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Ci scrivono dal Canada

Caro Bartoli,

Chiarire i termini: l’Italia presenta un tasso di natalità molto basso. Ne consegue che ha un gran bisogno di mano d’opera e che ne avrà ancora di più nel futuro. Lo stesso, del resto, avviene in tutti i paesi europei. Ma l’Italia è un paese un po’ particolare. Il tasso di disoccupazione, in alcune aree della penisola,  è molto alto. I giovani, al Sud, stentano a trovare lavoro. Inoltre le infrastrutture, nelle zone sottosviluppate del paese, sono carenti. L’italia, insomma, è nello stesso tempo primo mondo e un po’, in alcune aree, terzo mondo. Questo forse spiega certe contraddizioni. È comunque difficile negare che l’Italia abbia bisogno di gente che sia disposta a lavorare e a trasferirsi nelle zone dove c’è un urgente bisogno di manodopera. “l’Italia ha bisogno di immigrati”, è il responso di molti. Ed è difficile non essere d’accordo con loro. È altrettanto difficile però seguire la logica di chi conclude (come ha fatto nel passato lo stesso presidente della Repubblica): e allora perché prendersela con gli immigrati che giungono – aggiungo io:  illegalmente – ogni giorno dai Balcani, dal Nord Africa e da altrove, o che sbarcano giornalmente via mare e che vengono salvati in extremis, prima del naufragio, quando sono ancora sui loro natanti di fortuna? La logica vorrebbe che all’affermazione “l’Italia ha bisogno di immigrati” seguisse: allora l’Italia deve dotarsi di un politica di immigrazione degna di questo nome, con uffici all’estero, strutture e misure legislative appropriate, e così via”. L’Italia, in definitiva, dovrebbe dotarsi di una politica simile a quella messa in atto dai paesi nei quali sono emigrati tanti italiani nel passato. Non è una questione di lana caprina il dire che occorre stare attenti alla terminologia, ché altrimenti si rischia di fare una grande confusione. Come sta appunto succedendo. Nella patria del politichese e del burocratrese, è veramente strano che non si trovi l’equivalente di “immigrant reçu”, “landed immigrant”, “résident permanent”, “permanent resident”, e così via, per designare chi è in regola con lo status di “immigrante” o   “immigrato”. Inoltre, occorrerebbe ricorrere a termini distinti per designare chi approda sui lidi italiani clandestinamente, e chi invece, giuntovi dall’estero per lavorare, vi risiede legalmente. Chi vi giunge sulle carrette del mare è un “aspirante rifugiato”, o qualcosa di simile. Chi vi vive illegalmente, è  un “clandestino”, un “immigrato abusivo”, un “residente illegale”, un “extracomunitario non in regola”, e chi più ne ha più ne metta. Il voler chiamare “immigrato” chi ancora è in alto mare, e riesce appena a scorgere la spiaggia d’approdo, è veramente grottesco. Altrimenti, la proposta di Fini di dare il diritto di voto “agli immigrati”, vorrebbe dire che occorre dare il diritto di voto agli abusivi, ai clandestini, agli illegali. E chi sbarca clandestinamente sulle coste italiane potrà invocare, come ragione del suo approdo, il suo legittimo desiderio di esercitare il diritto di voto nel paese dei balocchi. La mentalità di un popolo portato all’abusivismo, alle scorciatoie, al facile pietismo, al disordine e all’improvvisazione, spiega l’incredibile “caos immigratorio” che affligge l’italia. Nessuna capacità di rigore, di ordine, di giustizia, nessun metodo, ma solo un gran parlare, dal presidente della repubblica in giù. Molti mass media e molti politici beatificano, istantaneamente, gli abusivi, come poveri cristi, senza che venga fatta una doverosa distinzione tra le categorie di “aspiranti alla residenza”, distinguendo anche  tra i paesi di origine degli aspiranti  “profughi”. Dopo tutto chi proviene dalla Tunisia non può dire di provenire da un gulag. Nessuno studio, nessuna ricerca sugli individui che affrontano questi viaggi, ma una beatificazione globale, istantanea. Il popolo che non sa fare la fila, accetta che anche gli altri non la facciano. Chi non ha il senso dell’ordine, accetta il disordine. Chi non ha il senso della solidarietà nazionale gode invece nel far sfoggio di un senso eccessivo – e teorico -  di solidarietà internazionale. Nel paese, regno dell’abusivismo, si è accettato, insomma, anche nel campo dell’immigrazione, il trionfo dell’abusivismo. 

Claudio Antonelli (Montréal)   

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al CANADESE

 

Prendeteli voi in Canada.
Qui prendono qualunque persona senza controllo.
Le prigioni albanesi si sono svuotate (costano) e dove sono finiti i deliquenti?? (in Italia)

Sicuramente dalle vostre parti gli controllate anche i denti prima di farli entrare.

giorgia.zunino@hsanmartino.it

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