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Self-driving cars will likely be the next innovation to impact business


Stacker


The average American spends 52 minutes a day behind a motor vehicle with their eyes glued to the road, according to AAA. That could all change very soon; self-driving car technology is rapidly progressing, and Tesla is expected to release an update to many of its existing cars allowing for complete autonomous control as soon as this year.

The downstream effects of this automotive revolution will shape the future of American society in many fields, from emergency response to urban planning; and the technology created alongside these vehicles, to assist processing their data and enabling vehicle-to-vehicle connections, could affect several other sectors. The most common theme is the transition of car ownership from everyday Americans to larger ride-sharing companies, given that self-driving technology will reduce the fare for a private taxi significantly enough that personal car ownership could drop 80% by 2030, reports think tank RethinkX.

Many Americans are excited about this change. Freeing up your hands from the steering wheel and your eyes from the road could allow you to get a head start on work, catch up on the latest TV, work out during your commute, or sleep during an extended road trip. Urban workers could move further out into the suburbs, getting larger homes for their dollar, since commutes would be less stressful. Algorithms may reduce traffic by better allocating vehicles, and the emergency response times of ambulances could decrease significantly.

However, many Americans are also anxious about the looming specter of automation taking their jobs and leaving them nothing. For taxi drivers, long-haul truckers, and other professional drivers, the widespread use of self-driving vehicles will lead to massive layoffs, forcing them to find another field of employment. The new field may create jobs, like monitors for the self-driving fleets, but it’s tough to see a future where the millions of professional drivers in America are all made better by the change.

To help cut through the noise, Stacker has detailed how driverless cars will affect 33 key industries, as outlined by analytics company CB Insights. Click ahead to find out which food company is already designing vehicles that will cook your food en route, and how driverless cars can help you exercise your way to the office.

I due ex gemelli si guardano


Alberto Pasolini Zanelli

I due ex gemelli si guardano. Per ora allo specchio, ciascuno il suo. Sono gli Stati Uniti, più che mai per ora dopo il duello politico e giuridico vinto da Donald Trump e dalla sua concezione del potere e il Regno Unito, che si prova invece a cambiare rotta e modi con il passaggio dei poteri da Theresa May cortese e vulnerabile a Boris Johnson impetuoso e volubile, sospetto di essere un Trump britannico. Saranno loro a decidere: molte cose ma prima di tutto le forme e i contenuti di un nuovo rapporto fra Washington e Londra, che sta per dire un qualche addio all’Europa e che potrebbe essere soltanto un arrivederci o il primo passo di un divorzio fra l’America e l’Europa nel suo insieme.

Il primo test è suggerito – oppure imposto – da una area apparentemente estranea ma invece vitale: il Medio Oriente e la sua area oggi forse più arroventata: l’Iran, bersaglio primo dei gesti e delle parole di Trump. Le ultime hanno visto accentrato il divario fra due strategie: la risposta a una iniziativa del governo di Teheran: un do ut des fra due petroliere catturate in due golfi: una iraniana vicino a Gibilterra e una nello Stretto di Hormuz ai danni di una delle ultime navi battenti la bandiera britannica in quell’area scottante del mondo. Il secondo attacco è definito una “reazione”, il primo vascello sospettato di esportare petrolio in violazione delle sanzioni americane ultimamente inasprite al fine di impedire a Teheran di esportare quello che è praticamente l’unico prodotto del suo sottosuolo. Una “involuzione” dell’accordo faticosamente costruito nelle ultime settimane della presidenza Obama e grazie agli sforzi del Segretario di Stato uscente John Kerry, firmato, oltre che da Washington e da Teheran, dalla Russia, dalla Cina e da tre Paesi europei membri della Nato: Germania, Francia e naturalmente Gran Bretagna.

Appena issato alla Casa Bianca, Trump ritirò la firma americana per aggravare la rappresaglia contro l’Iran, sospetto di “lavorare” ad alcune macchine che potrebbero avere un futuro nucleare. Quello che Teheran propone è uno scambio: il rilascio di entrambe le navi (per alleviare le tensioni) fra l’Iran e l’Occidente. L’offerta sarà accolta? Dipende dal neonato governo britannico (che in questo momento ha compiuto più urgenti e anzi incombenti: è in gioco la stessa sopravvivenza della nazione) che potrebbe rimanere Regno ma non più Unito. Espressioni inquietanti vengono in questi giorni dalla Scozia. Per prendere certe decisioni, inoltre, Londra ha tuttora bisogno del “permesso americano” che la presenza di Trump alla Casa Bianca rende alquanto più improbabile.

Un passo in avanti e positivo potrebbe essere invece un “vertice” fra i due alleati proposto da un autore improbabile: Netanyahu. L’idea del leader israeliano è quella di un “vertice” a tre: Washington, Mosca e Gerusalemme. Sul tavolo il veto a una legge proposta dal Congresso di Washington che prevede il blocco delle forniture di armi di cui l’Arabia Saudita si serve da anni per massicci bombardamenti sullo Yemen in una guerra civile e religiosa fra un governo sunnita e una rivolta di sciiti naturalmente appoggiati da Teheran. È la guerra più sanguinosa del Medio Oriente, molto di più di quanto non sia stata l’offensiva dell’Isis negli anni scorsi.

Una partita in cui sta per entrare un altro protagonista di grande peso. Fa parte del gigantesco progetto di restaurazione, dopo due millenni, della Strada della Seta che collegava il Celeste Impero, cioè la Cina, con l’Europa. Questa volta le strade dovrebbe essere due, una terrestre e una marittima. Entrambe un ponte che colleghi Pechino a un “centro geografico e demografico” che sorge nel Medio Oriente. I cinesi stanno già costruendo strade che li colleghino con l’Iran ed edificano dei porti anche attorno al cruciale Stretto di Hormuz. E non troppo lontano dalla Siria e dalla Palestina. Netanyahu sa di cosa parla.

"Come è possibile?"




"Come è possibile?"

"Possibile cosa? "

"Che uno come il vostro Don Aldo sia in grado di avere tanti milioni di fanatici accecati dall'entusiasmo e sostenitori fino alla morte…"

"Nonostante tutte le critiche rivolte al presidente degli Stati Uniti in carica, (rispondiamo all'amico che ci telefona dall'Italia), la risposta può essere arzigogolata o semplice. Lasciamo la prima ai politologi e ci addentriamo nella seconda…"

"Sono tutto orecchi" ci dice l'amico.

"Come sai la popolazione degli Stati Uniti, compreso chi ti parla, è sulla base dell'ultimo censimento composta da 328 milioni di persone (ma può darsi che si sia incrementata di qualche milione e lo vedremo con i risultati del prossimo Census.

Dati attendibili accreditano a Donald Trump il 30% di fans pari a 98 milioni di persone. Un altro 30% è dislocato tra democratici e indipendenti, quelli che votano insomma. Le prossime elezioni del 2020 a conferma o meno dell'attuale inquilino della Casa Bianca riguardano la bellezza di 132 milioni di americani (che non votano, perche' a loro della politica non gliene puo' fregare di meno) ed è su questi che sia i repubblicani che i democratici stanno ormai da mesi imbastendo la lunga campagna elettorale.

Questo per quanto riguarda le simpatie a livello chimico o di pelle, se preferisci. Ma se vogliamo restare al concreto in America oggi ci sono 153 milioni di persone registrate per il voto.

Come tu sicuramente sai, non è facile in questa nazione che si definisce il simulacro della democrazia a livello planetario andare a fare il proprio dovere di cittadini che esprimono consenso o dissenso e selezionano la classe politica.

I repubblicani, tanto per fare un esempio, sono un partito specializzato nel mettere trappole per impedire alle minoranze di colore di andare a votare. In alcuni Stati ci riescono splendidamente da decenni.

Poi ci sono quelli che temono che la registrazione al voto possa identificarli e consentire allo IRS, l'agenzia per l'imposizione  e la raccolta delle tasse, di metterli nel mirino.

C'è il problema tutto americano dei voti elettorali che non corrispondono ai voti popolari perché altrimenti al posto di Trump ci sarebbe oggi la Hillary Clinton. Un'altra singolarità della democrazia americana che grida vendetta ma che difficilmente potrà essere modificata nei prossimi decenni.


Donald Trump è stato eletto con 63 milioni di voti. Se si considerano i miliardi impegnati dai partiti e dai candidati per ogni elezione presidenziale ci si rende conto di quanto sia il costo di ognuno di questi voti che va a pesare alla fine della fiera su tutta l'economia nazionale con il risultato che chi più ha dato più riceverà poi in termini di aiuti, commesse, posizioni da ambasciatore e via citando."


"Va bene, questo per quanto riguarda i numeri. Ma non mi hai risposto per quale ragione questo bizzarro individuo stia riscuotendo tanto successo tra decine di milioni di persone e non si tratta soltanto di gente con un limitato bagaglio culturale…"


"Eccoci arrivati al punto: la cultura protestante di questo paese è quella che condiziona da secoli i comportamenti individuali a cominciare dai primi anni dell'educazione scolastica.

In pubblico non si alza la voce (se lo si fa in privato qualcuno può chiamare la polizia per farti arrestare), fare la fila è un dogma e chi non lo rispetta viene giudicato un cialtrone. Le tasse si pagano per la semplice ragione che se poi scoprono che sei un evasore anni di galera non te li toglie nessuno. 

In pubblico non si usa un linguaggio scurrile e tantomeno in televisione. 

Anche se i giovani non sanno più come comportarsi con le ragazze perché se allungano una mano possono essere denunciati e passare un sacco di guai, resta il fatto che-sulla scorta della pressione mediatica fatta da organizzazioni di tipo 'me-too'- i millenari ruoli di genere sono stati aboliti e in questa grande confusione a rimetterci sono soprattutto le donne che devono prendere loro l'iniziativa se vogliono trovare qualcuno con cui accoppiarsi."

"Va bene: tutto questo è noto e allora?"

"Allora arriva un tale, pieno di soldi e anche debiti, che alla gente parla in maniera comprensibile ovvero utilizzando un linguaggio di 100 parole con il contrappunto di oscenità. 

Aggiungi che la famosa affermazione secondo cui quando incontri una bella donna non devi darle la mano ma palparla in zona genitale (crab them by the pussy) avrà pure scandalizzato tante femministe ma è stata accolta con sollievo da una preponderante categoria di maschi castrati psicologicamente da anni di antimachismo imperante. E non è detto che sia dispiaciuta nemmeno segretamente a molte appartenenti al gentil sesso sulla scorta di quanto il poeta romano soleva dire: 'Illa vis grata puellis' ovvero 'quella gentile forza che piace alle donne'. (Ovidio- Ars Amatatoria- 43 aC)."

"Ma che stai dicendo? Ti metti a giustificare i porconi, i più noti dei quali stanno attraversando grane giudiziarie a non finire?"

"Non mi fraintendere. Stiamo parlando di un tale che riesce ad essere comprensibile a milioni di persone perché gli parla alla pancia, fa finta di comprendere la rabbia della declassata media borghesia, lui modello di adultero, puttaniere che rifiuta di pubblicare le proprie dichiarazioni delle tasse, sconvolge i canali diplomatici tradizionali credendo di poter instaurare con tre o quattro dittatori un rapporto personale.

Puntualmente smentito poi dai comportamenti di questi presunti amici che con il suo atteggiamento irresponsabile ha posto su un  piedistallo di immagine analogo a quello del presidente del piu' importante stato planetario.

E che vuoi che sia se Vladimir Putin gli ha dato una mano inserendosi nelle meningi di 120 milioni di americani nelle elezioni presidenziali del 2016? È così simpatico e divertente Donald!

Forse non ti ho convinto, ma ti posso assicurare che questa telefonata ha accentuato la mia depressione. (E questo e' grave alla vigilia del mio compleanno).
Ti saluto."

Oscar
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Caro Oscar, 
tanti auguri di buon compleanno! Leggerti è sempre un piacere. 
Un abbraccio,
Claudio
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Caro Oscar,
auguri per il compleanno.
Condivido le tue idee su Trump.
il guaio e' che trova imitatori dappertutto. anche da noi.
se ti va, dai un'occhiata al mio articoletto intitolato "Salvini, tu vuo' fa l'americano" :
http://ilpareredellingegnere.altervista.org/index.php?option=com_content&task=view&id=6122

ciao, Catello Masullo (sempre nel Rotary Cassia)
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Caro Oscar,

come è possibile che ti aumenti la depressione mentre arrivi in vista del tuo 84° compleanno ? (Auguri dal tuo quasi coetaneo, etc.).

Credo invece che l'aver spiegato alla grande Don Aldo ti abbia fatto bene e rinvigorito.

La tua spiegazione, mutatis mutandis, si applica bene anche ad un italico governante attuale che, parlando alla pancia con la sua pancia, inonda di flatulenze le TV, i social, i giornali, promettendo la luna e lasciando l'Italia alla deriva, sempre più isolata e impoverita, of course, non solo nelle lire ma anche -e soprattutto- nell'etica e nella morale.

Mi fermo qui, altrimenti entro in depressione anche io.

All the best,

Dario Seglie, Italy
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Caro Oscar, non ti deprimere.
Tu stesso comprendi che le norme e le regole sociali che abbiamo accettato di utilizzare (anche se nessuno ha mai chiesto il consenso di ciascuno) non sono le regole naturali espresse dal naturale processo evolutivo.
Siamo i figli dei vincitori del processo evolutivo (i perdenti sono morti senza riprodurre) che hanno accettato di vivere secondo regole che condizionavano anche le banali regole naturali.
Lo abbiamo fatto nella convinzione che queste condizioni avrebbero reso migliore  la nostra vita.
Ma adesso che ogni proposta “politically correct” si è infranta nella incapacità di dare il miglioramento promesso, sorge inevitabile una domanda, ovvero se il comportamento naturale non sia la più strada più semplice e diretta verso una vita migliore.
La declinazione di questa deduzione sviluppa chilometri di valutazioni. 
Per questo Trump ha immensi pascoli verdi in cui far pascolare miliardi di individui di tutto il pianeta per generazioni. 
Cordiali Saluti. 

Alessandro Pescini

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Illa vis grata puellis. Happy birthday fratello 
Alberto Galluccio
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Grande Oscar! Condividiamo ogni virgola che hai scritto. Buon compleanno allora amico carissimo! Ma quando potrai coming back to Italy che ti festeggiamo pure qui? Un forte abbraccio a te e Franca
Sandro ed Rosi
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Caro oscar tutto giusto e perfetto
Ma trump ha vinto perche tanti non volevano hillary che se non fosse stata la ex first lady non avrebbr mai potuto candidarsi a nulla e perche una incapace e lo ha dimostrato 
Pippo Ghira
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Non  è  possibile 
Luigi guidobono cavalchini 




The real reason Donald Trump is going to lose in the end

Polling shows that while Republicans are okay with Trump’s unprofessional, classless behavior, independents are not. Independents will be the turning point in the coming election, and both sides will be wise to pay attention to those voters. Further, Donald Trump doesn’t get that he’s soon to be in the minority in America. Data shows that within many of our lifetimes, white Americans will become the minority in the United States.
The Census Bureau projects that whites will become the minority in the U.S. in less than a quarter century. That means that approximately 70% of us will see this shift occur. According to Quartz, some states have already seen the shift, including Hawaii, California, New Mexico, and the District of Columbia. According to this same piece, Hispanics will outnumber whites in Texas by 2022. Younger people won’t wait even that long. According to Quartz, the change from majority white for people under 18 will occur in 2020, just in time for the election. To make matters even worse for Trump, the Republican party is actively shrinking.
One GOP advisor told pro-Trump propaganda outlet Washington Examiner that Trump’s racist tweets “might be the worst thing he’s ever done.” If you’ve ever heard the saying “what’s done in the dark will come to the light,” that’s what’s happening here. Even though Trump puts his racism on display for everyone to see, many cannot stomach his behavior. Those people are leaving the Republican Party in droves. If doubt exists that Trump’s hate rhetoric works against him, you need look no further than the 2018 midterms when he campaigned on hate, calling immigrants “animals.” The Republicans either don’t know or don’t care that as a result, they lost 12% of the independent vote nationally according to Quartz. There is no reason to believe that trend won’t continue in the 2020 election.
Let’s face it: We all have our ideologies and beliefs. Some of those beliefs span the ideological spectrum, making it difficult to fully qualify oneself “liberal,” “conservative,” or “independent.” Donald Trump’s rhetoric, however, has helped to clarify those lines. According to the Pew Research Center, Trump’s “presidency” has pushed Americans away from the Republican Party while the number of Americans who “lean Democratic” has grown. It’s not hard to figure out from where those “leaners” came. According to Gallup, most Americans “lean independent” or identify as “independent.” These are likely the same people who believe diversity is good for the U.S. according to Pew, and they also believe the U.S. becoming a minority white country is a “good thing.”
Since Trump doesn’t read, or listen to anyone who does read, he is likely missing all of this information. He will continue to beat his hate drum and alienate a vast majority of Americans, who will take that alienation to the voting booth in 2020. Many are predicting a record turnout, which will also be a reflection of these values. So, take heart. While the mainstream media would have us believe Trump has a lock on 2020, research paints a very different picture. All we need to worry about is voting, and our majority of decency will take the victory.

L'incoscienza al potere


di CARLO VERDELLI (Repubblica)

(reuters)

Povero Mattarella, e povera Italia. Proprio ieri, alla cerimonia del Ventaglio, tradizionale saluto all'informazione prima delle vacanze, il presidente della Repubblica aveva esortato le forze politiche a evitare conflittualità, ricordando come la collaborazione favorisca le decisioni. Intanto che le sue parole uscivano dal Quirinale ("evitare conflittualità", "collaborazione nelle istituzioni"), Matteo Salvini rifilava un ceffone, l'ennesimo in verità, al suo e nostro presidente del Consiglio: "Del discorso di Conte mi interessa meno che zero". Si riferiva all'intervento del giorno prima del premier su Moscopoli. Intervento per altro molto cauto, recitato in un Senato dimezzato dall'assenza dei parlamentari grillini, posto che abbia ancora un senso chiamarli così, cioè la parte politica che virtualmente rappresenta la maggioranza di governo e di cui il premier stesso è espressione.

In ogni altra democrazia del mondo, giunti al punto in cui siamo, il presidente del Consiglio avrebbe già decorosamente rimesso il suo mandato, le Camere sarebbero state sciolte, il voto anticipato alle viste. Al di là di ogni appartenenza o simpatia politica, la situazione ha da settimane superato il punto di un possibile ritorno a un minimo di dignità, dove per dignità si intende che le forze di governo, avendo perso per via ogni punto di contatto e di condivisione, ne prendono responsabilmente atto e stracciano il risibile contratto che le ha artificialmente tenute insieme per un anno di travagliata convivenza.

Non c'è tema dove ci sia un minimo d'unità d'intenti: dalle autonomie regionali alle alleanze internazionali, dall'ineludibile legge di bilancio all'illiberale decreto sicurezza, dalle multe capestro a chi salva i migranti in mare ai balletti deprimenti su Tav, Tap, Ilva, Alitalia. Il risultato è che, giorno dopo giorno, assistiamo attoniti a scambi sanguinosi di accuse tra i due partiti che avrebbero la responsabilità di guidare da qualche parte un Paese sfibrato da ondate d'odio inattese, frustrato nelle sue ambizioni di crescita, mai così in bilico sul crinale che divide la decadenza, non solo economica ma anche sociale, da una qualsiasi ipotesi di ripartenza.

Giorno dopo giorno, sembra sempre di essere arrivati all'ultimo giorno. Arriva invece un vertice a sorpresa, una dichiarazione a buttare la palla in tribuna, un compromesso notturno all'estremo ribasso. E la mattina dopo si ricomincia, per ora andiamo avanti che il futuro prossimo è nella mani di dio, senza che nessuno dei commedianti in causa abbia un soprassalto di onestà e dica per primo "basta, io non ci sto più". Sia esso il ministro dell'Economia, o quello degli Esteri, o lo stesso presidente del Consiglio, costretto com'è a mediare ciò che mediabile non è più, e forse non lo è mai stato.

Sui leader dei rispettivi schieramenti, e corti annesse, inutile fare affidamento. Luigi Di Maio teme che la spirale al peggio del suo Movimento lo inghiottisca in caso di ritorno alle urne e quindi, pur di evitarle, si consegna, e consegna il proprio patrimonio di valori, all'acerrimo alleato. Matteo Salvini, che invece dalle urne uscirebbe trionfatore, gioca in proprio una partita dove l'unica vera incognita sono le mine vaganti ordite da qualche procura impertinente (su Moscopoli, sui 49 milioni scomparsi dalle casse del partito, sugli eventuali 65 trattati nelle opache sale dell'Hotel Metropol). Ma a lui, visto il consenso di cui gode, basta mentire a ripetizione (Savoini chi?) o dispiegare la forza atomica della sua propaganda per sviare l'attenzione su temi ad alta intensità emotiva ( il dramma degli affidi controversi dei bambini di Bibbiano, Comune rosso, guarda caso) o anche provocatoriamente popolari (la campagna per dare una casa ai poveri cani rimasti vagabondi dopo lo sgombero forzuto del Centro di Cara di Mineo, sgombero che è costato tragedie immaginabili a centinaia di "invisibili" che però, essendo umani di serie B, si arrangino). La strategia della bugia e quella della distrazione di massa: per ora pagano, e anche bene. L'uomo forte per un'Italia debole. Il paradosso, piuttosto sconveniente per le sorti nazionali, è che l'ulteriore rafforzamento del primo passa per l'aggravarsi della debolezza della seconda. Forse il peggior difetto di un governo nato difettoso è l'incoscienza. Solo ai bambini è concessa. Per gli adulti è un vizio pericoloso. Per chi ha ottenuto i voti per comandare un Paese, l'incoscienza è il peccato più grave, che non si emenda fingendo di baciare crocifissi o barattando i propri ideali con le convenienze del potere.

Salvini e Di Maio hanno scambiato la vittoria in due turni elettorali, sia pure con esiti capovolti (le Politiche del 2018 ai 5Stelle, le Europee del 2019 alla Lega) per una cambiale in bianco da esibire in nome e per conto del popolo italiano. Col risultato, a poco più di un anno dal loro insediamento, che il marchio Italia ha perso credibilità, e di conseguenza rilevanza. Per responsabilità diretta dei partiti vincitori, e con la complicità di un'opposizione incapace di ritrovare un'anima e un'unità d'azione, aggiungerei anche un linguaggio, capaci di contrastare con efficacia il racconto dominante di chi, insieme al governo del Paese, si è preso le postazioni strategiche per creare e mantenere il consenso, compresa la Rai e le piazze ormai rilevantissime del mondo parallelo più influente, quello dei social network, il nuovo impero dei sentimenti e dei risentimenti.

Promesse sbandierate e poi rinnegate, senza mai passare per un accenno di mea culpa. Risultati economici catastrofici, pure in una contingenza difficile, senza che l'altalena tra recessione e stagnazione inducesse a un minimo di revisione dei programmi. Strappi continui con l'Europa, fino all'isolamento di cui patiamo ora tutte le conseguenze. Spericolate manovre di avvicinamento con le grandi potenze lontane, dalla Russia di Putin all'America di Trump fino allo sfioramento con la Cina di Xi Jinping, accendendo debiti di sudditanza di cui pagheremo i conti per molti anni a venire. Sono alcuni, soltanto alcuni, dei frutti velenosi prodotti da un sistema partorito da due forze nate come anti-sistema, che invece di lavorare per cambiare l'Italia nel senso disegnato dai rispettivi impegni annunciati ai propri sostenitori, hanno invece scelto di continuare in una specie di campagna elettorale permanente, dove il dichiarare vale infinitamente più del fare, finendo per fare poco (e quel poco, specie in materia di diritti civili, in maniera barbara) e annunciare molto (e quel molto, giudicato troppo anche dagli osservatori internazionali, in crescente e insanabile contrasto tra improbabili alleati).Solo l'incoscienza dei contraenti di questo patto di legislatura vieta di ammettere che il sessantacinquesimo governo della Repubblica italiana, nato il primo giugno 2018, è politicamente e clinicamente morto.

Tra i vantaggi collaterali di questa sopravvivenza fasulla, gli onorevoli fantasmi potranno fingere di non vedere, o addirittura vantarsi, di una breve in cronaca: naufragio al largo della Libia, oltre 100 persone disperse, cioè annegate, in salvo 140, ricomincia un altro balletto acchiappavoti sui porti chiusi. Nel suo piccolo, la Lega non ha votato la riforma del Trattato di Dublino e continua a disertare i vertici europei sull'immigrazione. Un problema di coscienza, per chi ancora ne conserva una.
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Alberto Galluccio Ormai siamo oltre il punto di non ritorno e nessuna ipocrisia vecchio stile può funzionare. Prenderne atto ci aiuta forse a individuare meglio nuovi equilibri per convincere gli italiani


Salvare Tesla con i taxi robot ?






Elon Musk sitting in front of a screen© REUTERS/Mike Blake
  • Tesla makes great cars but it's always struggled to manufacture them according to the long-accepted best-practices of the global auto industry.
  • I call this the "Tesla Paradox."
  • If Tesla makes a massive pivot to robotaxis, however, the Tesla Paradox could vanish.
  • There's no guarantee of this happening, but CEO Elon Musk is clearly pushing the carmaker in that direction.
  • Visit Business Insider's homepage for more stories.
I like to think of it as the Tesla Paradox: the first new American car company to succeed in decades, selling close to 250,000 vehicles last year, isn't actually all that good at manufacturing automobiles.
The contrast between Tesla's brand image and its production competency is dramatic and inexcusable; while making cars is far from easy, every major car company bolting them together these days has achieved a level of efficiency that's downright boring.
One rarely hears about production snafus at big automakers, and even if problems manage to arise, they're typically dealt with quite swiftly. Tesla, meanwhile, generates near-weekly headlines about how its production processes are and aren't working. (In fairness to Tesla, once its vehicles leave the factory, they tend to impress, and if they have issues, Tesla has always been committed to fixing them.)

The Tesla Paradox boils down to blissfully satisfied customers who have a loving, near-evangelical relationship with CEO Elon Musk's company and its vision pitted against a widespread understanding in the auto industry that Tesla can't seem to figure out a manufacturing system that was more or less perfected 20 years ago.
Interestingly, the Tesla Paradox might be about to disappear.
Musk's thinking process Elon Musk holding a glass of water© Joe Skipper / Reuters
A few important things have happened. Musk has, it seems, figured out that the global electric-vehicle wave he was hoping to encourage with Tesla is going to be small and move more slowly than anticipated back in 2010. Electric vehicles might be superior to gas-burning cars from a technical standpoint, but they still have body panels, windows, and doors that need to be bolted together, and in that respect Tesla is no different from Toyota.
Additionally, the market has been receptive to Teslas - affluent early adopters as customers has helped - but also generally skeptical of electric vehicles.
Tesla has also proven not to be immune to the financial realities of car-making: the auto industry is capital intensive, and while car companies can generate a lot of revenue, they struggle to manage juicy profit margins.
Beyond all that, the action in Silicon Valley has pivoted from EVs to AVs; self-driving cars are the hot new thing. Tesla has been endeavoring to catch up on this score, but companies such as Waymo and GM-owned Cruise appear to have substantial leads.
That isn't going to stop Musk, who recently declared that Tesla plans to get a million robo-taxis on the road.
The robo-taxis could be what kills off the Tesla Paradox. Robo-taxi vehicles should be rather basic, cookie-cutter-type cars, freed from having to worry about traditional consumers perks, such as luxurious materials or complex seats. No one should much care if they aren't beautifully made, as long as they show up when hailed and don't break down en route to their destinations.
Sacrificing beauty Elon Musk in a red car posing for the camera:         Tesla CEO     Elon Musk is more like an old-school automotive entrepreneur     than a modern-day business manager.      His personality is consistent with what it always takes to   start a car company, but it's unfamiliar to many because no one   has started a major automaker in decades.      If we had access to a time machine, we could go back to the   early 20th century and find a lot more people who were like Elon   Musk.           Visit     Business Insider's homepage for more stories.       If you had a time machine and could travel back to the turn of   the 19th century, you'd find a world that still made great use of   the horse - but that was newly captivated by a clattering new   contraption, the motor car.    The automobile was the internet of the late 1800s and early   1900s, attracting a frenzied level of entrepreneurship, launching   hundreds of new companies, and transforming a shipping center in   the upper Midwest into Motown, the center of what would become   the auto industry.    The car business is now very different. Ford and General Motors   were each founded over 100 years ago. Upstart Toyota has been   manufacturing cars since the 1930s. Even dashing Ferrari has been   around since 1939, selling road cars since the late 1940s.    Automakers operate at a huge scale, across international time   zones, employing hundreds of thousands of people while selling   millions of vehicles annually. They can't be run by visionaries   anymore because visionaries, while valuable, aren't good at   keeping the giant machine humming.    This is why Tesla   CEO Elon Musk is such a shock. His personality isn't so different   from one of those determined entrepreneurs from the 1900s who   wanted to stick a motor on a carriage and get people moving   without having to hitch a horse. For grizzled industry veterans,   Wall Streeters, and Musk critics, he can be tough to take.    But he's not usual, in the history of people who start car   companies. In fact, he's true to type. Here's why: © Tesla
  • Tesla CEO Elon Musk is more like an old-school automotive entrepreneur than a modern-day business manager.
  • His personality is consistent with what it always takes to start a car company, but it's unfamiliar to many because no one has started a major automaker in decades.
  • If we had access to a time machine, we could go back to the early 20th century and find a lot more people who were like Elon Musk.
  • Visit Business Insider's homepage for more stories.
If you had a time machine and could travel back to the turn of the 19th century, you'd find a world that still made great use of the horse - but that was newly captivated by a clattering new contraption, the motor car.
The automobile was the internet of the late 1800s and early 1900s, attracting a frenzied level of entrepreneurship, launching hundreds of new companies, and transforming a shipping center in the upper Midwest into Motown, the center of what would become the auto industry.
The car business is now very different. Ford and General Motors were each founded over 100 years ago. Upstart Toyota has been manufacturing cars since the 1930s. Even dashing Ferrari has been around since 1939, selling road cars since the late 1940s.
Automakers operate at a huge scale, across international time zones, employing hundreds of thousands of people while selling millions of vehicles annually. They can't be run by visionaries anymore because visionaries, while valuable, aren't good at keeping the giant machine humming.
This is why Tesla CEO Elon Musk is such a shock. His personality isn't so different from one of those determined entrepreneurs from the 1900s who wanted to stick a motor on a carriage and get people moving without having to hitch a horse. For grizzled industry veterans, Wall Streeters, and Musk critics, he can be tough to take.
But he's not usual, in the history of people who start car companies. In fact, he's true to type. Here's why:

Musk is a fan of beauty - it doesn't cost anything extra to make something beautiful, he once explained to me - so it would be a leap for him to concede Tesla's aesthetic advantage. But relieving Tesla of the responsibility to make beautiful robo-taxis would consign what remains of the Tesla Paradox to low-volume, high-margin vehicles that Tesla could continue to see for personal ownership. In which case the paradox might vanish of its own accord, as Tesla shifts to bespoke manufacturing for such cars.
Musk is also a fan of money. He believes that Tesla should be self-sustainingly profitable. But a decade running a car company has shown him that starting from scratch, even growing Tesla to its present level of sales doesn't guarantee that the company can operate consistently in the black.
He also realized that if he wants to sell cheaper vehicles, he'll need to manufacture them in the millions to get the returns investors want. That means Tesla's cash-incinerating history is unlikely to be reversed.
Robotaxis, meanwhile, could post vastly better margins and scale more easily in markets outside the US. The entire auto industry has come to this conclusion, and companies such as Uber and Lyft, with their hefty driver costs, are betting the future on it. For Tesla, the eventual podmobiles that most expect robo-taxi fleets to use could be vastly easier to manufacture using the automated factories that Musk has long envisioned.

Is Tesla getting out of the car business? © Benjamin Zhang/Business Insider
The upshot here is that, to be honest, it's starting to look like Tesla doesn't want to be a car company anymore, at least not in the traditional sense. It wants to move into the taxi business.
That's depressing, but it makes financial sense. And really, anyone in the car industry could assess Tesla's growth prospects as an automaker and see that they were out of whack with what the company is capable of. But Tesla as an on-demand mobility provider! Now that jibes with the projections of Tesla's more enthusiastic boosters, now that they've finally learned from experience how the car business really functions.
So what could go wrong? Plenty, as Tesla's visually driven Autopilot self-driving technology could be beaten out by the more costly laser-radar systems that competitors have embraced. Tesla might also find that being a robo-taxi provider and a robo-taxi manufacturer are two tastes that don't go great together. (Personally, I think it could be a huge advantage, but it could also mark the return of the Tesla Paradox, Lite Version.)
But the writing does seem to be on the wall, and Musk has read it. Tesla the automaker could have simply been a phase, one that's now ending.
Microsoft News

Adfesso i democratici se volessero avrebbero materiale per impicciare Donald

Image: Mueller testimonyBy Jonathan Allen (NBC News)

WASHINGTON — There was no made-for-TV moment, but former special counsel Robert Mueller still delivered plenty of breadcrumbs for Democrats who want to follow the politically risky trail toward impeaching President Donald Trump.
A grizzled G-Man out of the central casting era dropped anachronistically into the viral-clip moment of cable-televised clapbacks, Mueller immediately dispelled the notion that he had cleared the president of wrongdoing.
"No," he said when House Judiciary Committee Chairman Jerrold Nadler asked if he had totally exonerated the president, as Trump has frequently claimed.
Then, over the course of seven hours, testifying before two committees, Mueller would intimate that there was evidence of conspiracy between Russia and Trump's 2016 campaign, acknowledge with the simple word "true" that he found it unethical and wrong for a campaign to accept assistance from a hostile foreign power, and repeatedly suggest strongly that the president obstructed justice.
For all the star power Mueller lacked, he offered up just as much in the way of substance.
But if Democrats want to impeach Trump, they're going to have to take his work, build on it, prove the case — and hope it doesn't blow up in their faces politically.
"Some number of Democrats will now feel that they have confirmation to proceed to support impeachment and some others will continue to hold back," said Rep. Gerry Connolly, D-Va. "I don’t think it will be a dramatic breaking of the dam. But there are Democrats who were waiting to hear on this. ... This can give them some comfort in the confirmations [of the report's findings]."
The political question, with House Democrats headed to their home districts for an August recess, is whether their constituents — the folks lawmakers speak with at fundraisers, town hall meetings and grocery stores — now apply accelerant to the impeachment movement or extinguish it. Those voters will have a little bit more to work with now that Mueller has testified than they did after he released his 448-page report in April, but the roadmap to impeachable offenses still requires the willingness to take a thorough look.
The hearings may have reached outside the Beltway and the small percentage of Americans who had already read the report.
"Hearing Mueller say what he said blew me away," Ohio state Rep. Tavia Galonski, a Democrat who represents a district near Akron where Trump is popular, said in a telephone interview.
"I thought it was damning," said Galonski, who had not read the report but was glued to the hearings Wednesday.
Still, Mueller didn't make it easy. Like a courtroom witness determined not to give any advantage to the cross-examiner, his answers were clipped — often limited to a single word — whether he was being questioned by Republicans or Democrats.
All together, and Mueller's narrative-less testimony had to be assessed in toto or not at all, the former special counsel defended the contents of a report that Democrats have long held laid out a breathtaking effort by Trump to solicit and accept the help of a hostile foreign government to tip the 2016 election in his favor and then cover up the whole operation.
In some cases, he gave stronger hints of wrongdoing by the president.
He told Nadler that he didn't come to a conclusion about whether the president had obstructed justice because of a Justice Department Office of Legal Counsel memo prohibiting prosecution of a sitting president.
Indeed, in his opening statement, Mueller had referred to that, saying "based on Justice Department policy and principles of fairness, we decided we would not make a determination as to whether the president committed a crime."
When Nadler asked Mueller what he would say, either in his report or testimony if he had concluded the president committed a crime, his answer echoed that: "The statement would be that you would not indict and you would not indict because, under OLC opinion, a sitting president cannot be indicted."
There's a difference between determining a crime has been committed and deciding to prosecute — then-FBI Director Jim Comey declined to prosecute Hillary Clinton but refused to say she had not committed a crime — and yet it's a thin line.
Later, under questioning from Rep. Ted Lieu, D-Calif., Mueller initially agreed to the assertion that Trump was not charged with obstruction only because of the OLC memo — a position he later clarified by saying, "we did not reach a determination as to whether the president committed a crime."
But perhaps more important, Mueller didn't push back on the idea that the president had obstructed justice.
He also gave pro-impeachment Democrats another avenue for further investigation.
Mueller told the House Intelligence Committee that his failure to bring conspiracy charges against Trump and members of his campaign operation did not mean he had found no evidence of such a conspiracy.
"Absolutely correct," he said when Rep. Peter Welch, D-Vt., asked him about that.
And later, with the simple repetition of the word "true," Mueller agreed with Intelligence Committee Chairman Adam Schiff, D-Calif., that it is "unpatriotic" and "wrong" to knowingly accept election assistance from a foreign power. He also said public officials should be held to a higher standard than whether their behavior is technically criminal.
That's a matter Democrats will grapple with as they decide whether to proceed toward charging the president with the ill-defined "high crimes and misdemeanors" of an impeachment process that is inherently political.
Mueller wasn't willing to go much further in leading them to a conclusion.
If he was there as an advocate for anyone or anything, it was the work product that he and his team of lawyers and investigators produced. Rather than interpreting it, he chose to refer to it as a literalist.
He parried questions from both Republicans — who tried, in turns, to discredit him, his staff and his work — and Democrats, who tried to push him to connect the pieces of his report into a clear narrative story that could be used for greater political effect.
"Well, of course we want more," Rep. Sean Patrick Maloney, D-N.Y., said on MSNBC. "But it's quite significant what he said."

Jonathan Allen

Jonathan Allen is a Washington-based national political reporter for NBC News who focuses on the presidency.

Robert Mueller: sette ore di testimonianza


Diciamo la verità perché è inutile trincerarsi dietro un dito: la tanto attesa strombazzata partecipazione di Robert Mueller, il consigliere speciale che con il suo team ha prodotto dopo 20 mesi di inchieste un rapporto di 400 pagine, non ha portato vantaggi ai democratici, anzi ha offerto al presidente Trump e alla sua corte la possibilità di rimbeccare in maniera plateale.

Robert Mueller ha dovuto affrontare sette ore di grigliatura sia da parte dei membri del comitato giudiziario che poi nel pomeriggio di quelli dello intelligence.

Un impegno certo non facile sul piano fisico e psichico per una persona di 74 anni oltretutto aggravata da un forte impegno di responsabilità.

Dato che si vive in un mondo in cui fa premio solo chi riesce a bucare il televisore, la performance di Robert Mueller non è stata certamente esaltante anche se i commentatori di parte democratica si sono affrettati nel dire che la differenza tra "eccitazione" e "importanza" e' che quasi mai la prima è anche importante, mentre non è detto che la seconda sia anche eccitante.
Ed è quello che è successo durante le sette ore di copertura televisiva della testimonianza dello ex consigliere speciale di fronte ai due comitati del congresso americano.

Il consigliere speciale Robert Mueller si è trincerato dietro il suo rapporto che parla chiaro a chi abbia la voglia e la pazienza di leggerlo, visto che si tratta di una portante testimonianza di quanto sta succedendo negli Stati Uniti.

Nella conferenza stampa messa su in fretta e furia dalla speaker della camera, Nancy Pelosi, circondata dai due presidenti dei comitati, è emerso senza ombra di dubbio che le elezioni del 2016 sono state condizionate dal pesante intervento cibernetico dei russi che hanno influenzato la volontà di voto di oltre 120 milioni di americani.

Quanto all'accusa ripetuta in continuazione da Donald Trump di essere oggetto di una caccia alle streghe, la lunga testimonianza di Robert Mueller ha confermato che invece è proprio la democrazia americana che è sotto schiaffo e sta passando un momento di grande criticità.

Compito dei democratici è quello di fare appello alla coscienza del popolo americano perché si risvegli dal torpore consumistico e riesca a manifestare un barlume di risveglio a difesa dei principi della sua Costituzione messi a repentaglio da un personaggio che non nasconde le sue insanabili velleità sovraniste e dittatoriali.
(Oscar)

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NBC News
Ken Dilanian

WASHINGTON — Five hours into former special counsel Robert Mueller's Capitol Hill testimony Wednesday, Democratic Rep. André Carson asked him a series of questions about his report's assertion that a former Trump campaign chairman shared private polling information with a suspected Russian agent.
"Would you agree that these acts demonstrated a betrayal of the democratic values our country rests on?" Carson, from Indiana, asked the former FBI director.
"I can't agree with that," Mueller replied. "Not that it's not true, but I cannot agree with it."
That answer encapsulated Mueller's approach to his congressional testimony, and the result was a pair of hearings that may not have done much to change the divided public opinion about President Donald Trump's culpability in the Russia affair.
Mueller, portrayed for two years as a dangerously all-seeing investigator who posed a mortal threat to Trump's presidency, emerged into public view as a 74-year-old man whose demeanor, manner of speaking and command of the facts was markedly different from the other 88 times he has appeared before Congress.




While Mueller refuted Trump's assertion that the report exonerated the president, and pushed back on the calumny that the Russian investigation was a hoax, he generally declined to pass judgment on the president's conduct, other than to call Trump's praise of WikiLeaks "problematic."
Even in peak form, Mueller was not an effusive witness. According to several people who used to work for him, he was not in peak form Wednesday. He said up front that he would not go beyond the language of his 448-page report. But he declined even to read passages of the report. And, surprisingly, he did not seem conversant in the details of his investigation, repeatedly referring questioners to the language of the report without saying in his own words what it meant.
"I don't know specifically, but if it's in the report, I support it," he said at one point, an answer he gave repeatedly as Democrats tried to get him to animate the dry words on a page.
Democrats had hoped Mueller would allow them to present, through his voice, the simpler, cinematic version of his complicated book. But he mostly refused to play along. "I can't adopt your characterization," he said to Rep. Joaquin Castro of Texas, who was trying to extract details on Trump's business negotiations with Moscow.
He spoke softly, and his goal at times seemed to be to answer as few questions as he could using the shortest phrases possible.
"Bob Mueller is struggling," tweeted Glenn Kirschner, who once worked for him as a prosecutor. "It strikes me as a health issue. We need only look at footage of his earlier congressional appearances to see the dramatic difference in his demeanor and communicative abilities."
"It's painful to watch," tweeted Mimi Rocah, an NBC News analyst and former federal prosecutor.
Mueller deflected or declined to answer almost 200 queries, and with a few exceptions he declined to push back against Republican lawmakers who methodically questioned the premise, integrity and accuracy of his investigation.
"With all reverence for Bob Mueller and his lifetime of career service … I have to say that far from breathing life into the report, he kind of sucked the life out of the report," Jeremy Bash, a Democrat, NBC News national security analyst and former chief of staff at the CIA and Pentagon, said on MSNBC.
"I thought he was boring," Bash continued. "I thought in some cases he was sort of evasive. He didn't want to explain or expand on his rationale. He seemed lost at times. He was flipping through the report, trying to find passages that members of Congress were reading to him. I thought it slowed things down. And I thought it really was a very ineffective defense of his own work."
The hearing began in a promising manner for Democrats with a sharp question from Judiciary Committee Chairman Jerry Nadler: "The president has repeatedly claimed that your report found there was no obstruction and that it completely and totally exonerated him. But that is not what your report said, is it?"
Mueller: "Correct, that is not what the report said."
But the exchanges quickly became more of a muddle. Mueller did not clearly explain why he decided his office could not make a decision about whether prosecutors believed the evidence supported a prosecution of Trump for obstruction of justice, were he not the president and immune from prosecution under Justice Department policy.
Under rapid fire questioning from Democrats, Mueller appeared to say at several points that he would have indicted the president on obstruction if not for that legal immunity. But he later walked that back, making clear, as the report said, that his office never performed the legal analysis to make that call.
"We did not make any determination as regards to [Trump's] culpability" on obstruction," Mueller said. "We did not start down that road."
Democrats were heartened when Mueller said Trump could be indicted after he leaves office. But that was never in question at the hearing. Whether there is evidence to make a case is another matter.
Republicans, meanwhile, methodically attacked Mueller's investigation, and Mueller for the most part declined to push back.
Mueller did not respond when Rep. Jim Jordan of Ohio said the FBI had "spied" on the Trump campaign, and suggested that Joseph Mifsud, the Maltese professor who told George Papadopoulos the Russians had Clinton emails, was a U.S. agent, not a Russian agent
Nor did he offer a refutation when Rep. John Ratcliffe of Texas argued that Mueller did not follow the special counsel regulations and that it was improper for Mueller to say the president had not been exonerated.
Rep. Guy Reschenthaler of Pennsylvania accused Mueller, in so many words, of being an unethical prosecutor. He called the Mueller report "un-American." When he finished, Mueller did not respond.
On only one occasion did Mueller become expansive in defense of his office, after Rep. Ben Cline, R-Va., talked about the Democratic political affiliation of some members of Mueller's team.
"We strove to hire those individuals that could do the job," Mueller said. "I've been in this business for almost 25 years, and in those 25 years, I have not had occasion once to ask somebody about their political affiliation. It is not done. What I care about is the capability of the individual to do the job and do the job quickly and seriously and with integrity."
And only once did Mueller appear to pass moral judgment on the behavior of those he investigated. When Rep. Mike Quigley, D-Ill., confronted Mueller with Trump's many statements praising WikiLeaks, Mueller said, "Problematic is an understatement in terms of what is displayed in terms of giving some hope, or I don't know, some boost, to what is and should be illegal activity."
White House officials were exultant.
"The last three hours have been an epic embarrassment for the Democrats," White House press secretary Stephanie Grisham said after the morning's Judiciary Committee testimony.
"Robert Mueller confirmed what we already knew," the Trump campaign said in a statement. "No collusion, no obstruction, and the way President Trump has been treated is unprecedented."
Mueller appeared sharper during the afternoon session in front of the Intelligence Committee, which covered the Trump campaign's contact with Russia.
But Mueller made clear up front that his team did not assess whether there was damage to national security as a result of the Trump campaign's repeated contacts with Russians. And Mueller declined to answer most questions designed to spotlight what Democrats considered Trump's misconduct.
"What did you determine about the president's credibility?" Rep. Val Demings, D-Fla., asked him in the sixth hour of his testimony.
"That," he responded, "I can't get into."