Alberto Pasolini Zanelli
Per Charlie Hébdo si continua a piangere, a indignarsi, a fremere. E a morire,
ultimi per ora quattro giovani in una città del remoto Niger, durante una dimostrazione
di protesta islamica. Altri sono scesi nelle strade in Pakistan, in Giordania,
in Algeria. Severe reazioni sono venute da governi, imam, giornali dall’Arabia
Saudita fondamentalista alla “laica” Turchia di Erdogan. Non condannano i
terroristi assassini ma i colleghi delle vittime, i redattori superstiti di
quella rivista satirica che ha già pagato col sangue e che è colpevole, di aver
messo in copertina una straordinaria
frase di riconciliazione (“Tutto è perdonato”) ma dietro la testa di Maometto
con una lacrimetta all’occhio . Una caricatura nobile e sconsolata ma ancora
una caricatura, un ritratto, la violazione di un tabù. Una “provocazione” per
chi è solidale con i perpetratori..
Che reagiscano così non è una
sorpresa. Meno scontato è il tono delle voci che vengono dalla parte opposta,
da una grossa fetta dell’opinione pubblica occidentale. Dietro la solidarietà di
tre quarti del mondo alla Francia e a Charlie,
spunta la richiesta affannosa di reazioni di forza che dovrebbero “dare
l’esempio” e prevenire altri gesti criminosi; giri di vite, inasprimenti della
censura nel quadro delle leggi contro gli “incitamenti all’odio”. Certe
espressioni vanno proibite perché inumane (ed è vero) ma anche perché sono
provocatorie e possono indurre a reazioni. A tali gesti si dovrebbe “reagire”
con la censura alle parole (e ai disegni).
È un paradosso, sotto molti
aspetti. Fra l’altro essa segnala una voglia più o meno espressa di avvicinare
la legislazione e la prassi europee a quelle messe in moto quattordici anni fa mentre
ancora bruciavano le rovine delle Torri Gemelle, sotto il nome di Patriot Act, che
dilatò i poteri della censura e fornì una base legale alle reazioni di vario
tipo che l’emergenza pareva dettare, dalle guerre in Afghanistan e poi in Irak all’estensione
dei poteri della Cia e di altri organismi di autodifesa preventiva. Inaugurate
da Guantanamo ma con radici ben più profonde. Oggi sappiamo che alcune misure
furono efficaci ma che tante altre, troppo, sono state e sono controproducenti.
L’esempio più noto è Guantanamo, che fornì ai predicatori di odio pretesti per
aizzare la sete di vendetta, gettò nelle loro braccia reclute sempre nuove e più
cieche, ad arruolarle in imprese efferate come quelle su cui si basa il sogno
torbido del Califfato. Pochissimi in America vi si opposero, fra cui un giovane
senatore di nome Barack Obama, che scelse subito una posizione impopolare in
nome dei principii ma anche della prudenza politica. L’Europa si tenne allora
il più possibile distante. Oggi metà degli americani la pensa in questo come il
presidente, come lui riconosce che le avventure afghana e irachena furono un
errore. Da presidente Obama promise subito di chiudere Guantanamo, ma finora
non ci è riuscito, anche se ha fatto scarcerare gran parte dei detenuti
innocenti del tutto e ultimamente ha accelerato i tempi del mantenere quella
promessa. I recenti tragici sviluppi in Europa potrebbero oggi rendergli ancora
più difficile, mantenere quella promessa, in questo momento meno popolare. Un
ostacolo in più potrebbero diventare gli alleati europei in stato di choc, con
iniziative quali l’inasprimento dei controlli sui passaporti, che verrebbero a far
decadere quel protocollo di Schengen che costituisce finora il passo più
significativo nella costruzione dell’Europa. Si avverte (e si comprende) la
tentazione di promulgare una versione
europea del Patriot Act, con tutti i suoi rischi, che e’ toccato a Obama
ricordare agli alleati. Per esempio che la legislazione europea contiene già, a
differenza di quella americana precedente all’11 settembre, gli strumenti
necessari e non sussiste pertanto l’urgenza di ricorrere a misure che incrinino
le garanzie fondamentali delle libertà che caratterizza l’Occidente e la sua
superiorità anche morale. Se gli estremisti islamici aggrediscono questi nostri
valori fondamentali, dobbiamo stare attenti a non facilitarne il compito collaborando
paradossalmente a metterli in pericolo. Sono un prodotto di quella libertà che
dovrebbe essere per noi un valore assoluto. Il nostro Corano. Il Corano della
libertà.