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Due condizioni per evitare il declino dell’Europa


Due condizioni per evitare il declino della UE
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 10 marzo 2019
Con l’avvicinarsi della campagna elettorale si cominciano a presentare le piattaforme e i programmi dei leader e dei partiti. La più autorevole visione sul futuro dell’Europa è stata espressa nei giorni scorsi dal presidente francese Macron con un messaggio pubblicato su molti tra i principali quotidiani europei.
Un messaggio che esordisce elencando i grandi successi storici dell’Unione Europea e prosegue poi con proposte concrete, alcune delle quali degne di attenta considerazione perché destinate a cambiare la futura politica europea. Alla serie di suggerimenti viene attribuito il solenne ed evocativo nome di “Rinascimento”.
Tra le proposte concrete il presidente francese pone la riforma della disciplina dell’emigrazione, con la costituzione di una  polizia comune di frontiera, alla quale si dovrebbero accompagnare regole condivise sull’asilo e sull’accoglienza. A questo aggiunge la costituzione di un’agenzia europea per la protezione della democrazia, garante, tra l’altro, del divieto ai partiti politici dei paesi dell’Unione di accettare finanziamenti da parte di potenze straniere.
Seguono infine le proposte sul potenziamento della difesa, su una nuova politica ambientale, su una maggiore protezione sociale e su una intensificata cooperazione nel campo scientifico e industriale.
Non certamente nuova ma degna di attenzione, per l’autorevolezza della fonte da cui proviene, è l’affermazione che questa complessa agenda può essere portata avanti dalla totalità dei paesi europei solo in alcuni settori mentre in altri, come le migrazioni, esistono interessi e obiettivi troppo divergenti. Il futuro vedrà quindi i paesi europei procedere a velocità diverse. Vi saranno sempre più spesso progetti comuni a tutti paesi e altri condivisi solo da alcuni di questi (come nel caso dell’Euro).
Nel messaggio di Macron mancano naturalmente le proposte che, pur essenziali per il futuro dell’Europa, non potevano essere messe in agenda in quanto contrarie alle posizioni tedesche. Questo riguarda soprattutto il campo dell’economia, dove le spinte francesi in direzione di una politica fiscale condivisa e dell’istituzione di un unico ministro responsabile della politica economica sono state negli scorsi mesi regolarmente ignorate da parte germanica.
Quello che è stato scritto dal Presidente francese e, soprattutto quello che non è stato scritto, ribadisce e accentua la volontà di procedere verso una politica europea comune ma mette chiaramente in rilievo che tutto questo può essere messo in atto solo nel caso di una stretta cooperazione fra Francia e Germania. Cooperazione rinnovata e ribadita dal recente vertice di Acquisgrana. Un’intesa dalla quale, diversamente da quanto avveniva in passato in queste situazioni, l’Italia è totalmente estranea, con conseguenze certamente negative riguardo al nostro futuro potere nelle istituzioni europee e negli accordi di cooperazione che verranno conclusi nei prossimi anni fra i diversi paesi dell’Unione.
Lasciando da parte l’indebolimento del ruolo dell’Italia, dobbiamo chiederci quali dovranno essere le condizioni politiche necessarie per mettere in atto i progressi prospettati da Macron.
  • La prima condizione, che mi sembra essere nella natura delle cose, è che i partiti filo europei, pur nell’inevitabile ascesa dei movimenti sovranisti, riescano a mantenere la maggioranza nel futuro Parlamento europeo.
  • La seconda, ma fondamentale condizione, è che le responsabilità più elevate nelle istituzioni europee vengano affidate a personalità forti e rappresentative e non siano un premio di consolazione per politici che non hanno avuto fortuna in patria. Questo vale soprattutto per la presidenza della Commissione, del Parlamento, del Consiglio europeo e della Banca Centrale Europea, dove la sostituzione di Mario Draghi, pur non essendo strettamente condizionata dalle elezioni europee, sarà un elemento di estrema importanza per il nostro futuro.
La necessità di avere persone forti e rappresentative ai vertici dell’Unione emerge chiaramente dalle evoluzioni della politica mondiale. Nei mesi scorsi vi sono stati infatti troppi segnali che Stati Uniti e Russia vedono nell’Europa non un alleato ma un concorrente da frammentare, allo scopo di indebolirlo nella sfida dei futuri mercati e della futura politica. Da parte sua, la Cina, organizzando un rapporto più stretto con i paesi dell’Est-Europa (il così detto 16+1) ha di fatto messo in atto una politica del “divide et impera”.  Insomma tra i potenti del mondo si preferisce un’Europa debole.
È evidente che, in queste situazioni, una personalità come quella di Angela Merkel sarebbe ben più autorevole nel trattare con Putin e Trump rispetto a un ignoto politico nazionale.
Per tutti questi motivi dobbiamo accogliere con evidente favore le proposte del Presidente Macron ma dobbiamo nel contempo sottolineare che il “Rinascimento” da lui auspicato non può certo fondarsi sulle debolezze di cui l’Unione Europea ha dato prova negli ultimi tempi.