Translate

In che mondo viviamo?



Alberto Pasolini Zanelli
L’estate è la stagione, fra l’altro, della caduta dei meteoriti, una coincidenza che è anche uno spettacolo. Quest’anno domina però gli eventi una variante lugubre e ossessiva: piovono aerei nei cieli invece di pietre siderali. Un po’ ovunque, nei Paesi in pace e in quelli in guerra, che sono però in vertiginoso aumento. Si potrebbe tenere alla parete una carta del globo, la spianatura di un mappamondo e segnare con delle crocette dove i lutti di questi giorni accadono. Sarebbero, naturalmente, immagini simboliche: non può non essere una serie di coincidenze, anche se l’effetto cumulo è impressionante e ricorda, concentrato nel tempo anziché nello spazio, i tempi in cui fu in voga l’incubo e l’enigma del Triangolo delle Bermude. In quell’area vagamente caraibica spariva di tutto: aerei, navi, persone. Adesso scompaiono soltanto macchine volanti, disperse ai quattro angoli del pianeta, in gran parte connessi ad eventi bellici, in qualche altro caso con collegamenti curiosi con la cronaca e con la storia. L’ultimo, l’aereo di linea dell’Air Algerie, era partito dalla capitale del Burkina Faso, aveva dovuto cambiare rotta, a quanto pare, a causa del maltempo e si è schiantato da qualche parte mentre sorvolava il Niger. L’aviazione francese cerca ora di localizzarne i resti. Il governo di Algeri non esclude l’ipotesi di un attentato, di cui non mancano i precedenti nella storia algerina recente negli anni successivi all’indipendenza: ben sei casi di incidenti mortali, con centinaia di vittime.
La statistica accusa, la logica, per ora, tende ad escludere. L’Algeria era turbolenta vent’anni fa, è oggi relativamente tranquilla rispetto al tumulto degli Stati confinanti sub sahariani. Non paiono potervi essere collegamenti con le perdite di apparecchi militari di Paesi in guerra, e sono tanti in tre continenti nell’Africa settentrionale, nella più vasta area mediorientale, in Europa presso il Mar Nero e alla frontiera fra Ucraina e Russia. Ne sono stati abbattuti due – aerei militari ucraini – pressappoco nelle stesse ore in cui è scomparso dai cieli l’aereo di linea algerino. C’era dentro un personaggio con un nome storico, la nipote di Fidel Castro e figlia del suo attuale successore al potere a Cuba, ma nulla sta ad indicarla come possibile bersaglio di un gesto terroristico.
Il mistero della mancanza di un fine delittuoso accresce l’enigma, fa tornare di bruciante attualità il destino di quel Boeing malese scomparso nell’Oceano Indiano senza lasciare detriti e ora seguito da un altro jet della medesima linea aerea abbattuto o fatto scoppiare questo sì nei cieli di un teatro di guerra, anche se non si sa da parte di quale belligerante. È curioso e triste che gli apparecchi da passeggeri vengano coinvolti in qualche modo in una vicenda, o in una serie di vicende, che vedono impegnate le aviazioni militari di tanti Paesi o almeno di tante origini. Volano, esplodono, si abbattono apparecchi russi e ucraini, missili israeliani e di Hamas, iracheni e siriani nelle diverse fazioni e di Paesi “vicini di rotta”, più quelli delle superpotenze o di Paesi europei che da qualche tempo si fanno trascinare in guerre civili altrui, primo fra tutti e in molti modi esemplare la Libia.
I fulminei disastri dell’aria, con tutta la loro carica di mistero, non possono, o non dovrebbero, soffocare nella memoria le vittime a terra, le centinaia di migliaia di profughi che tentano di evadere dai disastri della guerra attraversando una frontiera per trovarsi poi semplicemente trasferiti in un altro inferno bellico, come è capita da tempo ormai alle minoranze cristiane e sunnite dell’Irak che hanno cercato scampo in Siria, si sono trovate anche peggio ma non possono tornare nella vecchia patria infestata ora da dei Califfi. Il Libano è sconvolto e la Giordania e perfino la Turchia. La pace, anche solo quella piccola di tutti i giorni, è la più incendiata e frequente dei “meteoriti” di varia forma che trapassano i cieli d’estate.