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BERLUSCONI-MICHELLE OBAMA: che frittata diplomatica.

A conferma di quanto andiamo pubblicando da tempo. L'ultima spiritosaggine del Cavaliere ha reso ancora piu' difficile il gia' difficile rapporto con la coppia Obama.

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Guido Moltedo per "Europa Quotidiano"

Accogliendolo al G-8, prima che cominciasse il vertice dell'Aquila, Berlusconi prese da parte Obama e gli fece: «Ti prego, non dare retta alla stampa italiana, a quel che scrive sul mio conto. Robaccia». Il presidente americano, attonito, tagliò corto: «Non parlo l'italiano, non leggo i vostri giornali». Se cercava comprensione o, addirittura, complicità, il cavaliere fece un buco nell'acqua.
No, con Barack Obama proprio non va. E le ultime bravate di certo non l'aiuteranno a costruire quel rapporto personale che vantava di avere con George W. Bush. La sua ultima "wisecrack", spiritosaggine, ha fatto già il giro del mondo e all'ambasciata di via Veneto non c'hanno trovato proprio niente da ridere: «Ma che diamine gli passa per la testa, a Silvio Berlusconi?», si chiede Mary Vallis, del canadese National Post, una domanda retorica che sintetizza bene lo stupore che attraversa la stampa di tutto il mondo.
Dalla rete americana Abc all'indiano Hindustan Times, la Michelle «abbronzata» del comizio milanese di Silvio suscita sconcerto. Tanto più che tutti avevano notato, a Pittsburgh, sia lo sguardo del premier che si soffermava lungamente sulla mise della First Lady, con il presidente americano evidentemente imbarazzato, sia il fatto che Michelle avesse poi abbracciato e baciato tutti gli ospiti europei, per stringere diplomaticamente la mano al Silvio tricolore. Curioso che nessuno abbia spiegato al presidente del consiglio come quelle che a lui e ai suoi fan sembrano brillanti battute di spirito suonino come offese inspiegabili e oltraggiose oltreoceano.
Dare dell'«abbronzato » a un nero, spiega Judith Stiles, una giornalista statunitense attenta ai fenomeni razziali, è forse perfino peggio che dirgli «sporco negro». «Perché quest'insulto osceno comunque riconosce l'identità dell'altro, pur volendola sfregiare, mentre dargli dell'abbronzato è come dirgli "sei un bianco come noi, solo che hai la tintarella, insomma non sei un negro come quelli là"». Il cosiddetto subtext, il sottinteso, delle battute ripetute sull'abbronzatura di Barack e Michelle è dunque semplicemente micidiale per le orecchie americane.
In Italia non si coglie fino in fondo quanto sia profondamente razzista lo "spirito" del cavaliere, altrimenti si eviterebbe - sul fronte opposto - di fare a propria volta gli spiritosi per sottolinearne il fondo fascista. Ieri l'Unità aveva in prima pagina una foto di Michelle con il titolo «Abbronzatissima, ah ah». Certo, era chiaro l'intento dell'operazione, eppure l'effetto era opposto, rischiava di echeggiare proprio quel che si voleva deprecare. È come una battuta antisemita che uno vuole stigmatizzare con un'altra battuta, con il risultato di finire sullo stesso piano e amplificare quel che s'intende deprecare.
Tornando all'ottuso e razzista umorismo berlusconiano, si sente dire oltreoceano che questa volta il suo errore è doppio e imperdonabile. Passi per il primo scivolone, quando, appena eletto, definì Barack «giovane, bello e abbronzato». Il presidente se la legò al dito, anche se fece finta di non sentire. Allora, da parte italiana gli emissari di Berlusconi si diedero da fare per stemperare l'oltraggio, spiegando che davvero, nel linguaggio di Silvio, quello era un «complimento»
OBAMA E BERLUSCONI ALLA CASA BIANCA
Berlusconi - si disse agli stupefatti collaboratori del presidente - è un tipo che esibisce con orgoglio la sua perma-tan, l'abbronzatura artificiale che si porta tutto l'anno, ha un passato di cruise ship entertainer, di intrattenitore da navi da crociera, insomma è un irriducibile battutaro. È che adesso ha osato fare lo spiritoso con Michelle, che, peraltro, diversamente da Barack, ha un passato abbastanza tosto di vita nel ghetto. Per lei, sul colore della pelle, le battute li fanno quelli del Ku Klux Klan. E Michelle, poi, non è una semplice First Lady. È la più ascoltata e, ovviamente, assidua adviser del presidente. Insomma, il passo falso questa volta gli sarà fatale a Washington.

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