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Nuclear Proliferation, a Transatlantic Perspective.

Organizzato dal Center for Transatlantic Relations, rappresentato da Michael Haltzel e da Italians in DC nella persona del giovane Ivan Butina (che ha creato questa importante organizzazione), con la collaborazione della rivista Limes diretta da Lucio Caracciolo, si e' tenuto il primo Forum dal titolo: Nuclear Proliferation, a Transatlantic Perspective.
Il panel era composto da Scott Davis, Acting Director of Office of Multilaterl Nuclear and Security Affairs dello State Department, Leonard 'Sandy' Spector, Direttore dell'ufficio di Washington del James Martin Center for Nonproliferation Studies e Tim McDonnell, Nonproliferation International History Project del Wilson Center. Il forum e' stato condotto da Eric R. Terzuolo (Professional Development Training).
Gli interventi, blindati 'off the record', hanno preso le mosse dalle sanzioni petrolifere nei confronti dell'Iran, spaziando poi sulla negoziazione del programma nucleare e il progetto tra Stati Uniti e Italia per portare in chiaro gli aspetti salienti della storia della proliferazione.
Per quanto riguarda l'Italia, purtroppo, dalla discussione e' emerso il tradizionale 'double standard' di comportamento del nostro Paese. Da una parte attenti sostenitori, per esempio, delle sanzioni contro l'Iran e dall'altra forti importatori del petrolio di quel paese. Un altro tema di grande importanza emerso nel forum e' che l'Italia ha contribuito in maniera sostanziale alla creazione dell'arsenale di armi chimiche della Libia ed ora il governo italiano deve adoperarsi per la sua distruzione in collaborazione con i nuovi responsabili libici.
Il vostro cronista ha posto la domanda 'What about Pakistan?'. La risposta e' stata che gli USA si stanno adoperando da tempo per sostenere economicamente quella nazione nel quadro di un rafforzamento della sua instabile democrazia. Ma le perplessita' e le paure per un futuro a medio termine stanno aumentando.

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Come credi che reagirebbero oggi, in piena crisi economica, i cittadini americani se correttamente informati dei costi dei programmi nucleari, e in generale dei costi per gli armamenti del più potente esercito del mondo, e se fossero messi in condizioni di considerare le ragioni per cui le destre provano ad imporre al mondo, di fatto fino ad ora riuscendovi, il diritto di essere i soli a detenere e moltiplicare i propri arsenali di guerra?
Qualcosa mi dice che questa fase di arbitrio poliziesco che, col surrettizio pretesto dell'esportazione della democrazia vela appena i gli interessi economici in gioco nel mondo, volge al termine.
A me pare, infatti, che neppure la cinica e pur troppo finora condivisa argomentazione intesa a convincere la gente della necessità di difendere ad ogni costo gli standards di vita d'occidente contro la pretesa dell'autodeterminazione del terzo e quarto mondo non regga più di fronte al procedere in chiara evidenza dei fattori di crisi interna al modello neo-capitalistico.
Credo che la gente, anche la gente della strada, cominci a porsi il problema di identificare le vere ragioni della crisi. E mi pare che cominci a identificarle con chiarezza.

ebbì

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Non solo gli statunitensi ma tutto il cosidetto mondo occidentale deve rendersi conto che gli elervati standard di vita di cui ha goduto negli ultimi decenni è destinato a degradare lentamente. La globalizzazione con la riduzione di frontiere , la diffusione ormai in tutti gli angoli del mondo delle informazioni , la crescita economica dei paesi emergenti e l migrazione di enormi moltitudini dai paesi poveri a quelli benestanti porta invitabilmente a ridurre continuamente il divario dello standard di vita tra mondo occidentale e terzo mondo aumentando lo standard di quest'ultimo e riducendolo nel mondo occidentale. E' follia pensare come possibile che tutto il mondo arrivi agli standard di vita fino ad ora patrimonio dell'occidente (grazie allo sfruttamento indiscriminato delle richezze del terzo mondo).

Cordiali saluti

Claudio

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