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Le distorsioni Ue e il rischio di una bolla
Guido Colomba
Non è solo questione di uomini sbagliati nel posto sbagliato. "Tax day" e "quantitative easing": ecco le due distorsioni dell'economia sostenibile ma anche le due distorsioni del welfare state sia italiano che europeo. La fuga dai fondi obbligazionari (-233 miliardi di dollari già nel 2013, riscatti da inizio anno a 12 miliardi, deflusso record, oltre 22 miliardi, dalla Cina) e la recente impennata dei tassi sono il più eloquente esempio di questa situazione nella quale la crisi greca rappresenta la palude decisionale che paralizza l'Europa artefice, con gli Usa e i Brics, delle crescenti "ineguaglianze" (come le definisce Hillary Clinton) che affliggono il mondo. Purtroppo, c'è da rottamare l'intera gestione del pensiero economico. Finora si è cercato solo di guadagnare tempo. Ma la cambiale sta scadendo e la politica degli annunci non basta più come dimostra la fine penosa del piano Juncker. La risalita dei tassi può diventare una trappola mortale (lo spread italiano è già tornato sopra quota 150 basis points). Ed anche la stagione politica di Angela Merkel rischia l'eclissi. L'attacco al bund della scorsa settimana è stato devastante. I mercati hanno colpito il bersaglio grosso, altro che Grecia. Era evidente che con i tassi a zero ad aprile, risultava inefficace la stessa azione (QE) della Bce con l'aggravante di avere reso illiquido il mercato secondario dei bonds. A tal punto che chi voleva vendere obbligazioni prima della scadenza si è trovato in questi ultimi giorni con spread fino a 100 punti base tra denaro e lettera. Solo l'estrema determinazione (ma fino a quando?) delle banche centrali ha impedito lo scoppio di una "bolla" di grandi dimensioni. Pochi si sono accorti che il QE attribuisce alle singole banche centrali nazionali il rischio degli acquisti di titoli sovrani sul secondario. Il rischio reale della Bce è di un misero 8,4%. La Fed ha perso la pazienza specie nel clima di "primarie" presidenziali per la Casa Bianca. Tutte le pressioni su Berlino degli ultimi tre anni non hanno avuto l'effetto sperato. Anzi, la Bce, per colpa del freno imposto dalla Merkel, ha sbagliato il timing entrando in collisione con l'obiettivo della Yellen di riportare il costo del denaro a livelli più consoni per un ciclo economico espansivo. Di fatto, con il 2015, è in corso una guerra delle valute dagli esiti molto incerti. Alcuni paesi Brics (tra cui la Russia) ne hanno approfittato per vendere più facilmente sull'estero. Ma l'esperienza degli anni passati dimostra che le svalutazioni competitive possono diventare molto rischiose sul piano interno. Sul lato strettamente europeo, consumi e investimenti assumono una portata decisiva per risalire la china: questo implica un nuovo trattato europeo (come auspica Cameron) e l'azzeramento dei vertici. In questo quadro di incertezze, sotto scacco si trova la politica economica italiana per il duplice effetto negativo che avrebbe un rialzo dei tassi tedeschi in presenza di un deficit pubblico in costante ascesa (a maggio, ha sfiorato i 2200 miliardi di euro) a tutto danno dei tax payers italiani. L'imminente nuovo ruolo (ne ha parlato l'economista Giavazzi) previsto per la ricca Cassa Depositi e Prestiti, nonostante i buoni risultati ottenuti, va probabilmente letto in questa chiave. Il governo cerca una "copertura" più finanziaria in vista di tempi decisamente non facili.