di Guido Colomba
Una burocrazia, ben pagata, ma totalmente avulsa dalla realtà economica del Paese è all'origine del fenomeno degli annunci legislativi cui segue un vuoto attuativo che aggrava la crisi e blocca la ripresa.
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(The Financial Review n 745) "Public servant" è il termine anglosassone per definire quei dirigenti dello Stato che dovrebbero svolgere i compiti che vengono loro affidati a nome e per conto dei cittadini. Questi drammatici mesi di crisi profonda dell'Italia hanno finalmente alzato il velo. Spesso ci si domanda come mai non si riesce a risolvere i ben noti problemi del Paese pur analizzati in tutti i dettagli. Perché mai in Italia si annunciano i provvedimenti ma poi si scopre il vuoto formale? Persino Mario Monti, pochi mesi fa, aveva annunciato che stavamo uscendo dal tunnel e che la ripresa era alle viste. Gli episodi di questi ultimi giorni forniscono le risposte appropriate. Partiamo dal decreto governativo per far pagare i debiti dello Stato (40 miliardi su una stima di 130 miliardi) verso le imprese varato solo due giorni fa. Eppure il vicepresidente della Commissione europea,Tajani, aveva dichiarato che almeno l'80 per cento dei debiti era già contabilizzato e disponibile presso le amministrazioni pubbliche. Un'operazione, ha detto, che "ha la portata di una vera manovra economica " per rimettere in moto il Paese. Come mai i dati di Bruxelles non coincidono con quelli di Via XX Settembre? Non sono bastati sedici mesi di governo tecnico per accertare quanti sono questi debiti. Addirittura, tra i ministri Passera e Grilli vi è stata una accesa discussione, come riferisce il "Corriere" del 6 aprile, poiché i collaboratori di Grilli avevano previsto ben dieci decreti attuativi cioè un meccanismo dilatorio infernale. E sulla facoltà di compensare debiti con crediti vi è stato un braccio di ferro vergognoso. Il tetto di 700 mila euro era stato ridotto a 500mila euro suscitando le più vibrate proteste degli imprenditori. Per non parlare della falsa partenza di Grilli con gli aumenti delle addizionali Irpef. Ma di riduzione della spesa non se ne parla mai (non a caso Bondi - il risanatore di Parmalat - è stato allontanato già l'anno scorso). Tutto ciò fa da cornice al fallimento dei partiti e del bipolarismo confermato dalla paralisi del Parlamento eletto il 25 febbraio proprio perché PD e PDL si rifiutano di nominare le Commissioni. Da quasi un mese e mezzo tutto è fermo. Il Paese è in coma (un milioni di licenziamenti nel 2012) e il M5S minaccia l'occupazione di Camera e Senato in segno di protesta. Purtroppo siamo dominati da una classe dirigente che ai vertici è composta da non più di 300 persone alle quali il concetto di politica industriale è del tutto estraneo. Ma questi burocrati, peraltro ben pagati e intercambiabili con la casta delle banche, anziché "servire i cittadini" mettono tali e tanti ostacoli alle leggi che la loro attuazione diventa una chimera. Tipico il caso del terremoto dell'anno scorso in Emilia dove sono appena 36 le domande presentate per usufruire delle agevolazioni di legge, a fronte di quasi mille imprese disastrate. Il disagio sociale è oramai diffuso ovunque come attestano gli episodi di cronaca nera. Eppure il 6 marzo scorso, Equitalia ha aumentato i tassi di morosità del 16% con totale disprezzo della situazione sociale. Altro che "public servant". L'altra faccia della stessa medaglia è costituita dai magistrati "distaccati". Sempre “Il Corriere” (Rizzo e Stella) di oggi riferisce che sono almeno 260 i magistrati "distaccati" che operano come capi di gabinetto, consiglieri giuridici, ecc. talora da venti e più anni. Di questi, 91 esercitano presso il Ministero di Grazia e Giustizia. Gli altri, circa 165, sono al servizio della politica. Evidentemente, i politici al governo prima affidano la stesura dei provvedimenti a questi burocrati e poi non ritengono di doversi occupare della loro attuazione. Sta di fatto che Governo e Parlamento sono riusciti a far decadere la legge-delega che doveva porre fine a questi privilegi. Dunque, tornando a Grilli è verosimile che non più di dieci persone si siano occupate del decreto sui pagamenti alle imprese. Eppure, nessuno sente il dovere morale di dimettersi. Questa elite italiana fa prevalere "una comunicazione pubblica sempre più vuota e formale" (re: Galli della Loggia, 8 aprile, “Il Corriere”). Un dato che contrasta con la ricchezza del Paese che vanta un patrimonio privato valutato dalla Banca d'Italia in novemila miliardi di euro. Uno stock di capitale lasciato in disparte senza adeguati stimoli per investimenti e produttività. Per voltare pagina, occorre "mandare in vacanza" con grande urgenza questa burocrazia, autoreferenziale e gerontocratica, molto abile negli accordi di cordata con i politici. (Guido Colomba, editor)
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