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Sutop (Thriller) Capitolo 3

Leo Rasco
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“Ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale”

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Il grande SUV nero con i finestrini oscurati uscì dal tunnel ed entrò sulla Terza strada fermandosi di fronte alla Chiesa italiana.

Poi fece un rapido U Turn e si presentò davanti all'ingresso dello FBI.

Due poliziotti super armati ispezionarono con gli specchi il sottofondo della grossa vettura, dando poi un cenno di assenso al collega dentro la garitta.

La barriera metallica venne abbassata e la grossa berlina entrò dentro il building dello FBI.

I quattro occupanti lo SUV furono prelevati da una procace ufficialessa che sembrava il clone di Jennifer Lopez (quanto giova a certe donne indossare una uniforme).

Il gruppo si diresse verso l'ascensore che si bloccò al secondo piano.

I quattro, arrivati di fronte alla saletta numero sei, furono introdotti dalla poliziotta che poi lasciò la stanza la cui porta era a chiusura magnetica.

Intorno al tavolo centrale già erano seduti quattro agenti dell'FBI. "Bene arrivati ", disse quello che quale dirigente aveva il compito di gestire la riunione.

"Dopo quanto è successo a Charlottesville è chiaro che avremo molto presto reazioni di segno contrario. È estremamente necessario che ci coordiniamo con voi della C.I.A. per evitare sovrapposizioni inutili…"

E indicò con la mano ad uno dei quattro sopraggiunti che poteva parlare

"Secondo le informazioni che abbiamo la situazione si va deteriorando rapidamente. Gli ambienti sovranisti e nazisti sono in perenne agitazione vuoi perché temono pesanti ritorsioni su tutti i membri delle varie associazioni, vuoi perché a questo punto temono che la valanga sia stata fatta rotolare con lo scopo preciso di creare una conflagrazione nazionale…"

"Ci risulta per certo che una nota agenzia che gestisce centinaia di mercenari sia stata contattata per innescare una situazione di caos iniziando dagli Stati del sud.", disse il capo dello FBI.

" Li stiamo tenendo sotto controllo ma è evidente che un cavallo pazzo può sempre sfuggire e agire a titolo personale" disse l'agente C.I.A. che parlava anche per gli altri.

La riunione andò avanti per due ore ed alla fine, erano ormai le 19, lo SUV nero uscì dal garage dello FBI.
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(dissolvenza) 





Il Rock Creek Park divide in due il quadrante Nord Ovest di Washington.

È stato creato nel 1890 con un atto specifico del Congresso, il primo dei grandi parchi naturali che rappresentano una delle meraviglie degli Stati Uniti d'America.

Questo parco è molto frequentato in ogni ora del giorno grazie ai suoi sentieri che si intersecano in una natura incontaminata. Gli alberi che cadono non sono segati ed eliminati ma lasciati a corrompersi sul terreno.

Erano le 10 di un mattino autunnale. Il giovane sui 30 anni super palestrato chiuse la sua Toyota Corolla che aveva parcheggiato su un lato della strada, introdusse la carta di credito nel meter, calcolando un paio di ore. Attraversò correndo la strada e entro' nel parco dall'ingresso situato su Reservoir Road.

L'altro super palestrato aveva parcheggiato la macchina lungo New Messico. Si immerse nella vegetazione esuberante del parco e cominciò a correre.

I due si ritrovarono ad un quadrivio dopo circa 20 minuti di corsa e essersi scambiati informazioni sulla posizione e il sentiero che stavano percorrendo utilizzando due minuscoli walkie talkies .

"Qui la situazione sta andando a puttana perché tutto si sta ammosciando", disse il primo super palestrato, saltellando per non perdere il ritmo.

"FBI e CIA hanno sguinzagliato centinaia di agenti per beccarci. Dobbiamo assolutamente tagliare i tempi di realizzazione altrimenti non ce la facciamo…"

Il secondo super palestrato si era appoggiato ad una panchina e aveva iniziato a fare stretching alle gambe.

"Non ci facciamo prendere dall'orgasmo perché rischiamo veramente di far saltare tutto. Dobbiamo attenerci al programma in tutti i suoi dettagli. Vediamoci la prossima settimana allo Harbour alle 10."
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(dissolvenza)




(localita' segreta in Alabama)
Una grande stalla stipata di gente in una fattoria. Almeno 200 i membri del Klan che hanno risposto alla convocazione fatta a voce senza usare telefonini.

Dietro un tavolo tre individui ricoperti di medaglie. Al centro il grande dignitario che afferra il microfono e comincia a parlare:

"E' anche colpa nostra se ci troviamo nell'occhio del ciclone con tutta la stampa che ci spara addosso a palle incatenate. È colpa nostra perché abbiamo rinunciato a quello che eravamo e che forse neanche voi ricordate.

Siamo sorti nel 1860. Eravamo numerosi capitoli ma tutti con lo scopo di usare violenza contro i negri.

La nostra seconda nascita è del 1915. Il nostro compito era quello di garantire la supremazia dei bianchi, di noi bianchi e di opporci ai cattolici, soprattutto a quei milioni di immigrati che le nazioni cattoliche dell'Europa ci scaricavano addosso.

Questa attuale struttura del Klan è nata nel 1950 in contrasto con il Movimento per la Difesa dei Diritti Civili. Sapevamo usare la violenza. Facevamo paura.

Ma adesso che siamo? I liberals di Hollywood ci prendono per il culo quando si tratta di descrivere chi siamo e cosa facciamo. Siamo lo spunto per delle storie senza senso, mentre la nostra funzione va decrescendo ogni giorno.

Noi siamo un movimento che deve riconquistare la supremazia della razza bianca, noi siamo quelli che lottano contro i cattolici per la loro negativa influenza sul nostro stato, noi siamo contro ebrei, cattolici e negri perché stanno tentando di schiavizzarci, perché dalla fine della Guerra Civile noi bianchi conservatori abbiamo dovuto subire solo ingiurie e estromissione.

Adesso ci accusano di avere organizzato il massacro di Charlottesville. I nostri comunicati stampa non sono stati tenuti in alcun conto e confermano che ormai abbiamo fallito nel non promuovere nostri rappresentanti all'interno dei movimenti politici che più ci assomigliano e all'interno dei media.

Dobbiamo in assoluto riconquistare la nostra egemonia. Questo dobbiamo farlo per difendere noi stessi, le nostre famiglie, ma soprattutto per difendere la nostra America, quella  per la quale gli uomini bianchi hanno versato tanto sangue, questa povera America trascinata in una spirale negativa al basso arrivando addirittura ad avere un presidente nero.

Fratelli: il giuramento che abbiamo fatto non era solo formale ma sostanziale e di sangue non lo dimenticate mai. Dobbiamo riconquistare il nostro ruolo e lo dobbiamo fare subito…!"

Le donne piangevano e gli uomini urlavano, molti agitando le armi che si erano portati dietro perché non si sa mai…
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(dissolvenza)





Il Sanford Stadium della Università della Georgia nella cittadina di Athens, ha 92.746 posti a sedere ed e' il decimo campo più grande della lega del football americano.


Quella sera nello stadio erano radunati almeno 100.000 fanatici del presidente Albert Smith giunto al termine del suo secondo mandato. Alcune migliaia infatti stavano in piedi in aree riservate e sotto il controllo della polizia municipale.


Per quel comizio il presidente avrebbe avuto infiniti rimbalzi nelle ore e giorni successivi sulle odiate televisioni e su quelle che ormai avevano deciso di mettere il cappello dove voleva il padrone.


Sino dai tempi di Donald Trump ormai era invalsa nell'opinione pubblica la consuetudine di considerare i giornalisti come un pericolo pubblico. Ovviamente i giornalisti delle testate di opposizione all'inquilino della Casa Bianca.


Il mestiere di giornalista era ormai diventato una professione ad alto rischio, gli stipendi erano calati, molti giovani disertavano le news room, frequentate solo da chi era animato dalla fregola di informare correttamente il pubblico.

Sugli spalti dello stadio erano distribuite centinaia di agenti in abiti civili pronti a saltare addosso a chi poteva in qualche modo essere considerato con il proprio linguaggio del corpo un elemento da neutralizzare.

Sul prato dello stadio arrivarono delle splendide majorettes che deliziarono il pubblico con le loro esibizioni ginniche ma, soprattutto, con la bellezza dei loro corpi allenati.

Poi fu la volta delle bande giovanili alcune di queste provenienti da altre università degli Stati del sud.

Ma la banda musicale dell'Università della Georgia riuscì a raccogliere un tripudio di applausi e fischi di apprezzamento soprattutto quando attaccò l'inno della Confederazione.

I giornalisti erano stati confinati in un'area ricavata nella tribuna che fronteggiava il podio da cui avrebbe parlato il presidente.

Considerata la distanza le televisioni si erano lamentate perché avrebbero dovuto registrare il comizio di Albert Smith usando i teleobiettivi il che non garantiva la massima qualità delle riprese tenuto conto anche delle vibrazioni innescate dai 100.000 esaltati che affollavano lo stadio.

Una incredibile e tiepida serata di ottobre che aveva contribuito a convincere tanta gente ad andare ad applaudire il discusso presidente repubblicano.

Erano le sette di sera.
La grande cantante soul intono' l'inno nazionale seguito dai centomila con la mano sul cuore.

Poi al microfono cominciarono ad alternarsi i politici locali, senatori e deputati, governatore e sindaci, che inneggiavano al presidente uscente e lamentavano la ristrettezza della vetusta Costituzione della fine del settecento che impediva formalmente all'attuale presidente di iniziare anche un terzo mandato alla White House.

Alla fine in un tripudio di urla e invocazioni Albert Smith si avvicinò ai microfoni, verificando il testo del suo intervento sul tele prompter, anche perché i vetri antiproiettile che costituivano la sua gabbia di sicurezza con il sole al tramonto sparavano dei raggi accecanti.

"Non è vero...", esordì il presidente scatenando un boato di applausi perché tutti ormai avevano capito dove sarebbe andato a parare.

"Non è vero, rincarò Smith, tutte le informazioni che avete avuto dai media, pericolo pubblico numero uno, sono destituite di fondamento. Abbiamo accertato che i messaggi che hanno invaso i social media che assumevano la responsabilità del massacro di Charlottesville e lo attribuivano ai nostri fratelli della destra sono delle fake news. L'origine di alcuni è addirittura da siti asiatici."

I centomila erano ormai rosolati al calore bianco.

'Kill them, Kill them', intonavano a migliaia dalle tribune.

Il presidente andava avanti nel suo discorso rivendicando i meriti della sua amministrazione: l'economia in costante crescita positiva, i successi spaziali ottenuti con una prima colonia sulla Luna in competizione con i cinesi, il miracolo della motorizzazione autonoma con la diffusione sul mercato di milioni di auto a guida automatica, lasciando il fatto che dietro questi miracoli c'erano i privati, a cominciare da Elon Musk.

Mentre parlava il presidente fu in parte interrotto da applausi scroscianti che salutavano l'ingresso nell'area dello stadio di quattro droni di grosse dimensioni che trascinavano delle bandiere.

Arrivati a mezz'aria nel perimetro della struttura sportiva i droni fecero cadere le bandiere americane e lasciarono cadere le bombe che avevano in dotazione colpendo larghi settori delle affollate tribune.

La folla sbigottita cercava di fuggire e ingolfava le uscite calpestando quelli che erano caduti usando violenza per potere ripararsi all'interno.

Gli agenti del servizio segreto si slanciarono sul presidente lo stesero per terra e lo fecero entrare disteso in una sorta di bara metallica.

L'attacco dei droni, la violenza della folla che si accalcava sulle uscite, causarono la morte di 4200 persone e il ferimento di 30.000. I pronto soccorso degli ospedali della regione furono ben presto saturi e impossibilitati ad accettare ulteriori feriti

La Guardia Nazionale mise a disposizione i suoi nuovi elicotteri birotori Chinook per il trasporto dei feriti in altre aree.

Il presidente rientrato subito a Washington emanò con un decreto lo stato di emergenza nazionale sospendendo le garanzie costituzionali. Coprifuoco in ogni stato della Federazione dalle 21 alle sei del mattino.