Chissà come si vive,
cosa si pensa in un Paese che un quarto del mondo vorrebbe cancellare, in cui
le mamme non mandano mai due figli sullo stesso autobus, dove prendere
l'autobus (ma anche un aperitivo, o un caffè) è una scommessa col destino. In
un Paese così, facilmente ci si affida a chi promette di sfracellare gli
avversari, proprio come gli avversari farebbero (faranno?). E invece
servirebbero pazienza e saggezza millenarie, che pure non mancano, da una parte
e dall'altra, per dipanare una difficile, lunga trattativa, in cui ciascuno
dovrà rinunciare a qualcosa di importante, cui ha diritto, in nome del
bene superiore della pace e della convivenza pacifica e civile. Chissà di cosa
ci chiederà conto il Creatore, ma mi sento di escludere: il conto in banca e
quanta ragione avremo avuto. Forse, ci chiederà se le nostre mani sono sporche
di sangue. E perdonatemi se non riesco a distinguere un bambino morto
israeliano da un bambino morto palestinese.
"Pace" si dice quasi nello stesso modo in ebraico e in arabo, che
voglia dire qualcosa?
Pier Carlo Tesi
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