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Lettera aperta al presidente Napolitano, nel giorno della Sua storica Riconferma



Gentile Signor Presidente:
Anche se non Le faranno mai leggere questa lettera, desidero comunque esprimerLe tutta la soddisfazione per lo storico rinnovo della sua Carica.
Mentre ero immerso nel traffico caotico di Bangalore (India), reso ancora piu' tremendo dal giorno finale del Festival Hindu Ramayana e dalla commemorazione di Baha'ullah che nel 1863 dichiaro' di essere Dio, mentre mi vedevo costretto a inalare i gas di scarico in mezzo ad un frastuono incessante di trombe e clacson (sul retro di ogni camion c'e' la scritta: "Sound please") , mentre mio figlio alla guida cercava di districarsi tra autobus selvaggi, motorette con famiglie di quattro persone, riksho petulanti, auto in contromano, mucche che pascolano nella immondizia,...insomma mentre....mi e' balenato un pensiero che Le sottopongo.
Nonostante questo nuovo fantastico Papa argentino, noi italiani facciamo concorrenza agli indiani quanto a dei e semidei. Ci stiamo avvitando in un paganesimo spinto.
In fin dei conti il fatto che Lei sia stato costretto di nuovo a cimentarsi con questa povera nazione di matti, dipende in gran  parte dall'atteggiamento di questi unti del Signore, ognuno dei quali convinto di essere il tenutario del Verbo.
Quando arringano i fedeli festanti nelle piazze tuonano quintali di dure espressioni che non significano nulla, hanno scarso contentuto, ma fanno dire ai beoti: "Pero' come parla bene."
Circondati da coorti di nullafacenti convinti di essere dei semidei, alimentano il girone dantesco dei capocomici dell'avanspettacolo politico nazionale.
Ecco perche', Signor Presidente, non e' facile considerare la sua rielezione un grande successo democratico.
L'incapacita' tutta nostrana di mettere da parte gli interessi personali e di bottega ci ha ridotti nella situazione di dover scongiurare un anziano Signore perche' resti nel Palazzo del Quirinale, adoprandosi a scopare il Parlamento dalle scorie di cui e' sommerso.
Lungo la strada ci imbattiamo in numerose luminarie delle deita' Hindu tra le quali la Dea Kali che stringe in pugno le teste mozzate.
Leggiamo sul nostro cellulare l'anatema di Grillo che ordina la marcia su Roma. E ci sovviene il garibaldino "O Roma o morte", poi trasformato dalla saggezza popolare in "O Roma o Orte".
Con immutabile e sincero affetto,

Oscar Bartoli
(momentaneamente a Bangalore, India)