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48 a 40



22 ottobre, terzo dibattito televisivo a Boca Raton (la bocca del topo) città della Florida, un importante stato della Federazione meglio conosciuta da molti in vena di facezie come il ‘pene d’America’. Basta osservare la forma per rendersene conto.

Florida, cimitero degli elefanti, dove vanno a riscaldare le ossa centinaia di migliaia di anziani attratti dal clima quasi sempre mite. Stagione degli uragani a parte.

Florida che accoglie durante gli ‘spring breaks’ moltitudini di studenti da ogni angolo d’America, impegnati per sei giorni a fare sesso, drogarsi e ubriacarsi.

L’ultimo confronto televisivo tra Barack Obama e Mitt Romney si è concluso con la vittoria del Presidente per 48 a 40.

Obama è stato caustico, ricordando al governatore Romney le sue incongruenze, infilando nelle sue risposte battute fulminanti come quella che ha distrutto il piano di Romney di costruire nuove navi da guerra se eletto alla Casa Bianca.

Il mondo cambia e sostenere che la flotta americana ha la stessa consistenza degli anni sessanta è come dire che il numero dei cavalli e delle baionette è diminuito, ha detto Obama. Cambia il modo di fare la guerra e non si vede dove Romney riuscirebbe a trovare i soldi, visto che vuole ridurre il deficit.

Il governatore ha insistito con la sua tecnica di esposizione basata su un contintuo effluvio di parole, un costante rotolare verbale che nel primo dibattito aveva non poco disorientato Obama.

Quando Romney ha ricordato il viaggio di ‘scuse’ fatto da Obama nei paesi del Medio Oriente con esclusione di Istraele credeva di avere assestato al Presidente un colpo da maestro.

Ma Obama ha risposto ricordando che quel viaggio è stato fatto quando era candidato. Non ha mai pronunciato la parola’scuse’ o ‘spiacente’ e quanto a Israele ha preferito andarci da solo per rendersi conto della situazione e toccare con mano le sofferenze del popolo palestinese e le serie preoccupazioni di sopravvivenza degli siraeliani.

Mentre saltavamo da un canale all’altro per renderci conto dei commenti secondo le varie tendenze politiche, ci siamo imbattutti in una raffica di videoclip repubblicane ripetute decine di volte al giorno sui canali delle TV locali degli stati incerti.

Una in particolare ci rattrista: è quella nella quale un ex membro del corpo speciale SEAL accusa Obama di essersi ‘appropriato’ del successo dell’uccisione di Osama bin Laden che, secondo i finanziatori repubblicani del video, appartiene al popolo americano.

Penoso il comportamento di quel militare, penoso il tentativo di annullare un successo inutilmente rincorso da George W. Bush nonostante il suo ridicolo “Mission accomplished”.

Il presidente degli Stati Uniti è Commander in Chief. Sulle sue spalle va il peso delle decisioni finali ed anche, come successo a Carter, degli insuccessi. Ma in politica, lo ripetiamo, non si fanno prigionieri. Tutto va bene pur di  tentare di distruggere l’avversario. Il senatore John Kerry ne sa qualcosa.

E gli ‘adds’ negativi continuano a frullare sugli schermi televisivi dei swing states sino al 6 novembre nel tentativo di conquistare il voto degli incerti. I team dei due contendenti sono lanciati nell’investimento di centinaia di milioni di dollari nel rush finale, fatto di video clip, migliaia di telefonate, messaggi Internet, lettere personalizzate, annunci radiofonici, comizi.

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