Due paradossi. Il debito che Stati e imprese hanno contratto in tutto il mondo ha raggiunto la cifra record di 230 mila miliardi di dollari. Se i tassi aumentano c'è il rischio di un travaso dall'equity ai bond con una conseguente forte correzione. Dunque, il QE (stimolo monetario) delle banche centrali è entrato in una fase molto fluida ed i mercati traggono le conseguenze. Il segnale è arrivato venerdì scorso con il ribasso di tutte le borse. Il secondo paradosso riguarda Amazon che, da sola, ha messo a punto una manovra da 68 miliardi di dollari (di cui 38 miliardi di tasse sui 252 miliardi che detiene all'estero) oltre ad un programma di investimenti per 350 miliardi nei prossimi cinque anni con la creazione di 20mila posti di lavoro (il tasso di disoccupazione negli Usa è sceso al minimo storico del 4,8% ma c'è il problema del lavoro precario sottopagato). Al tempo stesso, il tasso di risparmio è diminuito al 2,4%, ai livelli del 2005, cui si contrappone il debito al consumo delle famiglie Usa ai massimi storici. Cosa significa tutto ciò? La retorica della crescita contrapposta alla inflazione ha creato molte zone d'ombra. Il fatto più significativo é il ritorno da protagonista della politica industriale. E' quello che sta facendo Trump per rilanciare investimenti e occupazione. L'Europa e l'Italia sono chiaramente in ritardo. "Dimentichiamoci della curva di Phillips - afferma Ray Dallo capo del fondo hedge Bridgewater - la tecnologia sta cambiando totalmente la relazione tra crescita e inflazione". Il mondo è stravolto dalla rivoluzione digitale. Non a caso anche il Fmi comincia a ridurre l'enfasi sul ciclo valorizzando i parametri della qualità. I dubbi degli economisti sul target del 2% di inflazione sono divenuti pervasivi. Meglio più inflazione che rischiare una nuova crisi del debito. Tuttavia, il quadro previsionale può essere alterato da una improvvida guerra delle valute. Guardiamo i dati mensili della Bri (Banca dei Regolamenti Internazionali) scegliendo come "starting point" l'ottobre 2016, vigilia delle elezioni americane. In effetti il dollaro risulta indebolito del 3% mentre l'euro si è apprezzato di altrettanto a conferma di una sostanziale intesa tra Fed e Bce con ciò ridimensionando a livello di "fake news" l'idea di un euro forte. Allargando l'orizzonte, vediamo che
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Il doppio paradosso
Guido Colomba
Due paradossi. Il debito che Stati e imprese hanno contratto in tutto il mondo ha raggiunto la cifra record di 230 mila miliardi di dollari. Se i tassi aumentano c'è il rischio di un travaso dall'equity ai bond con una conseguente forte correzione. Dunque, il QE (stimolo monetario) delle banche centrali è entrato in una fase molto fluida ed i mercati traggono le conseguenze. Il segnale è arrivato venerdì scorso con il ribasso di tutte le borse. Il secondo paradosso riguarda Amazon che, da sola, ha messo a punto una manovra da 68 miliardi di dollari (di cui 38 miliardi di tasse sui 252 miliardi che detiene all'estero) oltre ad un programma di investimenti per 350 miliardi nei prossimi cinque anni con la creazione di 20mila posti di lavoro (il tasso di disoccupazione negli Usa è sceso al minimo storico del 4,8% ma c'è il problema del lavoro precario sottopagato). Al tempo stesso, il tasso di risparmio è diminuito al 2,4%, ai livelli del 2005, cui si contrappone il debito al consumo delle famiglie Usa ai massimi storici. Cosa significa tutto ciò? La retorica della crescita contrapposta alla inflazione ha creato molte zone d'ombra. Il fatto più significativo é il ritorno da protagonista della politica industriale. E' quello che sta facendo Trump per rilanciare investimenti e occupazione. L'Europa e l'Italia sono chiaramente in ritardo. "Dimentichiamoci della curva di Phillips - afferma Ray Dallo capo del fondo hedge Bridgewater - la tecnologia sta cambiando totalmente la relazione tra crescita e inflazione". Il mondo è stravolto dalla rivoluzione digitale. Non a caso anche il Fmi comincia a ridurre l'enfasi sul ciclo valorizzando i parametri della qualità. I dubbi degli economisti sul target del 2% di inflazione sono divenuti pervasivi. Meglio più inflazione che rischiare una nuova crisi del debito. Tuttavia, il quadro previsionale può essere alterato da una improvvida guerra delle valute. Guardiamo i dati mensili della Bri (Banca dei Regolamenti Internazionali) scegliendo come "starting point" l'ottobre 2016, vigilia delle elezioni americane. In effetti il dollaro risulta indebolito del 3% mentre l'euro si è apprezzato di altrettanto a conferma di una sostanziale intesa tra Fed e Bce con ciò ridimensionando a livello di "fake news" l'idea di un euro forte. Allargando l'orizzonte, vediamo chela Cina
ha rivalutato in dieci anni di quasi il 40% andando incontro alle richieste
della Fed. Fa eccezione lo yen che ha effettuato una forte svalutazione
ottenendo un netto miglioramento dell'economia. Sono le ragioni di scambio a
dare il concetto di cambio effettivo confrontando tutte le valute rispetto agli
scambi reali. Dunque, al momento su questo fronte non vi sono motivi di
allarme. Resta il problema dei bitcoin. Il Mef ha mandato in consultazione
pubblica lo schema di decreto per censire gli operatori delle valute blochchain
estendendo l'iscrizione obbligatoria anche per gli esercenti che le accettano
in pagamento. C'è allarme presso le banche centrali. Eppure, anche le Sgr
bancarie usano la blockchain per adeguarsi alle dinamiche di mercato
(rendimenti e Mifid2). In pratica, la rivoluzone digitale blochchain sta
spingendo il settore del risparmio gestito verso una trasformazione dei modelli
distributivi. In taluni casi è in corso una lotta darwiniana per la
sopravvivenza.
Due paradossi. Il debito che Stati e imprese hanno contratto in tutto il mondo ha raggiunto la cifra record di 230 mila miliardi di dollari. Se i tassi aumentano c'è il rischio di un travaso dall'equity ai bond con una conseguente forte correzione. Dunque, il QE (stimolo monetario) delle banche centrali è entrato in una fase molto fluida ed i mercati traggono le conseguenze. Il segnale è arrivato venerdì scorso con il ribasso di tutte le borse. Il secondo paradosso riguarda Amazon che, da sola, ha messo a punto una manovra da 68 miliardi di dollari (di cui 38 miliardi di tasse sui 252 miliardi che detiene all'estero) oltre ad un programma di investimenti per 350 miliardi nei prossimi cinque anni con la creazione di 20mila posti di lavoro (il tasso di disoccupazione negli Usa è sceso al minimo storico del 4,8% ma c'è il problema del lavoro precario sottopagato). Al tempo stesso, il tasso di risparmio è diminuito al 2,4%, ai livelli del 2005, cui si contrappone il debito al consumo delle famiglie Usa ai massimi storici. Cosa significa tutto ciò? La retorica della crescita contrapposta alla inflazione ha creato molte zone d'ombra. Il fatto più significativo é il ritorno da protagonista della politica industriale. E' quello che sta facendo Trump per rilanciare investimenti e occupazione. L'Europa e l'Italia sono chiaramente in ritardo. "Dimentichiamoci della curva di Phillips - afferma Ray Dallo capo del fondo hedge Bridgewater - la tecnologia sta cambiando totalmente la relazione tra crescita e inflazione". Il mondo è stravolto dalla rivoluzione digitale. Non a caso anche il Fmi comincia a ridurre l'enfasi sul ciclo valorizzando i parametri della qualità. I dubbi degli economisti sul target del 2% di inflazione sono divenuti pervasivi. Meglio più inflazione che rischiare una nuova crisi del debito. Tuttavia, il quadro previsionale può essere alterato da una improvvida guerra delle valute. Guardiamo i dati mensili della Bri (Banca dei Regolamenti Internazionali) scegliendo come "starting point" l'ottobre 2016, vigilia delle elezioni americane. In effetti il dollaro risulta indebolito del 3% mentre l'euro si è apprezzato di altrettanto a conferma di una sostanziale intesa tra Fed e Bce con ciò ridimensionando a livello di "fake news" l'idea di un euro forte. Allargando l'orizzonte, vediamo che