il parere che l’instabilità e le paralisi pre-elettorali sono oggi meno probabili, ma aggiungono che Draghi è “l’ultima risorsa” del nostro capitale politico ed economico e che, se il suo tentativo fallisce, ci si deve aspettare una crescente emarginazione dell’Italia nei confronti del disegno che gli altri paesi europei stanno mettendo in atto per uscire dalla crisi.

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