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L'Italia e i veri accordi di Maastricht



di Guido Colomba                              
   
Bene la ricetta di Giorgio Napolitano. Ora, l'Italia deve proporre all'Europa una svolta analoga a quella perseguita con successo dagli Stati Uniti in questi ultimi tre anni sotto la guida di Obama (500 mila posti di lavoro creati nel manifatturiero). La svolta italiana si può riassumere in quattro punti: 1) piano di sviluppo a medio periodo 2013-2023 incentrato sul ritorno al manifatturiero e sulla zona di libero scambio con gli Usa; 2) pagamento entro fine anno dei 90 miliardi di debiti della PA verso le imprese per determinare una sferzata di liquidità nei consumi e nella produzione; 3) costituzione di una "bad bank" nella quale far affluire un terzo dei crediti in sofferenza delle banche ponendo fine allo stillicidio del "credit crunch"; 4) ripresa della "spending review" (perché si è rinunciato a Bondi?) con al primo posto la privatizzazione delle 7000 società che fanno capo agli enti locali. Ciò significa che occorre una lettura autentica del trattato di Maastricht secondo le indicazioni del prof. Pellegrino Capaldo (Il Sole24Ore del 30 marzo). Quali sono? L'art.126 nella sua versione originaria "voleva evitare il ricorso agli automatismi che invece ora hanno preso il sopravvento". La possibilità per un Paese membro di aumentare l'indebitamento dipende da molti fattori tra i quali lo stock di ricchezza privata. La diversità dei vari Paesi è tale che non può essere "inglobata in un algoritmo per quanto ingegnoso possa essere". Certo, non sarà indolore poiché occorre dare garanzie sui covenant e sui controlli. Se ciò avverrà, le conseguenze e le iniziative necessarie risultano le seguenti: a) aumento a breve sia dello stock di debito che del deficit di bilancio sopra il 3% come ha fatto la Francia; b) piano di rientro in cinque anni (2013-2018) su entrambi i fronti nel quadro di una ripresa economica ben delineabile (+2% del PIL all'anno) dopo le misure sopra delineate; c) varo di un "piano Marshall" ad uso interno: anziché puntare su una patrimoniale per abbattere lo stock di debito, affidare alla CDP l'emissione obbligazionaria "Per l'Italia" di 500 miliardi (scadenza trentennale, tasso fisso al 3,5-4%) riservata ai cittadini italiani, in linea con uno studio McKinsey, offrendo in garanzia sia le riserve auree (tecnicamente gli azionisti della Banca d'Italia sono le banche) che il patrimonio immobiliare degli enti locali e dello Stato. La ricchezza privata degli italiani è stimata dalla Banca d'Italia in 9mila miliardi di euro (immobili inclusi) di cui il 38% - pari a circa 3420 miliardi- in attività finanziarie. Il prestito "Per l'Italia" potrebbe prevedere una tranche media di 100 miliardi all'anno pari al 3% della ricchezza finanziaria privata. Un obiettivo equilibrato e fattibile tale da determinare una riduzione in cinque anni del 25% dello stock di debito. E' un sogno di Pasqua? Il papa Francesco sta dando il segnale di una svolta epocale. Ciò che sembrava impensabile fino a un mese fa, ora assume contorni differenti. Anche Obama nel viaggio in Israele e Palestina ha indicato che i cambiamenti sono alla portata di tutti gli uomini di buona volontà. L'Italia, ricca di talenti e di qualità (in Europa è il secondo paese manifatturiero dopo la Germania), può sicuramente partecipare. (Guido Colomba, editor) Edizione italiana - Copyright 2013