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Le storie di Oscar #1: Quattro passi in Paradiso


 Night Club Paradiso – Rimini – ALI Parquets"Dimmi grazie" mi disse al telefono Piero Bentivoglio il manager fiorentino delle orchestre.

"Grazie per che cosa?" Chiesi con curiosità mista, perché no, ad una certa apprensione.

"Perché ho firmato per la tua band un contratto per maggio giugno in un locale prestigioso dell'Adriatico… Hai mai sentito parlare del Paradiso Club di Rimini?"

Certo che ne avevo sentito parlare. Madonna che notizia! Ma noi eravamo praticamente un quartetto di studenti fuori corso in diverse materie, dalla medicina alla giurisprudenza.

Suonare in un night-club così importante come il Paradiso Club di Rimini significava una promozione sul campo da parte del nostro agente che ci rappresentava a livello nazionale.

Ma significava anche che avremmo dovuto affrontare un pubblico sofisticato, diverso da quello delle balere e dei circoli ricreativi di Firenze e provincia nei quali eravamo soliti esibirci per mettere da parte un po' di soldi ed anche perché-diciamolo francamente-ci piaceva proprio.

"Senta signor Bentivoglio: perché tra le decine di orchestre che lei rappresenta ha scelto proprio noi? Scusi la domanda forse impertinente…"

"Perché tu hai un repertorio internazionale, standard francesi-inglesi-spagnoli, e poi siete bellini... Adesso mettetevi a fare prove su prove e vedi di non farmi rimangiare una decisione che qualcuno definisce azzardata…"

Il Paradiso Club era un po' fuori Rimini, sul colle di Covignano.

Una struttura molto elegante in una atmosfera raffinata che si distaccava da quella delle balere riminesi nelle quali del resto avevamo lavorato le estati precedenti.

Il mio agente fiorentino conosceva bene il suo mestiere: si entrava in pedana alle 10 di sera e fino a mezzanotte si doveva suonare senza interruzione servendo un pubblico costituito soprattutto da giovani e belle ragazze svedesi che facevano girare la testa ai gagliardi playboy della costa.

Da mezzanotte in poi il volume degli amplificatori doveva essere abbassato per non disturbare gli ospiti delle pensioni e alberghi vicini.

Il Floor Show interrompeva per una mezz'ora le danze e sulla pista si esibivano i tre, quattro artisti previsti dal cartellone.

Poi iniziava la vera serata intima da night-club con i clienti che volevano trovare nell'orchestra un valido alleato per costruire le tante reciproche bugie che alleggeriscono le serate innaffiate dallo champagne.

Bentivoglio, il mio agente, aveva ragione: le mie canzoni di Aznavour e Becaud piacevano alla grande ed anche gli standard di Frank Sinatra e di Nat King Cole.

Il mio grande ispiratore in termini professionali era Bruno Martino che avevo ammirato al Caprice di Forte dei Marmi un paio di anni prima quando era fuggito dal Libano sconvolto dall'ennesima rivoluzione.

Pensa che vita facevo allora: lavoravo come commesso all'Emporio dell'Auto in via Nazionale a Firenze (a 200 metri dalla stazione di Santa Maria Novella)..

Alle sette di sera prendevo un treno per Viareggio, poi un autobus per il Lido di Camaiore. Giusto il tempo di cambiarmi e mettermi la "divisa da musicista" (a quei tempi si chiedeva che gli orchestrali si presentassero sul palco in giacca e cravatta, con quel caldo). Il locale si chiamava Cavalluccio Marino.

Alle due del mattino giusto il tempo di attraversare il canale rifugiandomi dentro il Caprice ad ascoltare Bruno Martino, il grande pianista cantante. Alle sette treno per Firenze e di nuovo a lavorare all'Emporio dell'Auto.

Dice: ma quando dormivi? In treno e poi grazie ai colleghi del negozio schiacciavo qualche pisolino soprattutto nell'intervallo del pranzo.

E pensare che in quel periodo ho dato i migliori esami della mia contrastata laurea in giurisprudenza.

Ma oltre alle canzoni francesi, inglesi, spagnole e a quelle dei cantautori italiani sulla cresta dell'onda del momento eravamo riusciti a copiare le migliori canzoni di un long playing di Calipso giamaicano.
E piacevano molto, capperi se piacevano!

Piacevano soprattutto a Marzio Ciano, figlio di Edda Mussolini,  sposata con il conte Galeazzo Ciano.

Al Paradiso Club Marzio Ciano la faceva da padrone. Ubriaco fradicio tutte le sere e sicuramente impasticcato, Marzio dalla sua aveva una simpatica indole ottimistica che lo rendeva una presenza  amichevole tra i più assidui frequentatori di quel night-club.

Marzio amava moltissimo il nostro repertorio e soprattutto i calipso che del resto lui aveva ascoltato più volte dal vivo nei suoi viaggi nei Caraibi.

Quando 'la notte' (verso le tre, quattro del mattino) finivamo di suonare, i camerieri si guardavano bene dal disturbare il conte Marzio che russava come un diesel  stravaccato su un divano del  club.

Marzio,  meglio: il signor conte, non doveva essere disturbato neanche dalle donne delle pulizie che la mattina alle otto avrebbero fatto il loro ingresso per dare una sistemata agli ambienti nelle sale.

Marzio Ciano  aveva  un conto aperto con il Paradiso Club  che veniva onorato ogni 15 giorni dalla mamma Edda, l'amata figlia di Benito Mussolini, che tra i vari amanti aveva privilegiato il marchese Emilio Pucci, un grande gentiluomo fiorentino che si faceva un titolo di onore nel negare qualsiasi rapporto più che amicale con la contessa. Seguendo in questo il principio espresso da Gianni Agnelli secondo cui un gentiluomo non ammette mai di avere avuto una conoscenza intima con una signora.

Il Paradiso Club  era gestito da due direttori, o almeno così li chiamavano  camerieri e personale di servizio.

Uno, chiamiamolo Paolo, portava sulle spalle tutto il peso della gestione.

L'altro, chiamiamolo Armando, era l'uomo delle pubbliche relazioni, alto, super palestrato,  abbronzato totalmente, bruno riccioluto con occhi verdi, gran consumatore di femmine di qualsiasi nazione-religione-cultura, eta'.

E mantenuto alla grande  da  mature signore che rinverdivano  nel suo letto gli ultimi spiragli della loro compressa sessualità matrimoniale dimenticata da qualche potente capitano d'industria, della finanza, della politica in tutt'altre faccende affaccendato.

La Maserati decapottabile con la quale Armando si esibiva arrivando a tarda sera al suo club gli era stata donata da una gentildonna in là con gli anni che lo tempestava di telefonate, di preziosi regali pur di poter avere il privilegio di stare in intimità per qualche minuto con il prezioso e statuario amante.

Il pettegolezzo ricorrente tra la  cucina del ristorante e i camerieri di sala era che il signor Armando era un tipo di mano facile, ovvero: non si tratteneva dall'usare violenza contro le sue amanti ed in particolare contro quella che in quel momento lo finanziava alla grande.

Una sera, saranno state le 9:30 e dovevamo iniziare a suonare, sentimmo fuori della porta del club urla, implorazioni piangenti, sgassate  della Maserati decapottabile e stridore di pneumatici.

Era successo che la attempata signora milanese finanziatrice dell'Armando si era fatta trovare alla porta dell'ingresso del Paradiso Club e aveva atteso l'arrivo del suo prezioso (è il caso di dirlo) amante.

"Dammi le chiavi della Maserati" aveva urlato la signora, un tipo di una secchezza estrema, conquistata si fa per dire, rinunciando ad ogni piacere della tavola per potere mantenere (così le diceva il suo costoso trainer) una silhouette da adolescente.

Ma il problema era che il digiuno forzato accentuava la ragnatela di rughe che devastavano il volto della signora che avrebbe dovuto sottoporsi entro un mese ad una plastica marmorizzante seguendo il suggerimento nemmeno troppo velato del suo ganzo riminese.

"Dammi le chiavi della macchina, bastardo" urlava la gentildonna e le lacrime stingevano la mascara degli occhi.

La poveretta assomigliava nella sua denutrizione violenta a quegli uccellini bagnati dal temporale che cercano di scrollarsi l'acqua dalle penne.

"Dammi le chiavi, bastardo" continuava a urlare la signora che ormai si era avventata sul petto dell'Armando e lo stava ferendo con un chilo di acuminati braccialetti d'oro che portava ai polsi.

L'Armando era impassibile o almeno così sembrava visto che si sentiva addosso qualche centinaia di occhi dei clienti e personale del club che assistevano alla scena.

Tentò ripetutamente di bloccare quei polsi armati di ferramenta d'oro che potevano causargli profondi graffi sul torace. Alla faccia la signora cercava di raggiungerlo ma senza successo visto che lei sarà stata alta al massimo un metro e mezzo mentre l'Armando era vicino ai due metri.

Ciliegina sulla torta: tra gli astanti si era insinuata anche Natasha, bionda sintomatica bellezza della moribonda Russia sovietica fatta venire in Italia grazie alle conoscenze in alto loco che Armando vantava tra i clienti del club.

Siccome la scena non poteva durare ancora per un bel po' e bisognava trovare una soluzione, l'Armando adottò la sua specializzazione che lo aveva reso attenzionato al commissariato di pubblica sicurezza locale per precedenti episodi.

Il baldo super abbronzato playboy allentò un paio di labbrate stile macellaio alla schiamazzante finanziatrice dei suoi lussi e presala per il collo la piazzò dentro un taxi Fiat 123, il primo della colonna in attesa che prese subito il via nonostante gli schiamazzi della gentildonna, grazie alla lauta mancia.

L'Armando spazzolò con le dita della mano destra la cipria che si era appiccicata sulla sua camicia di lino e porse le chiavi della Maserati a Giulio il feroce guardaspalle, dicendogli: "Portala subito dietro al cascinale perché non deve essere trovata…"

Entrato dentro il Paradiso club si avvicinò ad un telefono della guardarobiera e compose un numero. "Metti subito in vendita la Maserati… C'era quel tale, l'altra sera che la voleva a qualsiasi prezzo… Fammi sapere."

Poi avvicinatosi al microfono dell'orchestra disse rivolto ai clienti: " Mi dispiace per il piccolo incidente di cui siete stati spettatori. La prima consumazione e' a carico mio. Buon divertimento".

Il pubblico del paradiso club variava sostanzialmente a seconda delle ore.

Dalle 10 e alla mezzanotte, prima dello show sulla pedana, era composto prevalentemente dai migliori giovani playboy della costa che si facevano un titolo di merito nel frequentare ogni sera intimamente gli stuoli di altissime svedesi in cerca dell'amore italiano.

Ballando le stringevano e palpeggiavano, ghignando con chi in quel momento stava facendo il suo lavoro che era quello di cantante chitarrista.

E il ghigno era molto significativo.

Ma c'è da dire che talvolta, quando la coppia girava ed era il turno della fanciulla ad avere un contatto visivo con il musicista, bene: allora era facile impostare un appuntamento a gesti, mentre il giovane playboy ignorava la tresca.

I giovani stalloni della riviera adriatica andavano avanti a Simpamina e anche qualche cosa in più.

Venivano sotto il palco dell'orchestra e annunciavano che stavano per uscire con la biondona di turno ma che sarebbero tornati poco dopo.

Ed infatti così facevano vantando le loro prestazioni sessuali ampiamente ripetute.

Tra questi giovani playboy c'era un giornalista praticante del Resto del Carlino che sarebbe divenuto una firma internazionale.

"Guarda che c'è un cliente a quel tavolo laggiù in fondo che vorrebbe offrirti una coppa di champagne insieme alla moglie." Questo il messaggio del capo cameriere sussurrato in un orecchio mentre suonavamo 'Misty' tanto per riposarci e godere di musica buona.

"Beh, digli di venire qui vicino all'orchestra…"

"Senti, non mi creare problemi...il cliente sta consumando alla grande. Lui ti vuole al suo tavolo insieme a sua moglie…"

"È proprio quello che vorrei evitare perché con la signora siamo stati insieme in maniera biblica per una settimana… E adesso questo che cosa vuole… Magari ci scappa una scazzottata…"

"Certo che lo so. Ma vedi di non mettermi in difficoltà perché e' un buon cliente e questa e' la sua ultima serata a Rimini. Mi faccio trovare vicino al tavolo con una bottiglia di champagne come lui ha ordinato… Però datti da fare ora."

Mi avvicino al tavolo dov'era seduto il cliente che voleva offrirmi da bere, un bestione di due metri con accanto l'abbondante sposa che conoscevo bene e sorrideva abbassando gli occhi in una posa virginale.

Il tipo si alza, batte i tacchi e sorride (sicuramente un ex ufficiale).

Riempie i bicchieri con l'orribile spumante di San Marino e dopo avere pronunciato la parola Prosit mi dice con grande affabilità: "Io devo ringraziare lei molto perche' lei ha permesso a mia moglie di passare una settimana di grande riposo. Sono arrivato oggi da Monaco e l'ho trovata veramente rifiorita. E Nicole mi ha detto che questo è merito suo. Noi siamo una coppia aperta"

Almeno tre quattro volte la settimana c'era una tipa che arrivava verso le undici, capigliatura rossa naturale di fuoco ed una fama conquistata nelle sue frequentazioni dei locali alla moda della costa adriatica.

Alberta era una cantante lirica, mezzo soprano. I suoi estimatori la consideravano non tanto per le rare occasioni in cui si cimentava con la Carmen di Bizet, quanto piuttosto con la sua fama di aggressiva divoratrice di uomini, utilizzati come lei sosteneva pubblicamente senza alcuna precauzione perché "il prosciutto non si mangia con la carta".

La gentile signora si esibiva sulla pista da ballo in contorsioni e strascicamenti con i vari allupati ballerini che le si stringevano addosso ed ai quali lei comunicava a titolo di presentazione personale di essere arrivata al 24º aborto.

Di personaggi strani negli anni trascorsi a far divertire la gente nei vari locali da ballo me ne erano passati tanti. Ma quella Alberta mi dava proprio il voltastomaco.

 Gli artisti che si esibivano a mezzanotte nel Floor Show avevano contratti che duravano non più di due settimane.

Verso la fine di giugno fu la volta di un trio di giamaicani, due donne e un uomo che avevano un 'numero' basato solo sulle percussioni molto efficace e gradito dal pubblico.

Finito lo spettacolo le due danzatrici, che erano sposate tra loro, prendevano un taxi e si facevano portare alla pensione dove erano alloggiate.

Il ballerino invece si sedeva ad un tavolo vicino alla pedana dell'orchestra, dalla mia parte.

Mi chiedeva di cantare qualche canzone di quelle celebrate da Frank Sinatra.

Gli piaceva in modo particolare Angel's Eyes che narra di un tale seduto al bancone di un bar, ormai ubriaco, che ricorda gli occhi e l'espressione di una ragazza amata.

Una mattina, saranno state le 4:30, avevo concluso una lunga nottata di grande impegno perché il Paradiso Club era stato preso d'assalto da qualche centinaio di assatanati clienti che dovevano celebrare tutti insieme una decina di compleanni.

John, il ballerino mi chiede se potevo dargli un passaggio sulla mia 500 Fiat per raggiungere l'appartamento affittato insieme alle due altre ragazze.

"Guarda che io ho solo una 500 mentre gli altri colleghi viaggiano su Alfa Romeo" gli dissi sperando di stornare la richiesta di passaggio. (D'accordo, guadagnavamo bene, ma c'erano diverse situazioni familiari che mi pesavano addosso e non mi permettevano di scialare come facevano invece gli altri musicisti.)

John aprì la porta del passeggero e si installò nella super mini vettura.

Guidavo facendo molta attenzione, primo perché ero veramente molto stanco e poi perché i  numerosi whisky bevuti durante la serata certamente facevano effetto anche se li avevo allungati tutti quanti con bottigliette di seltz.

A un certo punto il ballerino comincia a palpeggiarmi e dichiara il suo amore per me che lo respingevo cercando di non perdere il controllo della vettura.

Mi sono fermato su una piazzola, sono uscito dalla macchina, ho aperto la sua porta lo ho afferrato per la maglia e gli ho urlato che non ero il tipo che lui si aspettava.

John, il ballerino, piangeva seduto su un paracarro mentre io avviavo il motore della piccola 500 e lo lasciavo. Avrebbe sicuramente trovato qualche passaggio.

Telefonata del nostro agente Bentivoglio: "Allora, dopo Rimini dovete andare a Grado dove lavorerete per tutto il mese di luglio e agosto prima di spostarvi su Venezia a suonare al famoso Antico Martini. Il locale di Grado non è un night-club come il Paradiso ma un Dancing Hall dove chiudete ogni notte alle una. Atmosfera molto familiare… Dimenticavo di dirti che il pomeriggio dovrete fare il "concertino" per un'ora e mezzo…"

"No, il concertino no, Bentivoglio…" cercai di protestare senza alcun risultato.

Grande successo (soprattutto tra i bambini!).

Alla fine di agosto conobbi una bella e sofisticata ragazza alla quale proposi di stare insieme per quindici giorni (mi scadeva il contratto prima di andare a suonare a  Venezia).

I quindici giorni si sono trasformati felicemente e fortunatamente in 53 anni.

 7 agosto 1961 Il concertino pomeridiano all'Isola d'Oro di Grado
 
Per quelli che non vogliono leggere ma vedere e ascoltare
Parte prima:      https://youtu.be/-0HIbvQADPs
Parte seconda:   https://youtu.be/hJc2mm8XpWw
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Fantastica descrizione di un'Italia che non ho conosciuto, ma totalmente affascinante...che personaggi!E tu bravissimo a raccontarcela!
Emanuela A._
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Bravo Oscar…
Bellissimo spaccato di vita e splendida penna come sempre!!
abbraccioni
 Walter



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Carissimo,
ho letto e molto gradito il tuo pezzo sui “4 passi in Paradiso” e nel dirtelo ti saluto, augurandomi di poterlo fare anche personalmente, ma chissa' quando… teniamoci in contatto..

Maurizio M.
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azzeccata e divertente sceneggiatura per un film di Fellini
Giancarlo Bel.
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Ma com’eri bellino !!!
Lo credo che quello ti voleva palpeggiare e tu, crudele, l’hai deluso.
Cattivone !
Riccardo B.
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Caro Oscar, ho gradito moltissimo il tuo magnifico racconto, mi ha
fatto rivivere un po' il bel tempo che fu, io non ho avuto esperienze
come la tua, ma ricordo con un sorriso gli anni '60! Io facevo la spola
prima con una Vespa scalcinata poi anch'io con una 500 ancora più
scalcinata, tra Lerici (dove la mia famiglia aveva una casa) e il Forte
dei Marmi, dove avevo tutti gli amici fiorentini della mia cricca, e
dove mia madre doveva passare ritualmente 15 giorni d'agosto! Erano
vacanze particolari, caratterizzate dai pochissimi soldi in tasca (mio
padre era un Ufficiale di Marina e quindi ho ricevuto un'educazione
austroungarica!), e dai tanti espedienti per insinuarsi nei locali della
Versilia. Quando alla faccia dei ragazzotti spidermuniti si riusciva a
rimorchiare una ragazza e magari te la portavi in una cabina nello
stabilimento balneare, la soddisfazione era molto maggiore rispetto a
quella che potevano provare riccastri annoiati e strafatti sulle loro
barchette in modesta compagnia di ancor più modeste ninfette in cerca di
una vacanza da ricchi, pagando un prezzo sopratutto morale!

Carissimo Oscar, ti ringrazio ancora per queste piacevoli spigolature
che mi hanno invitato a condividere qualcosa della mia esperienza!

Nella speranza che questo manicomio finisca, e sopratutto che la sua
salute sia ottima, malgrado la pandemia, ti abbraccio con affetto!

Paolo R.
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Grande Oscar! Ma come fai? Con l’eta’ invece di rincoglionirti, migliori? Sei magico!😍🎸
Ti voglio bene!
Franco
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Ciao Oscar, bellissimo racconto di vita vissuta, potrebbe essere la base di una sceneggiatura di un film tipo "Dolce Vita".
Ciao
Marco Valli
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Caro Oscar,
mi felicito anche io per la verve con la quale hai descritto un brandello degli anni '960 ! Eccellente.
Quando citi l'Avvocato "... il principio espresso da Gianni Agnelli secondo cui un gentiluomo non ammette mai di avere avuto una conoscenza intima con una signora". consentimi di aggiungere un suo detto, sentito con le mie orecchie a casa sua a Villar Perosa, quando a San Giovanni / 24 Giugno riceveva un centinaio di ospiti per celebrare il suo onomastico. Una giornalista lo intervistava in pubblico e gli chiese (era presente anche sua moglie Donna Marella, principessa Caracciolo), "ci dica Avvocato, lei e' un marito fedele ?" - l'Avvocato sorridendo rispose: "sono un marito devoto". Stile Gianni Agnelli, inimitabile ed inarrivabile.
Ciao,
Dario Seglie, Italy
PS: Si arrivava a Villa Agnelli seguendo un galateo non scritto ma osservato: solo auto FIAT; in quel periodo era cessata la produzione di fuoristrada FIAT, pertanto io e mia moglie Tere arrivavamo con una Land Rover decapottata, senza infrangere la regola del bon ton automobilistico.
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Bella vena narrativa. Gustoso spaccato di vita. Quando i ricordi ci fanno compagnia. Caro amico di penna 
Maria Rosaria P.
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Carissimo Oscar,
finalment e …..anche con dispiacere (che non ce ne fosse più…) ho finito il tuo bellissimo racconto che dovresti publicare in qualche rivista notevole e a livello internazionale, o tirarne fuori un libro, magari a racconti…
La storia e tutte le sue fioriture e’ bellissima…non ci rendiamo conto abbastanza di quanto interessante e varia sia stata la tua vita…!!! veramente unica e invidiabile… continua a darci altri stralci ed episodi cosi straordinari !!
Camilla mi ha chiamato apposta (e’ via da 3 mesi…) per dirmi quanto si fosse goduta con la sorellina..la tua incredibile storia,  sdraiate al sole di Long Island !!!
Veramente mi congratulo e mi compiaccio !!!
Grazie di farci parte della tua vita raccontandocela….ma veramente dovresti sfruttarti di più’  !!
Un abbraccione affettuoso
MLuisa M.
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L’ho letto molto divertente e pieno di immagini !

Grazie mille 
Maby
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Caro Oscar,
ho letto in inglese e riletto in italiano ancora oggi il tuo gustoso racconto
di quell’estate anni ’60 – azzeccatissimo il titolo – e la chiusa finale mi e'
piaciuta moltissimo, perche' hai trasformato il tuo racconto di allora in un
omaggio a Franca con la tua dedica finale, deliziosa e romantica!
Lucilla S. 
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Aldo Nicolosi





Caro Oscar,
Ancora una volta hai colpito. Il tuo è un amarcord da cinema d'autore. A mio avviso, il tuo peccato è stato lasciare quel mondo per l'industria. Amavo Fred Bongusto, che saltuariamente si esibiva nei night di grido nel mio scogliaccio natio, in Sicilia (La Giara di Taormina, Il Castello di Acicastello) e che con la Rotonda sul Mare ci permetteva di godere delle grazie delle ns. compagne di ballo, che si rilasciavano languidamente al suono dei suoi armoniosi accenti. Ti avrei certamente visto e sentito con la tua band se tu avessi continuato su questa strada per non percorrere quella più arida del manager d'industria. Sono sicuro che, incontrandoci, il destino ci avrebbe fatto abbracciare, così come è avvenuto nel lontano 1989, quando il tuo Capo IRI mi indirizzò a te per motivi d'ufficio e da lì ci siamo gemellati.
Il tuo scritto ci fa rivivere tempi andati, facendo riemergere un passato che ricordiamo con grande nostalgia e che soltanto chi lo ha vissuto può apprezzare. Adesso, "mala tempora currunt" ed "il naufragar c'è dolce in quel lontano mare".
Un abbraccio
Aldo 
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