Il governo difenda gli interessi italiani nell’accordo FCA-Peugeot
Articolo di Romano Prodi su Il Messaggero del 3 novembre 2019
Poiché la fusione fra FCA (Fiat-Chrysler) e PSA (Peugeot) non solo è destinata a formare il quarto gruppo mondiale tra i costruttori di automobile, ma coinvolge la quasi totalità dell’industria automobilistica italiana, conviene metterne in luce le motivazioni e le possibili conseguenze.
Si tratta infatti di un’operazione complessa, che potremmo assimilare a un matrimonio di necessità, di riparazione e di convenienza.
Prima di tutto un matrimonio di necessità perché il rapido mutamento tecnologico nel settore dell’automotive e i conseguenti ingenti investimenti richiedono dimensioni di impresa nettamente superiori a quelle che i due gruppi separati possedevano.
Si tratta inoltre di un matrimonio che nei tempi passati si sarebbe definito di riparazione perché la FCA che, con la guida di Marchionne, aveva compiuto miracoli sotto l’aspetto della gestione finanziaria e degli accordi societari, è invece rimasta nettamente distanziata dai suoi concorrenti nel campo dell’innovazione e della ricerca. E’ stata perfino costretta a spendere centinaia di milioni di dollari per comprare, per i prossimi tre anni, i così detti crediti verdi dalla Tesla, dato che il tasso di inquinamento medio delle vetture prodotte da FCA è superiore alle severe regole imposte dall’Unione Europea.
Si tratta infine di un matrimonio di convenienza perché gli azionisti di FCA, oltre che ad entrare in una compagine maggiormente capace di competere nei mercati del futuro, riceveranno un dividendo straordinario di 5,5 miliardi di Euro. Dividendo di cui, all’azionista di maggioranza, (l’Exor di proprietà degli eredi della famiglia Agnelli) spetteranno 1,6 miliardi di Euro.
Come la gran parte dei matrimoni anche questo è stato il frutto di un lungo amore, collaudato da una positiva esperienza di collaborazione nella Sevel, un’impresa comune che, con stabilimenti nel Nord della Francia e in Abruzzo, è tra i leader indiscussi nella produzione dei veicoli commerciali leggeri.
E come per ogni matrimonio occorre tuttavia analizzare quali sono i patti stabiliti fra i coniugi e le conseguenze di questi patti sulla loro vita futura.
In primo luogo, a differenza di quanto stabiliscono gli articoli del nostro codice civile, non vi è parità fra i coniugi. PSA nominerà infatti sei consiglieri, tra i quali il validissimo capo azienda, mentre solo cinque saranno i consiglieri della FCA, compreso il Presidente.
L’azionista maggiore sarà l’Exor ma avrà di fronte, come attori determinanti nelle decisioni, la famiglia Peugeot e, soprattutto, il governo francese.
Tenuto conto che le condizioni finanziarie e tecnologiche di partenza erano assai sbilanciate a favore del gruppo francese, possiamo riconoscere che gli interessi dell’azionista italiano sono stati difesi nel modo migliore, come ha peraltro dimostrato il vistoso balzo in alto delle azioni Exor.
Resta ora da riflettere su come saranno in futuro protetti gli interessi dell’Italia: non solo degli stabilimenti e dei lavoratori della FCA, ma anche delle centinaia di imprese produttrici di componenti disseminate in tutto il nostro paese.
Il calo della quota di mercato della produzione nazionale della FCA è stato infatti vistoso e continuo, tanto che i nostri impianti funzionano a poco più della metà della loro capacità produttiva, anche se il nostro costo del lavoro è diventato concorrenziale ed ora nettamente inferiore non solo a quello tedesco, ma anche a quello francese.
Il Primo Ministro francese ha tuttavia messo le mani avanti, affrettandosi a dichiarare che la difesa dei posti di lavoro e degli impianti industriali resterà la priorità del suo governo. Il tutto accompagnato dall’avvertimento che lo Stato francese si farà cura di sorvegliare non solo sul mantenimento delle fabbriche nazionali e sulla “governance” della nuova impresa, ma anche sulla messa in atto della filiera francese di produzione delle batterie le quali, com’è noto, costituiscono il motore delle auto elettriche.
Per mia lunga e diretta esperienza, sono ben cosciente che il governo oltralpino manterrà le sue promesse perché ha una ferrea tradizione in materia e, più di ogni altro governo europeo, opera con ogni mezzo in difesa degli interessi nazionali. Costituisce infatti un evento assolutamente eccezionale che a una multinazionale francese sia permesso di sacrificare gli impianti domestici anche se, con questo, dovrà affrontare rischi e costi aggiuntivi, come si è visto nel recente rapporto fra Fincantieri e Chantiers de l’Atlantique.
Ci troviamo quindi dinnanzi ad un problema estremamente serio: da un lato si va costruendo un’impresa che sarà molto probabilmente più competitiva della somma delle due aziende che in essa confluiscono ma, dall’altro, siamo di fronte a un’asimmetria di potere non solo all’interno del nuovo Consiglio di Amministrazione, ma anche nei rapporti di forza fra gli azionisti. Con un governo dal riconosciuto potere di intervento si confronterà infatti un’azienda che ha portato fuori dall’Italia tutti i centri decisionali e la grande parte delle strutture di ricerca che prima aveva nel nostro paese.
Il compito del governo italiano di garantire che i nostri legittimi interessi siano salvaguardati, con le stesse regole e con la stessa forza con cui sono salvaguardati gli interessi francesi, si presenta quindi come un obiettivo non certo semplice da raggiungere. Occorre mettersi subito all’opera con realismo, ma anche con grande impegno.