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Riflessioni da Bangalore #1: Il boom energetico americano



L'altra sera a Siena e' stato presentato il mio thriller "WDC sotto traccia" durante una riunione del Rotary Est, presieduto da Stefano Fabbri. Il libro si basa sullo scontro tra le lobby che difendono gli interessi dei produttori di energia da fossile e quelli che sostengono le energie alternative. Il dialogo con gli amici rotariani e' andato avanti per un pezzo anche se il giorno dopo dovevo prendere un aereo per Francoforte -Bangalore.
Durante il viaggio mi sono imbattuto in un'ampia inchiesta del Wall Street Journal proprio sull'argomento. Obama, sia come presidente degli Stati Uniti che come indiscusso leader democratco, si trova incastrato in uno schiaccianoci. Da una parte l'esigenza di salvaguardare l'ambiente dalla contaminazione e polluzione derivate dall'uso dei derivati del petrolio e del carbone. Dall'altra l'estrema necessita' di ridurre in maniera asostanziale la dipendenza enegetica del Paese dalle nazioni detentrici di petrolio a cominiciare dall'Arabia Saudita e dal vicino Venezuela.
Questa situazione ha condotto ad una intensificazione delle ricerche petrolifere sul territorio americano. Finalmente gli americani hanno 'scoperto' (si fa per dire) che il gas naturale e' una risorsa di grande portata. L'assurdo e' che le principali industrie che producono autoveicoli offrono sul mercato europeo macchine dotate di impianto a gas. Mentre negli States l'opposizione delle grandi compagnie di raffinazione e distribuzione ha sino ad ora impedito che nelle stazioni di servizio potessero essere installate colonnine di rifornimento GPL.
Le nuove tecniche di 'fracturing' consentono di individuare ed estrarre grandi quantita' di gas naturale domestico il cui impiego sta incrementando i consumi nazionali.
Ma, tornando all'inchiesta del WSJ, a pagare le spese di questo rinnovato attivismo energetico americano e' il Canada il cui unico cliente sono proprio gli Stati Uniti. La regione dell'Alberta fornisce la maggior parte dei 2.41 milioni di barili al giorno esportati negli USA. Gli altri fornitori di petrolio all'America sono Saudi Arabia (1.36 milioni di barili), Mexico (0.97), Venezuela (0.91), Iraq (0.47) e la Nigeria (0.41).
Vista la contrazione della domanda americana a seguito dell'intensificarsi della produzione interna, il Canada ha iniziato una politica di forti sconti che ha condotto ad una diminuzione dello output produttivo nazionale per un 0.4 per cento come messo in evidenza dalla banca centrale.
Sulla stessa linea si sono venute a trovare le altre nazioni fornitrici dell'America. La domanda e' per quale ragione il prezzo alla pompa delle benzina sia sempre alto, soprattutto in paesi come l'Italia. Ma la risposta va ricercata nelle accise che gravano sul costo finale del prodotto.
La minore domanda da parte americana ha determinato l'aumento dell'estrazione di petrolio dai bitumi di cui e' ricco il Canada, utilizzando la tecnica dell'immisione di acqua calda negli strati terrestri delle riserve ed estrazione di un prodotto petrolifero che puo' essere immediatamente pompato su autobotti inviate alla distribuzione negli impianti di raffinazione. Si tenga presente, inoltre, che il West Africa's Light,  il petrolio a basso contenuto di zolfo, trova oggi pericolosi competitors in quello estratto dai giacimenti del North Dakota e del South Texas. La seconda conseguenza e' che gli sconti canadesi offerti agli Stati Uniti hanno messo in difficolta' i sostenitori della costruzione o ampliamento delle pipelines, anche se la Casa Bianca, nonostante le proteste degli ambientalisti in prevalenza democratici, ha deciso l'espansione dell'esistente Keystone Line che dovra' arrivare sino a Houston in Texas.
Questo il punto focale del nuovo boom energetico americano. La cornice di questo quadro e' costituita da Cina e India (da cui scrivo) che hanno consumi energetici e problemi gravissimi di polluzione atmosferica con ricaduta su milioni di persone destinate a morte sicura. Terque, quaterque....