Di Guido Colomba
I nodi vengono al pettine insieme al peggiorare della congiuntura. Con i crediti dubbi le banche italiane rischiano 23 miliardi. Il dilemma è se sia opportuno svalutare questi crediti in sofferenza anche per poter cedere il rischio a investitori specializzati e liberare così risorse per finanziare l'economia. Ma occorrono misure normative da parte del governo e del Parlamento. Ad esempio nel 1999 con la legge sulle cartolarizzazioni fu permesso alle banche di vendere i crediti in sofferenza spalmando le perdite in cinque esercizi. I bilanci diverrebbero più trasparenti poiché conterrebbero i crediti dubbi a valori corretti e non più sopravvalutati. L'impatto negativo sui bilanci sarebbe così attutito. E' anche vero che i fondi "avvoltoi" sono in agguato per comprare tali crediti dubbi ed assaltare le imprese in difficoltà. In Europa, in 18mesi, sono state cedute poste in sofferenza per quasi 63 miliardi. Un altra soluzione, già adottata negli anni '90 dalla Svezia e, due anni fa, dall'Irlanda, potrebbe essere la costituzione di una "bad bank". In effetti anche il governo spagnolo sta puntando su questa soluzione. In Italia, si verifica questo paradosso. Gli istituti hanno evitato di riempire i portafogli di titoli tossici ma, operando sul territorio, hanno registrato in cinque anni un peggioramento del 167% nei finanziamenti deteriorati saliti a 190 miliardi. Purtroppo, il tasso di copertura (cioè l'ammontare dei fondi messi a copertura del rischio) è sceso dal 50,7% al 39,3%. La prudenza è dunque diminuita. Se i crediti dubbi venissero portati ai valori di mercato (fair value) e accantonassero in bilancio quanto necessario, secondo la stima di Alix Partners, registrerebbero una perdita di 23 miliardi di euro. Le banche medio-piccole sono, in proporzione , le più esposte. Nel frattempo, il contributo dell'Italia tra precedenti salvataggi e capitale da versare cash al nuovo Fondo salva-Stati raggiungerà a fine anno la ragguardevole cifra di 63 miliardi di euro. Ancora una volta i passi in avanti per l'integrazione dell'Europa risultano asimmetrici rispetto al quadro bancario nazionale. (segue)
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