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BCE, controllo ferreo della Merkel


Guido Colomba

Mentre continua ad espandersi lo "shadow banking", il mercato finanziario non regolamentato (in Europa è quasi il doppio di tutti i depositi bancari) la Bce fa la parte della lumaca costretta ad andare pianissimo per il ferreo controllo di Berlino. Dal marzo del 2012 ha ridotto il proprio bilancio di circa mille miliardi, da 3000 a 2030, in pratica riducendo la base monetaria. Un autentico controsenso se confrontato con la crisi economica, la più grave dal 1929. Anche nell'ultima settimana vi è stato un calo di 22 miliardi, nonostante gli acquisti di covered bonds (appena 2,6 miliardi). Appare evidente che gli obiettivi annunciati da Draghi (piani di acquisto di covered bond e Abs oltre alle aste Tltro) rischiano l'insufficienza. Tra gli analisti serpeggia il pessimismo. Per Commerzbank vi è un gap potenziale di 775 miliardi rispetto all'obiettivo di mille miliardi annunciato da Draghi. Un autentico flop. La prima asta Tltro ha avuto scarso successo (83 miliardi sui 200 offerti). Per la seconda asta di Dicembre vi è una previsione di 100-120 miliardi. Fra l'altro queste due aste sono più concorrenziali per le banche richiedenti rispetto alla vendita alla Bce di cartolarizzazioni. In Europa il mercato è troppo piccolo per costituire una alternativa valida. Quanto alle obbligazioni bancarie, l'ammontare acquistabile sul secondario dall'Eurotower in base ai criteri fissati ammonta a 580 milioni tenuto conto che parte delle emissioni è tutt'ora custodita nelle casse dell'Eurotower (31,9 miliardi che risalgono al primo round di riacquisti di covered bond e 13, 5 miliardi raccolti nella seconda tornata). Come verranno ripartiti questi acquisti? Basandosi sulle quote detenute nel capitale della Bce (Germania 25,7%, Italia 17,6%, Francia 18,4%) oltre il 60% si concentrerebbe in tre paesi, lasciando le briciole agli altri. Secondo la Barclays si profilano "ulteriori inefficienze" sul mercato dei covered che già ha registrato un ridimensionamento della liquidità dal momento dell'annuncio di Mario Draghi nel luglio scorso. Ecco perchè è ricorrente nei mercati la speranza che la Bce adotti il QE, il quantitative easing, come ha fatto con successo la Federal Reserve (imitata da Bank of England e da Bank of Japan). Ma l'ossessivo richiamo della Merkel al rispetto degli impegni (fiscal compact) blocca tutto e rende sterili le stesse dichiarazioni di Draghi sul ricorso a "misure non convenzionali" per evitare la deflazione. Il mercato è divenuto scettico. Alla commemorazione di Federico Caffè, il presidente della Bce ha messo le mani avanti: "L'economia peggiora ma la politica espansiva non basta senza riforme strutturali (in primis quella del lavoro)". Si gira intorno al palo. Se le regole sono sbagliate bisogna cambiarle per ricreare un sano rapporto tra debito e sviluppo. Guardiamo i fondamentali. La Germania ha un debito pubblico di 2190 miliardi, la Francia 2147 miliardi (spesa pubblica al 56,4% del Pil), l'Italia 2220 miliardi. Sono cifre abbastanza contigue. Se poi le integriamo con la ricchezza privata netta delle famiglie (8600 miliardi pari a 5,6 volte il Pil), l'Italia risulta del tutto "affidabile e solvibile"per gli investitori esteri in ciò confortata dal recente giudizio di Moody's che ha motivato "l'outlook stabile" con il costante avanzo primario del bilancio e con gli sforzi del governo Renzi per le riforme. In merito, ricordiamo le parole di Tony Blair, all'inizio del secondo mandato: "Ritenevamo possibile separare le strutture dagli standard ovvero di poter mantenere i parametri del servizio pubblico e al contempo di poter trasformare profondamente gli esiti generati da quel sistema. Ci siamo resi conto di esserci sbagliati: senza cambiare le strutture, non si possono elevare gli standard, se non di pochissimo. Ed abbiamo ideato un nuovo modello per le riforme". Un messaggio valido anche per Matteo Renzi.