Obama: ''Grazie a Marcia su Washington l'America più libera e giusta''
Grazie a questa marcia "l'America è cambiata", "i consigli comunali sono cambiati, i legislatori sono cambiati, il congresso è cambiato e alla fine anche la Casa Bianca è cambiata". Così il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, parlando dal Lincoln Memorial di Washington per celebrare il 50esimo anniversario della storica Marcia su Washington, nella quale Martin Luther King pronunciò il celebre discorso "Ho un sogno". Grazie a quella marcia, ha proseguito il presidente, "l'America è diventata più libera e più giusta", e non solo per "gli afroamericani", ma anche per "ebrei, musulmani, omosessuali, disabili", è cambiata "per voi e per me e tutto il mondo ha tratto esempio dall'America"
News and comments from the Capital of the United States (and other places in the World) in English and Italian. Video, pictures, Music (pop and classic). Premio internazionale "Amerigo".
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Cheat Code e Ponzi Scheme
Nell'aula principale della facolta' di business della Georgetown University a Washington DC vi sono alcuni cartelli che ricordano agli studenti impegnati negli esami che chi viene scoperto a fare 'cheating' cioe' a copiare subira' pesanti conseguenze.
I cartelli sono stati messi ovviamente quando uno studente che stava svolgendo insieme ad altri un 'paper' e' stato denunciato da un collega che lo ha scoperto mentre stava copiando da un pizzino infilato nel polsino della camicia.
Inutile dire di quale nazionalita' fosse lo studente incriminato che, quando scoperto, e' rimasto perplesso per la durezza della requisitoria nei suoi confronti. "Che avro' fatto mai di tanto grave?' si affannava a domandare.
E' stato espulso ed il suo nome inserito nel sistema nazionale. Per cui gli sara' stato impossibile trovare un'altra universita' disposta a ospitarlo sia pure a caro prezzo.
L'America, secondo la tradizione collettivamente accettata, vive sul rifiuto del 'cheating', che significa truffare, trovare scorciatoie a danno di altri, procacciarsi un vantaggio senza rispettare le regole della gara.
Quanto alla denuncia fatta da uno studente quando si e' accorto che l'altro stava barando fa emergere due linee di fondo tra la cultura italiana e quella anglosassone. In Italia fa testo il proverbio secondo cui "Chi fa la spia non e' figlio di Maria e non e' figlio di Gesu'. Quando muore va laggiu'."
In America e in molti altri paesi a connotazione protestante denunciare un comportamento truffaldino fa parte dei doveri-diritti di un cittadino e viene insegnato dai primi anni di scuola. Il che non significa che l'America sia il migliore dei mondi possibili. Anche da noi ci sono quelli che cercano di trovare scorciatoie fregando gli altri. Al punto che quelli che hanno introdotto la 'catena di San Antonio', con le truffe a catena, cadono nella definizione del 'Ponzi scheme', anziche' citare i nomi ebraici di cui queste storie sono piene. (Ponzi e' un tale che nell'Ottocento ha introdotto dall'Italia questo espediente truffaldino). Comunque quando uno viene beccato con le mani nel sacco non se la cava facilmente perche' la giustizia non guarda in faccia nessuno. Compresi i potenti di turno. Siano essi appartenenti al mondo dell'alta politica, finanza, economia, sport, media.
Molti si chiedono cosa succedera' all'Italia nei prossimi mesi quando Berlusconi, nonostante i terminali colpi di coda, dovra' per forza di cose e di eta' scomparire dalla scena e gli italiani saranno chiamati di nuovo a esprimere i propri rappresentanti in Parlamento.
Gli italiani (secondo analisi domestiche pubblicate) sono un popolo che ha da tempo perduto ogni ideale in cui credere, conseguenza questa della corruzione imperante ad ogni livello nella societa'. Questo scetticismo che sconfina nel nichilismo rende opaco ogni scenario futuro.
Il Vitello d'Oro di bliblica memoria creato da venti anni di imbonimento televisivo commerciale, ha abbassato al livello minimo la consapevolezza di un popolo che non sa piu' quello che vuole ma lo vuole subito e crede solo nel materialismo piu' gretto, nelle sculettate televisive, nella vendita del proprio corpo e dell'anima al migliore offerente (senza differenza di genere).
Sara' molto difficile che un popolo largamente infettato da questi virus distruttivi, possa ritrovare la forza morale per ricostruire un percorso di pulizia e di speranza in un futuro ideale.
Oscar
A quando una nuova politica economica?
22/08/2013 11.04.20
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di Guido Colomba
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(The Financial Review n. 773) La politica italiana si dipana in una dialettica senza fine e senza risultati. Il Paese non ne può più. Come nel famoso film di Kuprin si può dire: "all'ovest niente di nuovo". Due notizie descrivono il quadro interno. 1) Il contributo italiano ai salvataggi europei ha superato i 50 miliardi di euro di cui 10 miliardi per la sola Grecia. A ottobre altri 2,8 miliardi da versare all'Esm con una previsione di 58 miliardi di aiuti a fine anno; 2) Competitività: l'ad di Atlantia, Castellucci, ha segnalato che viene dall'estero il 90% dei finanziamenti per migliorare la rete infrastrutturale mentre dall'Italia arriva solo il 10%. A sua volta il presidente dell'Eni, Recchi, ha invocato al convegno di CL un "nuovo modello di governance della nostra democrazia che non blocchi chi vuole investire". E' evidente che occorre puntare con decisione ad una riforma del sistema bancario a cominciare dalle Fondazioni che bloccano la crescita del Paese essendo una cinghia di trasmissione della politica. La lettura cronologica di quanto è successo negli ultimi venti anni dimostra che il Tesoro e dintorni (Bankitalia) sono altrettanto responsabili e impediscono di sbloccare il Paese. Basti pensare all'intenso utilizzo dei contratti derivati, deciso fin dal 2003 a via XX Settembre per "coprire" i rischi dei titoli di stato italiani emessi dal Tesoro stesso... Una prassi che si è colpevolmente allargata a Comuni, Province e Regioni. Questi ultimi hanno tuttora contratti derivati con un "nozionale" di 28 miliardi ed una perdita potenziale di 6,5 miliardi. Nel frattempo si discute ancora su come e quando consentire alle imprese una compensazione tra le tasse da pagare e i crediti non pagati dallo Stato (finora solo 20 miliardi autorizzati nel secondo semestre del 2013 su un totale di oltre 100 miliardi pari al 5,9 % del Pil). Anche il dibattito sull'IMU - con 2,2 miliardi é esente il 90% delle prime case - diventa risibile alla luce di queste cifre così imponenti, specie se si guarda ai mancati tagli alla spesa corrente pari a 400 miliardi di euro su un totale di oltre 800 miliardi di spesa pubblica. Non a caso il segretario generale della Cisl, Bonanni, ha denunciato sprechi nella spesa corrente di oltre 20 miliardi all'anno, frutto - ha detto al Messaggero - di blocchi di potere tra gruppi lobbistici e alta burocrazia dello Stato. Sempre in materia di conflitti di interesse e di basso livello qualitativo degli atti legislativi, il presidente della Corte dei Conti (re: 19 agosto "Messaggero") ha detto che "la promiscuità governo-magistrati andrebbe abolita" precisando che la "sovrapposizione più grave è a livello personale con i giudici presenti in uffici legislativi e gabinetti dei ministri" (ad esempio il decreto del "Fare" richiede 87 norme attuative). Ma il Parlamento non solo non reagisce alle denunce circostanziate della Corte dei Conti ma ne teme "le invasioni di campo"specie a livello territoriale. Lo scontro è frontale: la relazione della Corte dei Conti chiede che gli enti locali redigano bilanci consolidati che includano anche l'attività delle società partecipate (sono oltre ottomila con circa 25mila cariche sociali - più consulenti - troppo spesso attribuite agli amici della classe politica) che, guarda caso, alimentano ogni anno il deficit pubblico. Se si vuole guardare al bicchiere mezzo pieno si può dire che la recessione italiana ha consentito: a) di identificare molto bene i nodi da sciogliere e gli strumenti attuativi; b) di effettuare un confronto internazionale molto accurato destinato a favorire le "eccellenze italiane" e le "nicchie"così invidiate dall'estero. Non va dimenticato che l'industria italiana ottiene l'88% dei ricavi nei mercati esteri ed è entrata nel "club 100 miliardi" di surplus commerciale. La politica, se vuole, può agire di conseguenza. (Guido Colomba) Copyright 2013
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Prime ore a Roma
Volo United 42 (ex 966) Washington- Roma.
Due ore di ritardo per mancato arrivo dell'aeromobile.
Tempo per guardare la gente assiepata al gate C 4 del terminal United del Dulles Airport di Washington.
Molti gli italiani di ritorno dalle ferie forse ai Caraibi, forse in Florida.
Alcune coppie etero, altri accompagnati con altri maschi.
Ma tutti fatti con lo stampino: barba finto-lunga, pantaloni strozzacoglioni con gambale superstriminzito, cappelluccio di paglia sulle 23 tesa corta. Perfetti secondo il modello ricopiato dalle riviste di moda.
Finalmente si parte.
Dopo mezz'ora l'interfonico scandisce in solo italiano il seguente annuncio: " Si ricorda ai signori viaggiatori che su questo volo e' proibito fumare. Non si possono fumare neanche le sigarette digitali."
Provare ad immaginare di quale nazionalita' erano i trasgressori.
A Roma Ford Fiesta diesel della Hertz. Ottima macchina.
Traffico inesistente, che bella la Citta' Eterna senza la solita congestione automobilistica.
Incontriamo alcuni amici di lunga data. Uno si lamenta perche' nel suo club di golf chi usa i cart non segue le piste obbligatorie e scorrazza sui prati da gioco rovinandoli.
Un altro dice che non si puo' andare avanti cosi' con la gente che, quando guida, se ne frega dei divieti di svolta e se protesti ti manda a quel paese sonoramente con accompagnamento del dito.
Un amico ha aperto una pizzeria e si guarda bene dal rilasciare gli scontrini. "Altrimenti come faccio ad andare in pari?!", ci dice.
L'idraulico chiede 100 Euro per la sostituzione di una guarnizione ad un rubinetto del bagno. Se voglio la fattura sono 120 Euro.
Quanto a Berlusconi tutti dichiarano di essere dalla sua parte perche' i giudici hanno attuato uno schifoso accanimento giudiziario nei suoi confronti.
Due ore di ritardo per mancato arrivo dell'aeromobile.
Tempo per guardare la gente assiepata al gate C 4 del terminal United del Dulles Airport di Washington.
Molti gli italiani di ritorno dalle ferie forse ai Caraibi, forse in Florida.
Alcune coppie etero, altri accompagnati con altri maschi.
Ma tutti fatti con lo stampino: barba finto-lunga, pantaloni strozzacoglioni con gambale superstriminzito, cappelluccio di paglia sulle 23 tesa corta. Perfetti secondo il modello ricopiato dalle riviste di moda.
Finalmente si parte.
Dopo mezz'ora l'interfonico scandisce in solo italiano il seguente annuncio: " Si ricorda ai signori viaggiatori che su questo volo e' proibito fumare. Non si possono fumare neanche le sigarette digitali."
Provare ad immaginare di quale nazionalita' erano i trasgressori.
A Roma Ford Fiesta diesel della Hertz. Ottima macchina.
Traffico inesistente, che bella la Citta' Eterna senza la solita congestione automobilistica.
Incontriamo alcuni amici di lunga data. Uno si lamenta perche' nel suo club di golf chi usa i cart non segue le piste obbligatorie e scorrazza sui prati da gioco rovinandoli.
Un altro dice che non si puo' andare avanti cosi' con la gente che, quando guida, se ne frega dei divieti di svolta e se protesti ti manda a quel paese sonoramente con accompagnamento del dito.
Un amico ha aperto una pizzeria e si guarda bene dal rilasciare gli scontrini. "Altrimenti come faccio ad andare in pari?!", ci dice.
L'idraulico chiede 100 Euro per la sostituzione di una guarnizione ad un rubinetto del bagno. Se voglio la fattura sono 120 Euro.
Quanto a Berlusconi tutti dichiarano di essere dalla sua parte perche' i giudici hanno attuato uno schifoso accanimento giudiziario nei suoi confronti.
Il gran parlare che s'è fatto, e si farà per molti mesi, della «agibilità politica» di Berlusconi.....
(Giovanni Orsina per "la Stampa")
Il gran parlare che s'è fatto, e si farà per molti mesi, della «agibilità politica» di Berlusconi ha instradato il dibattito su un binario ingannevole. Se osserviamo il problema dal punto di vista del cittadino Berlusconi, infatti, è evidente che la sentenza va applicata con tutti i suoi annessi e connessi, a meno di non violare in maniera intollerabile il principio dell'uguaglianza di fronte alla legge.
La questione tuttavia si complica non poco se, invece che guardare in alto alla «agibilità politica» di Berlusconi, guardiamo in basso alla rappresentanza politica dei suoi elettori. Una prospettiva, sia detto per inciso, che la nota diffusa il 13 agosto dal Quirinale ha tenuto ben presente.
Le fazioni politiche e mediatiche più accesamente antiberlusconiane paiono ritenere che, pure se la si studia dal basso, la questione resti comunque semplice. Sulla base di un ragionamento a tre stadi. Innanzitutto, se gli elettori di centro destra hanno scelto di farsi rappresentare da un delinquente, fatti loro. Poi, quegli elettori possono trovare qualcun altro che li rappresenti. Infine (e soprattutto) essi hanno affidato la propria rappresentanza a un delinquente perché in realtà son delinquenti pure loro - magari a bassa intensità: evasione, abusivismo, parcheggio in doppia fila. Se restano sottorappresentati, perciò, tanto di guadagnato.
Nessuno dei tre stadi del ragionamento, tuttavia, sopravvive a un'analisi ravvicinata. Liberiamoci subito del terzo stadio: la maggior propensione a delinquere dell'elettorato berlusconiano non è mai stata dimostrata, ma soltanto postulata - in genere sulla base di un ragionamento ideologico e tautologico: «Chi vota Berlusconi è delinquente, e prova ne sia che vota Berlusconi».
Moltissimi di quegli elettori poi (primo stadio) ritengono di non aver votato per un delinquente perché non hanno mai creduto, e con ogni probabilità continuano a non credere, che il Cavaliere sia un delinquente. Non lo hanno creduto e non lo credono perché sono convinti, con Berlusconi, che dei giudici non ci si possa fidare.
Non se ne fidano fin da quando, vent'anni fa, hanno visto i partiti postcomunisti sopravvivere, unici dell'arco costituzionale, a Mani Pulite - operazione per altro che in origine essi avevano accolto con entusiasmo. Pensano perciò che il Cavaliere sia stato sottoposto a un trattamento iniquo: che sia stato inquisito come nessun altro lo è mai stato; che ciò nonostante si sia trovato piuttosto poco, per un imprenditore del suo calibro; e che quanto è stato trovato, ammesso pure che non sia né poco né veniale, non sia comunque più grave di quel che si troverebbe «dall'altra parte» se lo zelo dei giudici fosse bilaterale.
Moltissimi elettori berlusconiani infine (secondo stadio) credono che solo Berlusconi abbia saputo dar loro il peso politico che, per la loro consistenza numerica, meritano. Malgrado in maggioranza siano con ogni probabilità convinti ormai che debba aprirsi una nuova fase storica, inoltre, essi si ribellano all'idea che ad aprirla siano i giudici.
Ritenendo infatti che i magistrati si siano mossi (in tutto o in parte) non contro il Berlusconi-delinquente, ma contro il Berlusconi-uomo politico, prendono la sua condanna (in tutto o in parte) come un fatto personale: «Vogliono farlo fuori perché rappresenta me; difendendo lui, perciò, difendo me stesso; e malgrado mi abbia stancato, voglio essere io a decidere se e quando cambiare, non farmici costringere da una casta alla cui imparzialità non credo».
Ha ragione a pensare questo, l'elettorato berlusconiano? Ciascuno risponda come crede. Il punto è un altro: se una parte consistente del Paese è convinta, o per lo meno dubita, che l'arbitro giochi con la squadra avversaria, questa convinzione - giusta o sbagliata che sia - crea un macroscopico problema politico. L'espressione va usata con cautela, ma nel conflitto fra berlusconiani e antiberlusconiani non sono mancati gli elementi di una sorta di guerra civile fredda.
Le fazioni più accesamente antiberlusconiane respingeranno quest'ultima considerazione: parlare di guerra civile significa riconoscere dignità a entrambe le parti in conflitto, mentre quelle fazioni non intendono attribuire ai berlusconiani alcun valore etico né politico. In una democrazia, tuttavia, negare dignità etica e politica a milioni e milioni di voti espressi liberamente per vent'anni non è possibile se non, appunto, adottando una mentalità da guerra civile.
Come uscirne, dunque? Una possibile soluzione è quella della vittoria inequivoca di una parte. In questo momento la parte più prossima alla vittoria è senz'altro quella avversa al Cavaliere, e infatti le fazioni più accesamente antiberlusconiane sono assai eccitate e ansiose di arrivare fino in fondo. Se pure quella è la parte più vicina alla vittoria, tuttavia, ciò non implica affatto che la sua vittoria sia né vicina né certa. Berlusconi, con ogni evidenza, non ha alcuna intenzione di abbandonare senza aver prima dato fondo a tutte le sue risorse. Che non sono poche.
Nessuno si illuda, perciò: ci aspettano mesi e mesi incandescenti di risse e polemiche, di accelerazioni repentine e altrettanto repentine frenate. Mesi e mesi, soprattutto, di poco o nessun governo. E non solo. Un'eventuale vittoria dello schieramento progressista ottenuta in queste condizioni coinciderebbe col trionfo dell'antiberlusconismo più radicale.
Il che con ogni probabilità impedirebbe per l'ennesima volta a quello schieramento di compiere la trasformazione che insegue invano fin dal 1994: l'evoluzione in una sinistra capace di «sfondare» al centro, e dotata perciò di un'autentica vocazione maggioritaria. Sul versante destro, infine, resterebbero milioni di elettori convinti che la propria parte politica sia stata distrutta in un match iniquo, vinto dagli avversari non per loro merito ma per l'indebita intrusione dell'arbitro. Un elettorato reso ancor più scettico, irritato, dispettoso e privo di fiducia nelle istituzioni di quanto non sia sempre stato.
Come altro si può uscire dalla guerra civile, allora? Innanzitutto riconoscendo che si è trattato di una guerra civile. E poi lavorando a un vero compromesso politico, nel quale tutti cedano qualcosa, e chi è più debole ceda di più, ma che sia in grado di chiudere infine una fase storica che produce ormai soltanto tossine esiziali, e di aprirne una nuova che faccia crescere il Paese.
Un compromesso che spetterebbe ai partiti e al parlamento, non al Capo dello Stato, raggiungere. E un compromesso che richiederebbe grandissimo coraggio e altrettanta fantasia: l'Italia - inutile illudersi - non è un Paese normale; la vita politica italiana degli ultimi vent'anni è stata un garbuglio di anomalie che si sono alimentate le une con le altre; e dalle situazioni gravemente anormali ci si può districare soltanto battendo sentieri eccezionali.
Cena 'elegante' al Press Club
Cena 'elegante' e ristretta al Press Club di Washington, il santuario della stampa americana. Ospiti di un noto giudice e della sua consorte e ovviamente presenti altri giudici, imprenditori, avvocati di fama.
Il fatto di essere italiano suscita le solite battute sulla mafia che uno deve sopportare stoicamente, rispondendo che quanto a criminalita' organizzata l'America e' oggi un polo di riferimento per tutto il mondo con la mafia cinese, quella russa e soprattutto con 'Mara Salvatrucia' la pericolosa formazione gangsteristica salvadoregna che gestisce ogni aspetto della vita illegale degli Stati Uniti.
Anche se me l'aspettavo, le domande rivolte al sottoscritto si sono focalizzate poi su Berlusconi e sul fatto che sia ancora a piede libero dopo la condanna definitiva della Cassazione.
Non sono in grado di dire se i giudici interessati alla sorte del Cavaliere fossero quelli che avevano mandato in galera il deputato figlio del reverendo Jackson per evasione dalle tasse, oppure condannato uno dei rampolli della famiglia Kennedy, anche lui membro del parlamento, per abuso di droghe. Magari si trattava di quel giudice che aveva distrutto la luminosa carriera di un deputato che in un bagno pubblico, metre era seduto, aveva fatto 'piedino' a chi occupava l'altra toilette. E gli era andata male perche si trattava di un agente dello FBI.
Comunque i tre giudici presenti al dinner erano molto interessati al caso italiano che consideravano con il solito cortese sarcasmo che viene riservato al teatrino italico. Che tradotto in volgare significa: simpatici, ma non affidabili.
Il discorso poi e' andato sulle immagini diffuse dalle televisioni che mostravano un giovane che fronteggiava un carroarmato a braccia alzate al Cairo. Un ricordo della famosa protesta nella Tianammen Square di Pechino di molti anni fa. Con la differenza che questo giovane egiziano veniva colpito da una scarica di mitraglia partita dalla torretta del blindato.
E le centinaia di morti di piazza Ramses, sacrificati nella macelleria egiziana perche' convinti dal proprio credo religioso che quello fosse l'unico modo per sostenere e mandare avanti i loro ideali e la protesta politica.
A quei morti andava il rispetto degli importanti partecipanti alla cena elegante anche se non ne condividevano, ovviamente, le motivazioni.
Poi la domanda della staffa che ci e' stata rivolta da un giudice donna: " Quanti italiani sono disposti a farsi ammazzare per Berlusconi?"
Ci e' andato di traverso il boccone di salmone pasticciato che stavamo mangiando.
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Bartoli, sei stucchevole col tuo antiberlusconismo
conformista. Ma non vedi quanta merce scadente c' nella politica e nei sistemi giurisdizionali
del mondo? Berlosconi quello che e non
certo una pagliuzza, ma quante travi sono negli occhi di chi fa tanto lo
spiritoso o los chizzinoso? Ma poi, perche'
fermarsi alle "battute" e non affrontare il discorso
seriamente?
Carlo Majorana Gravina
L'Egitto visto da Washington
"Significativa la dichiarazione del governo saudita che dice di stare dalla parte della giunta militare egiziana. Loro, anche se sunniti, stanno sempre dalla parte di chi non rompe le uova nel paniere e garantisce che il business del petrolio vada avanti".
Cosi' inizia il nostro incontro con un conoscente americano che chiede di mantenere l'anonimato considerate le sue frequentazioni professionali con alti esponenti del panorama politico e amministrativo della Capitale degli Stati Uniti.
"Lei ricorda quello che ci siamo detti alcuni anni fa a proposito del mondo islamico?"
Annuisco sapendo gia' dove vuole andare a parare.
"Allora le dissi che molti ambienti di Washington, indipendentemente dal colore politico, erano sicuri che sarebbe scoppiato un feroce conflitto tra le due componenti del mondo musulmano: gli sciiti e i sunniti. Dopo la fine dell'occupazione 'manu militari' dell'Iraq guardi quello che sta succedendo in questi giorni: decine e decine di morti causati da attentati con auto-bomba. In gran parte organizzati dai sunniti che, per decenni al vertice del paese con Saddam, non accettano adesso di essere estromessi dalla guida della nazione e dai vantagi economici dello sfruttamento delle sue risorse petrolifere. Attentati sunniti ai quali rispondono le reazioni sciite.
Adesso e' la volta dell'Egitto. A reagire contro i Fratelli Musulmani, che stanno difendendo l'inetto presidente Morsi ora agli arresti domiciliari, sono entrati a gamba tesa i militari. Anche se le ultime dichiarazioni del vicepresidente laico egiziano sottolineano che lo scontro e' tra 'residenti' nella capitale egiziana e i fondamentalisti (armati) inseriti tra i Fratelli Musulmani.
L'imbarazzo del governo americano e di quelli europei e' evidente. Da una parte ci sono le centinaia di morti, dall'altra gli interessi del mantenimento di un instabile equilibrio nel Mediterraneo che interessa in modo particolare ad Israele esposto ancora agli attacchi verbali della rinnovata nomenclatura iraniana.
Da sempre i ranghi dei militari egiziani sono composti da alti ufficiali che si sono formati nelle accademie militari negli Stati Uniti e garantiscono che i circa due miliardi di dollari che l'America da' all'Egitto ogni anno non siano assorbiti attraverso i canali della corruzione ma vadano almeno in parte a redistribuirsi nell'economia locale. "
"E allora?" chiediamo con una punta di insofferenza che viene percepita dal nostro interlocutore.
"Allora niente. Stiamo a vedere seduti sulla riva del fiume. Esportare la democrazia secondo la definizione di George W. Bush in paesi organizzati in una teocrazia religiosa con i mullah che comandano tutto e su tutto, con l'inesistenza della divisione dei tre poteri perche' il potere e' e deve essere accentrato nelle mani dei sommi sacerdoti al vertice...insomma esportare la nostra democrazia e' la piu' oscena menzogna che si continua a propalare. Questo e' tutto. Almeno per il momento."
Il nostro conoscente sorbisce le ultime gocce di un espresso superdolcificato con sette cucchiaini, ci stringe la mano e se ne va diretto al suo ufficio dalle parti di Pensylvania Avenue. Qui le vacanze di Ferragosto sono un oggetto sconosciuto.
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Caro Oscar:
Come credo tu sappia, sono nato in Egitto
e sone venuto in America che avevo 25 anni, dopo la scuola di Medicina. Mi
rompe il cuore vedendo quello che vedo ora. Gli egiziani non si meritano
il disastro che sta succedendo. Come ha prognosticato in tuo interlocutore,
cercare di insistere per una democrazia "all'americana" in quella
parte del mondo e una baggianata di gran prima caregoria.
Ti ringrazio per i tuoi sempre
interessanti emails.
Caramente,
Giulio S.
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Caro Oscar ,
poni con il tuo
interlocutore non citato questioni molto interessanti che riguardano :
islam, sunnita e/o scita e democrazia occidentale.
Dovremmo riflettere molto a fondo ,
e discutere sulle Categorie di base, se esistono ancora
: Islam e Democrazia.
Sono molti anni che rifletto e
continuo a farlo ; mi aspetto per crescere il contributo di tutti.
Un caro saluto
Pino
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Caro Oscar, come sempre, grazie. Sarebbe troppo lungo,
vero, spiegare ai tuoi interlocutori di un processo svoltosi nella "patria
del diritto", dove, sentiti i testimoni dell'accusa, per
accelerare i tempi, hanno fatto che escludere i testimoni della difesa.
Berlusconi, e' quello che è', ma certi magistrati . . . Ti abbraccio. Maurizio.
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