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Lezioni di Palio, lezioni di vita



Ieri sera era il momento del Solenne Mattutino. Per chi non lo sa, la vigilia della Festa
Titolare di una Contrada, il rione è in festa, e c'è una cerimonia religiosa solenne cui
partecipano tutti, laici e credenti, nella chiesa dedicata ai Santi Protettori.
Mentre portavo in braccio il mio piccolo Lorenzo, 2 anni e mezzo, immerso in una folla
di amici-sconosciuti (nel senso che sono tutte facce amiche, che vedi da sempre, ma di
molte non ricordi neanche il nome) mi è venuto tristemente in mente l'articolo "I soldi
per la città sono finiti ma Siena ha in mente solo il Palio" di Silvia Pieraccini,
pubblicato sul Sole 24 ore.E poi, a rattristarmi ulteriormente in quel bel momento,
quanto mostrato da Milena Gabanelli su Report.
Il paradigma che cercano di dimostrare è che Siena è incosciente della propria
condizione economica per i noti fatti legati, oltre che alla crisi generale, a quella più
specifica del Monte dei Paschi, e che ai senesi "basta si corra il Palio", al pari
dell'equazione "Panem et circenses".
Non ci sto. Non ci sto perché il paradigma è strumentale. Come lo sarebbe, visto che
l'Italia è in crisi, chiedere di smettere di far giocare la Nazionale o di far disputare le
partite di qualunque serie, (cosa che peraltro porterebbe sicuri risparmi alle società e al
Ministro dell'Interno che deve ogni domenica assicurare (si fa per dire) la sicurezza negli
stadi. E come sarebbe strumentale chiedere di rinunciare - visto che siamo in crisi - alle
ferie estive. Anche se in taluni settori sarebbe auspicabile. Non ho mai sentito che per
risolvere il problema della lentezza della italica giustizia sia stato proposto, ad esempio,
di eliminare la sospensione estiva (dal 1 agosto al 15 settembre) nei tribunali.
La Festa della città ha sempre subito attacchi. Ingiustificati, e dovuti all'ignoranza o
all'invidia e malafede. Verrebbe da dire, parafrasando il gioco che si fa in tutte le
Contrade con i barberi (biglie di legno dipinte con i colori delle Contrade stesse) che gli
"strulli ruzzolano tutti qui". E il motivo è semplice. Il Palio è una grande, grandissima
cassa di risonanza mediatica. Perché la Brambilla - e più in generale gli animalisti - se la
prendevano con il Palio (dove gli incidenti, soprattutto negli ultimi anni, sono sporadici)
e non consideravano l'ipotesi di far chiudere gli ippodromi, dove gli incidenti sono
all'ordine del giorno?
La Contrada è un microcosmo metafora della vita. Non è - gentili signore Pieraccini
e Gabanelli - un covo di borderline ubriachi. Capisco che chi vive in realtà difficili provi
invidia per una città in cui si può vivere ancora abbastanza sicuri, condividendo
all'interno delle Contrade stesse valori importanti quali la solidarietà e l'amicizia; q
questo anche se - proprio perché le Contrade sono uno specchio della società - i valori
tradizionali vanno sempre più affievolendosi. Ma non invadeteci con i vostri banali e
patetici luoghi comuni. Non siamo un fenomeno da baraccone come non
necessariamente le infermiere sono di facili costumi e i camionisti guidano da
delinquenti. Qui non ci stupiamo se affermati professionisti o importanti manager
indossano un giorno all'anno una calzamaglia simili a quelle di Benigni e Troisi in "Non
ci resta che piangere". Non c'è un'etichetta che può starci addosso e definirci. Siamo una
"faziosa armonia" come ha definito il "fenomeno" Palio lo storico (contradaiolo dalla
Lupa) Giuliano Catoni. Il Palio è "una sacra epilessia inintelligibile ai senesi stessi"
come ha detto con forza il grande Mario Luzi.
E questo traspariva ieri sera nell'emozione del piccolo Lorenzo, che avvolto da un
turbinio di emozioni di colori, musica, tamburi e bandiere che sventolavano, portava al
collo - per ora con curiosità - il fazzoletto giallo rosso, quel simbolo che Claude Lévi
Strauss ha descritto in un intervista rilasciata ad Alessandro Falassi la "bandiera
personale dei senesi".
Forse ci sono stati mentori sbagliati a ispirare questi paradigmi. Persone e
personaggi che non si fanno scrupolo di sputare nel proprio piatto, che non amano la
città, che cercano un posto in alto a qualunque costo. O che si accontentano che il
raccolto del vicino vada male, senza curarsi del proprio. Persone che sono contente del
declino che la città può avere, in un impeto di idiozia che a Siena si traduce benissimo
con un modo di dire, "tagliarselo per far dispetto alla moglie".
Ecco, mie care signore, cercate di conoscere la Città e la sua Festa.
Libri non mancano, disponibilità neppure, come è scritto su Porta Camollia: Siena ti
apre il suo cuore (ma a condizione che anche il tuo sia aperto...).
Se comunque volete capir bene la Festa e la Città cercate un qualunque bambino in
braccio al nonno, o al babbo.
Quella è una lezione di Palio e una lezione di vita. Guardate nei suoi occhi. Quelli
sono gli occhi della Festa.

Luca Betti, 

Editore in Siena,

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