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Daniele N. ci scrive dall'Italia a proposito del 'dubbio metodico'


"I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it" è una cosa che Voltaire non ha mai detto (a formulare questa frase è stata una sua biografa, Evelyn Beatrice Hall). Ed è sempre più spesso presa come giustificazione di un inqualificabile agnosticismo assiologico.

Il dubbio metodico, principio consistente sia con la libertà di pensiero sia con il processo della ricerca scientifica, implica che si vaglino tutte le opzioni e si tragga da ognuna di esse un insegnamento. Ma naturalmente dubbio metodico non significa proseguire incessantemente -nella prassi- a non prendere una decisione. Perché vivere nel mondo è agire nel mondo.

Popper enunciò con chiarezza un principio del tutto ovvio: "If we extend unlimited tolerance even to those who are intolerant, if we are not prepared to defend a tolerant society against the onslaught of the intolerant, then the tolerant will be destroyed, and tolerance with them".

La società deve difendersi. Non è pensabile che qualsiasi idea debba -ma nemmeno possa- essere rispettata allo stesso modo: ci sono idee che producono morte. Questo vale per gli antivaccinisti, per gli antisemiti, per i razzisti, per gli omofobi... in una parola per tutti coloro che direttamente o indirettamente impongono le loro scelte in nome di una fantasmatica libertà assoluta -facendone pagare le conseguenze a qualcun altro.

Se il "rispetto delle idee" fosse quello che propongono troppi ignoranti, i nostri nonni non avrebbero liberato l'Europa da Hitler, e i popoli dell'est non si sarebbero ribellati ai regimi comunisti. Le dittature nascono molto prima dell'azione fisica: nascono quando per ignavia si sceglie di non dire -basta!

Ma questa non è libertà, e nemmeno libertà di pensiero, e tanto meno liberalismo. 

È solamente vigliaccheria travestita.

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