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Cina, Grecia e finanza pubblica


Guido Colomba
La "bolla" più pericolosa è quella cinese proprio per due motivi: le dimensioni (Shanghai ha già perso il 30%) e la globalità (il contagio si è già esteso a tutta l'Asia). In Europa i segnali non mancano. Il listino di Madrid ha già azzerato i rialzi da inizio anno. In Italia, l'indice conserva ancora un guadagno del 10% in un quadro di analisi tecnica non certo incoraggiante. Ecco perchè, la Grecia, dinnanzi alla crisi finanziaria della Cina (il debito delle aziende cinesi equivale al 155% del Pil), non altera lo scenario di fondo. Certo, per l'Europa il valore morale e culturale della Grecia rende tutto più difficile anche perchè il "no" di Atene ha dimostrato che "il re è nudo" svelando la pochezza dell'austerity gestita a tutto vantaggio di Berlino. I governi dell'eurozona stanno (o dovrebbero) prepararsi a questo grave evento che si aggiunge a uno scenario geo-politico tra i peggiori degli ultimi cento anni. Dal Fmi arriva il solito comunicato allarmistico: in Italia si prevede una ripresa fragile e la vicenda greca può determinare un impatto negativo sulla fiducia. Per Renzi è il momento di reagire. Va letta in questa chiave la decisione di spostare a palazzo Chigi la regìa della finanza pubblica: faro sulle coperture in tema di leggi di spesa e sui tempi dei decreti attuativi. Troppe volte la Direzione generale e la Ragioneria di via XX Settembre sono apparse la fotocopia delle decisioni di Berlino. Con l'aggravante delle "porte scorrevoli" per collocarsi nei posti dell'alta burocrazia mondiale. Un rimorchio che è risultato pesante per gli interessi italiani come dimostrano le vicende di queste ultime settimane che vedono l'Italia (terzo pagatore di tutte le crisi dopo Berlino e Parigi) esclusa dal "direttorio" franco-tedesco. Per non parlare dell'assenza dal tavolo delle trattative con Teheran a conferma di una debolezza pluriennale della politica estera italiana. Di grande significato il Seminario internazionale di Villa Mondragone (guidato da Luigi Paganetto) che ha messo a nudo non solo il rischio di una stagnazione tendenziale ma anche la difficoltà nel trovare una soluzione ai problemi (eccessiva regolamentazione e difficoltà di fare business) della Unione europea. Il tutto in un contesto di rallentamento economico che colpisce anche i Brics ponendo fine a previsioni economiche finora sorrette da un ottimismo ingiustificato tenuto conto del crollo del petrolio e delle materie prime. Tra i punti "sensitive" della crisi vi é il cattivo funzionamento del sistema dei pagamenti internazionali da cui origina il rischio di nuove crisi finanziarie. Paradossalmente il varo di nuove regole più restrittive ha asciugato la liquidità sui mercati obbligazionari come nel 2008. A Wall Street il "sentiment" degli investitori è sceso al 15%. Significativo il commento del presidente della Banca centrale di Francia, Noyer: "In Grecia non circola più denaro e la liquidità iniettata dalla Bce (89 miliardi) viene dirottata sui mercati stranieri o messa sotto il materasso". Altro che soldi all'economia reale. Ed è l'ennesima conferma della "crisi delle ineguaglienze" che caratterizza il recente periodo storico del sistema bancario internazionale.