Alberto Pasolini Zanelli
Non ci è rimasto quasi più spazio per le notizie “normali” per i quotidiani d’America. E, anche peggio, per i suoi orari televisivi. Le fonti per il pubblico si anneriscono ogni giorno. E così le delusioni. Le novità nutrono un record di ansie. Per il presidente Trump, ridotto a creare nuovi “miracoli” due o tre volte al giorno, costantemente travolti dagli aggravamenti su tutto il campo. Anche nella politica estera, che pure è stato il suo forte. Ventiquattro ore prima si era goduto un successo considerato quasi impossibile: era comparso su una terrazza in compagnia dei leader di due Paesi arabi e del presidente “falco” di Israele. Tutti avevano promesso a Trump di lasciar riposare per un poco le armi. Non avevano finito di pronunciare questo voto che sono arrivate notizie di una ripresa intensa dei bombardamenti sauditi sullo Yemen. Hanno ripreso ad accelerare (e a gonfiarsi) le violenze domestiche, gli scambi di azioni belliche fra polizia ed estremisti e tra estremisti di ogni tendenza. Su entrambi incombono in un numero crescente di Stati uragani, incendi e ogni altra categoria di “maltempo”. Quanto alla polemica elettorale e politica in senso stretto, ogni giorno annuncia record. Almeno un paio di collaboratori del presidente sono costretti a dimettersi o almeno a minacciare di farlo entro domani l’altro. E anche nel campo economico, fino a ieri l’angolo della consolazione per l’inquilino della Casa Bianca, arrivano i preannunci delle brutte notizie. E rispunta un fenomeno non nuovo delle campagne elettorali Usa, ma aggravato a misura record. Hanno cominciato obbedendo a una legge elettorale da cui ogni altro Paese democratico rifuggerebbe, in uno Stato hanno già cominciato a votare con più di un mese di anticipo sull’appuntamento. Non hanno ancora, è vero, annunciato i risultati, ma questo perché la metà degli elettori è stata a casa. Di quelli già presenti, il candidato democratico Joe Biden è emerso con un minimo vantaggio e quindi senza rivelare le intenzioni dei cittadini, di cui è certo solamente il malumore. Che fa risorgere, anche, una vecchia particolarità e cioè la comparsa in extremis degli “altri candidati”, quelli che hanno fondato ieri l’altro il loro partito, quelli che hanno ripescato una “terza forza” di decenni fa. Qualcuno con successo maggiore del solito, figlio anch’esso del malumore. È riemerso, per esempio, Albert Gore, il democratico sconfitto dal repubblicano Bush per una manciata di voti che richiesero quasi due settimane in Florida e che trascinarono nella lite anche la Corte Suprema. Fece quasi eccezione un altro candidato forte e noto, il democratico John Kerry, che questa volta ha raccontato subito che del giochetto ne ha avuto abbastanza e non lo ripeterà. Ma ci sono i nuovi, in genere su posizioni estreme in una direzione e nell’altra, che questa volta hanno speranze maggiori vista la scontentezza degli elettori per i “vecchi” partiti che producono più insulti che proposte politiche e sentono di poter sperare di bloccare ancora una volta per settimane il conteggio per la Casa Bianca. I primi dati da alcuni Stati arrivano a far supporre un rafforzamento degli “uomini della protesta” che
quest’anno poi sono soprattutto donne, giovani e pittoresche, una delle quali ha già messo nella borsetta la candidatura alla vicepresidenza in soccorso per Trump. Quelli che sembra siano dietro sono diventati più “audaci” e già propongono, anzi pretendono, che le elezioni vengano rinviate nella speranza di capovolgere il risultato. Uno sviluppo non previsto dalla Costituzione e anzi espressamente vietato da una storica decisione secolare. I commentatori politici preferiscono prendere in esame tutte le possibilità, soprattutto quelli dell’opposizione, che sperano che la dispersione dei voti indebolisca ulteriormente le attrattive di Trump, di cui qualcuno insiste ad auspicare (o pretendere) il rinvio dell’appuntamento elettorale se non addirittura il ritiro dalla gara. Più sconosciuti sono, più dicono di sperarci. Il sistema comunque si estende ad altri campi: dei medici specialisti stanno “deportando” su un’isola migliaia di maschietti di una razza speciale di topi.
Pasolini.zanelli@gmail.com
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