Alberto Pasolini Zanelli
La Gran Bretagna è stata la prima
tappa di quello che anche così si può e quasi si deve chiamare il tour
d’Europe. Non è andato alla ricerca di vittorie almeno parziali, ma lo aveva
preannunciato in chiare lettere: è venuto a spiegare agli europei quello che
non gli piace, che è quasi tutto, a cominciare dalla Nato. Non è stata la prima
volta per lui, ma soprattutto è stata la prima della storia di un’alleanza che
è stata la più necessaria e la più vittoriosa degli ultimi secoli. Da qualche
tempo gli europei, o almeno alcuni di loro, hanno cominciato a rispondere per
le rime, riuscendo però soprattutto a inasprire ulteriormente il suo
linguaggio, che ha toccato un vertice, almeno nella sostanza, quando l’uomo
della Casa Bianca ha detto che per lui è più facile (e quindi più gradevole)
incontrarsi con Putin che non con i propri alleati.
Ha cominciato a farlo a tappe, che
così si sente meglio. Debutto in quella che dovrebbe essere e di solito è
l’alleata più fedele, anche per le solitamente strette relazioni economiche.
Non oggi: l’uomo di Washington si è comportato nel Regno Unito come se cercasse
motivi di polemica. Agli inglesi ha ribadito il proprio rimprovero su almeno
due argomenti: il saldo commerciale e le indecisioni e le oscillazioni nei
confronti della Brexit. Trump ha accusato la signora May di debolezza e
indecisione (non sono parole carine, ma neanche segni di debolezza: egli ha
osato rivolgere critiche molto simili a un ascoltatore molto più temibile,
Angela Merkel). Non solo, ma ha chiaramente espresso il desiderio che la premier
si dimetta e venga sostituita da uno dei suoi rivali, Boris Johnson, che si è
appena dimesso in segno di protesta.
Non ci sono molti precedenti per
questi toni, ma neanche per la chiaramente espressa maggiore simpatia per il
leader del blocco militare avverso che per i propri alleati. Trump domani si
incontrerà con Putin nella capitale di un Paese formalmente neutrale come la
Finlandia, trascurando per una volta le altre nazioni baltiche, che sono le più
fervide anti Mosca di tutta l’Europa. Gli ha risposto indirettamente, una volta
di più, il presidente del Consiglio d’Europa, il polacco Donald Tusk: “Cara
America, apprezza i tuoi alleati. Dopo tutto non ne hai molti altri”. “Be’, non
ne abbiamo tanti – ha polemizzato il presidente americano – ma ciò che
avvantaggia l’Unione europea non sempre è nell’interesse dell’Occidente. Stare
con voi nella Nato ci costa 151 miliardi di dollari ogni anno”.
È ripartita subito una frecciata
polemica da Londra: “A Trump piacciono i deboli. Li annusa subito quando ne
incontra uno, così come sente subito l’odore dei forti”. È un accenno anche a
Johnson, che sulla Brexit e sui rapporti con l’Europa aveva oscillato parecchio
e adesso pare ne stia incassando il premio rubando il pur scomodo “trono” alla
signora May, che ha cercato sempre di evitare la rottura ma finora senza troppo
successo, nonostante le critiche crescenti anche da Washington. Ma ormai i
rapporti fra i due Paesi “fratelli” sono critici, per la prima volta nella
storia della Nato, cui la Gran Bretagna ha sempre offerto il contributo
militare più realistico e immediato e che adesso deve rassegnarsi al ruolo, per
lei particolarmente sgradito, di Paese leader dell’opposizione interna.
Appoggiato soprattutto dalla Germania, la cui Dama Forte è impaniata a sua
volta con l’opposizione interna al suo partito, soprattutto per le
contraddizioni riguardanti il problema degli immigranti extraeuropei. Inglesi e
tedeschi, ma anche i francesi e quasi tutti gli altri, avevano fatto propria la
dura reazione di Washington e di Londra sulla riannessione della Crimea alla
Russia, ciò che oggi Trump invece dimostra di essere ben disposto ad accettare,
con i primi passi verso il riconoscimento.
C’è ancora chi è al lavoro per
riaccostare i due fraterni alleati di sempre. Il visitatore americano è
invitato stasera a una cena di gala al Blenhim Palace con la regina e il suo
sposo. Il giorno dopo una colazione dove usava vivere Winston Churchill.
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