Guido Colomba
Jean-Claude
Juncker ha commesso il grave errore di difendere i burocrati di Bruxelles in
risposta alle critiche di Renzi. Con una aggravante: ha ripreso il metodo
Merkel-Sarkozy per screditare il premier italiano. Con uno scoop assai
opinabile, nella sua qualità di presidente della Commissione, ha citato i suoi
appunti sulle riunioni dei vertici europei per denunciare, senza nominare il
protagonista, una differenza tra le dichiarazioni rese da Renzi alla stampa e
quelle rese nelle riunioni dei capi di governo. Ciò rende ancor più
spettacolare, a conferma della crisi istituzionale europea, il silenzio verso la
Francia che ha sfidato l'Europa nell'annunciare preventivamente
che non rispetterà il livello del tre per cento Vi sono poi altri tre aspetti
che depongono a sfavore dei "burocrati" di Bruxelles e del ruolo
della Bce. Sul versante degli "stress test" è risultato evidente che
le banche del Centro-Nord Europa, infarcite di derivati assai pericolosi, sono
state favorite rispetto alle banche "mediterranee" che, erogando
credito, vengono punite in termini di maggiore capitalizzazione. Ciò non
diminuisce la responsabilità della Banca d'Italia nel non aver vigilato su
questi aspetti tecnici (ben noti da tre anni) lasciando trapelare un ottimismo
di facciata che è servito solo a favorire le sottoscrizioni di titoli di stato
da parte del sistema bancario nazionale. Per non parlare del fardello oscuro dei
"derivati" a carico del Tesoro (otto miliardi di pagamenti secondo il
Financial Times). Il secondo aspetto riguarda la richiesta retroattiva di
maggiori fondi per le spese europee anche all'Italia (oltre al Regno Unito e
altri paesi comunitari) quando il governo di Roma già contribuisce annualmente
per quasi 20 miliardi al bilancio Ue ed ha fornito ben 54 miliardi (aumentando
il debito pubblico) per il salvataggio di alcuni paesi europei come Irlanda,
Spagna, Portogallo, Grecia, Cipro. Però al governo di Roma è stato vietato di
pagare, senza aumentare lo stock del debito statale, i crediti arretrati delle
imprese verso la PA. Il
terzo punto riguarda gli acciai speciali di Terni (di proprietà di Thyssen
Group) dove i "burocrati" hanno compiuto il capolavoro, basandosi sui
dati del 2012, di vietare l'acquisto dell'acciaieria di Terni, Inoxum, da parte
della finlandese Outokumpu per il rischio di un possibile "cartello"
dei prezzi di vendita in presenza di una "posizione dominante". Risulta
evidente l'incapacità di Bruxelles di capire la grave crisi industriale che
attanaglia l'Europa (l'Italia ha perso un quarto della produzione) e la totale
indifferenza sul dramma dei 26 milioni di disoccupati europei. La miopia di
Bruxelles è tale che non ha tenuto in alcun conto il ruolo minoritario della
produzione europea di acciai speciali. Vi è una sovra-produzione mondiale e una
caduta della domanda aggravata dalla recessione. Una visione che fa il paio con
la decisione presa da Trichet, presidente della Bce prima di Draghi, quando
decise il 9 luglio 2008 di aumentare, anzichè diminuire, i tassi di interesse
al 4,25%. Nello stesso momento la
Fed avviava il più spettacolare (per risultati)
"quantitative easing" nella storia delle banche centrali. Non
sorprende che, secondo il premio Nobel Krugman, vi sia un problema di
superburocrati alla radice dei mali europei.