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Ma che c'importa, ma che ce frega...


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Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera ha scritto un lungo articolo che ridotto in soldoni sostiene che gli italiani sono un popolo incolto, privo di senso civico, affetto da diffusa violenza, ultimo nella classifica tra i paesi europei quanto a consapevolezza del vivere in una democrazia.

Le riflessioni del noto professore-giornalista sono in larghissima parte condivisibili.

Durante le nostre peregrinazioni in Italia che si prolungano per diverse settimane siamo testimoni dell'imbarbarimento crescente nella vita quotidiana del Bel Paese.

Credevamo che la volgarità diffusa nel linguaggio, il mancato rispetto delle più elementari regole di educazione civica, l'incontenibile voglia di fare del male ovvero la cifra del traffico fossero tutte qualificazioni del comportamento di quelli che vivono a Roma e che in larga parte romani non sono.

Ma girando per altre regioni, isole maggiori e centri abitati ci è capitato di registrare con sorpresa la diffusione della stessa cattiveria romana, anche se espressa in contenuti e livelli più limitati.

Gli italiani sembra che vivano per mangiare. Gran parte della socialità si condensa intorno ai tavoli complice anche e soprattutto la bontà del cibo che ha connotazioni diverse a distanza di poche decine di chilometri.

Il noto stornello romanesco sembra essere l'inno nazionale per eccellenza.

Facile quindi, come per l'acuto critico del Corriere della Sera, sostenere che "è tutto sbagliato tutto da rifare".

Che l'Italia sia affetta da una pesante e accentuata involuzione del costume, che sia sempre più evidente l'aumento dell'insoddisfazione generalizzata a fronte delle istituzioni che non funzionano, della difficoltà nel tirare avanti, del cicaleccio continuo dei politici nei loro pollai televisivi, ebbene: tutto questo è palpabile.

Ma le generalizzazioni peccano sempre per eccesso di generalità.

Quello che si percepisce immediatamente vivendo a Roma e in altre aree contaminate dalla romanità, e' che si tratta di schiume, spesso maleodoranti.

Queste schiume mettono a repentaglio la consistenza del tessuto connettivo sociale che nella sua struttura fondamentale è fatto di gente con sani principi morali, un alto concetto della famiglia nella quale ci si rintana per fuggire alla pubblica dissoluzione del bene comune.

Insomma, l'Italia non è quella del traffico, quella dei talk show televisivi e radiofonici, quella dei parolacciai di professione, quella dell'inconsistenza dei governanti, quella delle tante mancate promesse, quella di coloro che vogliono spaccare tutto ma non sanno e non vogliono darsi da fare per costruire qualcosa di buono.

C'è una stragrande maggioranza dei 60 milioni di italiani  fatta di gente perbene che si fa il mazzo ogni giorno per portare a casa un po' di soldi, ci sono milioni di donne che non hanno per modello di comportamento le centinaia di sgallettate dei rotocalchi pronte a tutto e costantemente sculettanti per vendere la propria merce. Quelle donne sono l'ossatura della cellula familiare così come lo sono state le loro madri e le loro nonne. Ci sono pensionati che devono vivere con meno di 500 euro al mese.

E poi ci siamo noi, noi italiani residenti all'estero, siamo alcuni milioni.

Ci siamo fiondati in altre nazioni, ci siamo rimboccati le maniche e come i nostri antenati migranti spesso abbiamo dovuto lottare contro l'ostracismo degli indigeni che non volevano accettare la nostra presenza nei loro paesi.

Siccome siamo intelligenti siamo riusciti a costruire un presente ed un futuro per le nostre famiglie.

Non solo facendo pizze (il nostro amico Joe Farruggio con il suo 'il Canale' ha creato una miniera d'oro a cielo aperto).

Ma come medici, sfuggendo alle baronie italiche, siamo riusciti a farci ammirare e apprezzare nonostante la giovane età conquistando in molti casi il primato di importanti dipartimenti ospedalieri.

Ci riuniamo nelle nostre chiese e nelle nostre Case Italiane (a Washington proprio di fronte allo FBI).

Promuoviamo la nostra stupenda lingua nazionale con iniziative con il sigillo dell'ambasciata ma soprattutto con la consapevolezza di essere parte di un patrimonio culturale e artistico che non ha l'eguale nel mondo e godiamo di questo primato che leggiamo negli occhi di chi ci guarda con ammirazione.

Noi italiani all'estero abbiamo dimostrato e stiamo dimostrando intelligenza, grande capacità di adattamento, gusto per l'innovazione, rifiuto della fossilizzazione culturale che impone ad altri di essere bravi solo nella loro limitata fettina professionale.

Noi italiani all'estero che adoriamo la nostra patria d'origine nonostante che spesso per ottenerne un certificato ci vediamo costretti a indicibili calvari mentre nel paese che ci ospita il cittadino normale è considerato persona di serie A e non di serie C.

Noi italiani all'estero impegnati ad insegnare ai nostri figli e nipoti e pronipoti che i numerosi, importanti uomini politici che hanno un cognome italico sono i discendenti di quegli analfabeti che si imbarcarono su piroscafi vetusti per andare a sfidare universi sconosciuti.

Noi italiani all'estero siamo stati preceduti da milioni di altri connazionali che venivano considerati "negri bianchi", perché pur di sopravvivere accettavano di essere pagati meno degli ex schiavi.

E, com'è successo qui negli Stati Uniti, siamo stati linciati da coloro che avevano timore della nostra capacità di adattamento, della nostra forza nel sopportare fatica, drammi familiari, incomprensione.

Ecco perché forse non è azzardato chiedere agli italiani d'Italia di prendere esempio dagli italiani all'estero per cercare di rimettere in carreggiata una nazione abitata da troppi disillusi che non riescono a trovare motivazioni ed energia sufficienti per far tornare la nostra Patria un protagonista a livello mondiale.

Oscar
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Bravo! Sottoscrivo
Luca Mantovani
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Caro Oscar,

Mia nipote ha un figlio 20enne che frequenta il primo  o secondo anno d'università. Questo adorabile ragazzo, come la più parte dei giovani che vivono bene (perchè supportati dai genitori) e che non hanno aspirazioni di futuro (nel presente hanno smartphone, auto, soldi per happy_hour, concerti, viaggi  ed altro) è iscritto alla facoltà di giurisprudenza (perchè obbligato ad andare all'università dai genitori). Ebbene, poichè studia poco o nulla, rimbrottato dai genitori ha risposto:" MA CHE SIGNIFICATO HA STUDIARE E FATICARE, QUANDO VEDIAMO CHE PER FARE I MINISTRI DEL NS. PARLAMENTO ED AVERE SUCCESSO BASTA ANCHE UNA LICENZA MEDIA!".

La logica è ineccepibile! Perchè faticare se agganciandosi ad un social network, una piattaforma Rousseau  si può raggiungere il successo?

Se, come disse Tom Antongini: PER UNA DONNA AVERE UN BEL SENO E' MEGLIO DI UNA LAUREA", adesso per le nuove generazioni essere un INFLUENCER è meglio di una qualunque laurea sudata (comunque, qui da noi stanno anche istituendo il corso di laurea per tale specialità).

Il risultato è che la filosofia delle ns. nuove generazioni è pressochè inconfutabile e purtroppo tanti emigrano.

Galli Della Loggia è un profeta in patria.

Un abbraccio

Aldo (Milano)
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Caro Oscar
Condivido tutto il tuo articolo….Bravo..!!
Saluti

Michele
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Caro Oscar,
parole sante! 
Ma che dolore vedere in quali condizioni è finita l’Italia! E non solo!
Marco Amadei
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Ahimè caro amico, dopo anni e anni di olgiettine in Tv e ora di Paapetesse e Paapetessi innamorati dell’ignoranza della Lega e, altri, della facilità con cui da Stewart di stadio si può passare a dirigere il Ministero degli Esteri (!), davvero l’urbanità dei modi, la cultura e la democrazia - che sono pre-requisiti di civiltà e anche  la prima forma di liberalismo - sembrano essere diventati valori e obiettivi lontani.
Resistere, resistere, resistere, qui e ovunque siamo come italiani, puntando tutto sui nipoti. E partendo, innanzitutto, dalla scuola!
Cordiali saluti,
Sandro
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Ti Ringrazio Vivamente,auspico che il tuo grido di risveglio trovi uno spiraglio d’orgoglio in chi si è arreso in Patria 🇮🇹 .
Ti Abbraccio 

Massimiliano Mion
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Caro Oscar,
mio figlio  Matteo, che vive e lavora in Spagna, continua a insistere perchè  anche io lasci  questa  nostra Italia , purtroppo in mano  ad una classe poltiica che ricorre  solo alla  demagogia, al populismo, alla ricerca continua di un consenso elettorale. Ma io non mollo: gli Italiani che amano la propria Patria non devono mollare e i tanti Italiani sparsi per il Mondo, devono portare alto il nome Italia . Penso al  Vico ed ai suoi corsi e ricorsi storici  e quindi , come dicono a Napoli, "ha da passà a nuttata".
Ti abbraccio con affetto fraterno
Alessandro Antonelli
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Dire che condivido tutto sarebbe riduttivo. Bravo Oscar

Maurizio 
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Un articolo fantastico che condivido in pieno. Duccio Bari (Siena)

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Caro Oscar 

non ci conosciamo ma sono nato e cresciuto a Firenze che ho lasciato da oltre 50 anni e di questi anni una buona parte vissuta fuori della nostra bella Italia.

Dopo New York e Londra da molti anni vivo a Ginevra (dove abita anche mia figlia, suo marito e i miei due nipoti) 

Ho letto con interesse il tuo articolo che condivido in pieno. Ho da poco superato gli 80 e durante la mia recentissima visita a Firenze ho visto cose che avrei preferito non vedere nella più bella città del mondo.

Grazie per gli articoli sul tuo blog.

Un abbraccio “fiorentino « 

Carlo C.
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