Translate

Geopolitica, Renzi e il cambiamento


Guido Colomba
La battaglia per il cambiamento promossa da Matteo Renzi è entrata nella fase più dura in presenza di uno schieramento trasversale (dai mandarini dello Stato alle lobby più consolidate) che sta sparando tutte le sue cartucce. Ma non basta. Lo scacchiere delle guerre regionali è oramai talmente ampio (dall'Afghanistan alla Libia, dall'Ucraina alla Siria, da Gaza al Corno d'Africa) da creare le premesse di un drastico cambiamento geopolitico. Lo schianto dell'aereo malese abbattuto in Ucraina orientale da un missile russo, lanciato dai ribelli filo-russi, rischia di diventare il punto di svolta. Quale scenario per l'Europa? Gli interessi commerciali (Londra, Parigi, Berlino e Roma sono tra i maggiori partners di forniture belliche alla Russia) spingono l'Europa a difficili scelte. Si paga lo scotto di una politica energetica miope nella totale assenza di una politica industriale. Il manifatturiero è in profonda crisi e ci vorrà tempo per uscirne fuori. Per l'Italia la situazione è ancora più delicata. In tema energetico si paga l'eccesso di concentrazione nelle forniture dalla Libia e dalla Russia. L'Eni in questi ultimi anni ha mostrato gravi carenze nelle scelte strategiche. Sarà bene che il governo Renzi ne tenga conto anche perchè il semestre europeo non permette disattenzioni. L'economia deflazionistica è divenuta impietosa per gli effetti sempre più disastrosi che produce. Krugman e gli altri economisti non-monetaristi hanno denunciato per tempo questi pericoli. Il semestre europeo, affidato all'Italia, è troppo breve perchè possa mutare gli scenari tanto che quasi tutte le vecchie cariche per ora restano al loro posto a riprova di un meccanismo oramai obsoleto e controproducente. Non basta che Padoan si affanni a dire che è questo il tempo delle riforme nel rispetto delle regole Ue. Con il fiscal compact non si va da nessuna parte. Da mesi il Fondo Monetario riconosce gli errori compiuti con Grecia e Portogallo costretti a cure dimagranti che non hanno risolto nulla. In Italia, in questi ultimi sei anni si è ricorso alla tassazione ma il perimetro dello Stato ha perseverato nell'aumentare le spese senza alcuna attinenza con le risorse disponibili a tutto danno dell'economia reale (con il Pil fermo allo 0,2%). I risultati sono tali che l'edilizia in Italia è tornata indietro ai livelli del 1967. Nel frattempo, le sofferenze bancarie sono arrivate a 228 miliardi di dollari. Negli Usa, allo scoppio del crack Lehman Brothers nel settembre 2008, la Casa Bianca per prima cosa ha iniettato soldi all'edilizia e al settore auto oltre al salvataggio delle banche. Ecco perché, a Washington, i fautori di una ristrutturazione del debito italiano (2166,3 miliardi di euro) trovano crescenti consensi. In che cosa consiste? Due ipotesi: (a) il piano da mille miliardi si basa sull'ipotesi di un "Fondo patrimoniale"dove conferire gli asset dello Stato e dei Comuni. L'immenso patrimonio immobiliare pubblico oggi non produce alcun reddito. Il Fondo emetterebbe bonds (cento miliardi all'anno) offerti a investitori istituzionali, fondi sovrani e risparmiatori. I titoli emessi, analoghi ai Titoli di Stato, avrebbero in più una esenzione fiscale ventennale; (b) usare gli immobili a garanzia degli eurobond. Per Renzi è giunto il momento di varare una strategia nuova che accompagni lo sforzo riformatore