Analisi comunicativa del discorso di Papa
Francesco
di Gianpiero
Gamaleri
Un discorso a braccio che, trascritto, è di 1440 caratteri, ma
che è stato soprattutto un eccezionale evento di comunicazione: questo è l’atto
che ha aperto il pontificato di Papa Francesco. Un atto breve ma insieme così
ricco, articolato e complesso da anticipare in sé il contenuto di un intero
pontificato. Questo, naturalmente, lo verificheremo tra qualche anno. Ma già da
ora dobbiamo capire meglio, ancora colpiti ma meno emozionati, passaggio dopo
passaggio, il messaggio che ci è stato trasmesso e la scintilla che è scoccata
tra il popolo e il suo pastore.
Ripercorriamolo insieme, parola per parola, ricordando anche i
gesti che lo hanno accompagnato.
«Fratelli e sorelle buonasera».
Questo è il saluto
che nessuno dei presenti in piazza San Pietro oppure alla televisione e alla
radio potrà dimenticare. Una voce pacata, sommessa ma ferma, accompagnata da un
gesto misurato: un leggero cenno di saluto con la mano destra. Un augurio
profondo, fatto col cuore. Ricorda una battuta del film di De Sica e Zavattini
“Miracolo a Milano”, che conclude con queste parole il salto verso il cielo dei
poveri che spiccano il volo cavalcando il manici delle scope degli spazzini di
piazza del Duomo: “Verrà un giorno in cui buongiorno vorrà veramente dire buongiorno”,
cioè l’augurio di
cuore che sia una vera bella giornata, piena di felicità, per chi incontriamo e
non solo un saluto a tirar via.
«Voi sapete
che il dovere del Conclave è di dare un Vescovo a Roma. Sembra che i miei
fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo. Ma siamo
qui...
»: un’eco della frase di Wojtyla
“sono venuto da un paese lontano”, ma ora c’è l’Oceano di mezzo ed una nazione
dall’altra parte dei pianeta, anche se popolata da tante persone di origine
italiana, come lo stesso Papa.
«Vi ringrazio
dell’accoglienza, alla comunità diocesana di Roma, al suo Vescovo, grazie. E
prima di tutto vorrei fare una preghiera per il nostro Vescovo emerito
Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perché il Signore lo benedica e
la Madonna lo custodisca». Per la prima volta dopo sette secoli il
Papa può pregare per il suo predecessore. Un’altra novità di eccezionale
rilievo che a suo modo rinforza il senso di collegialità della Chiesa, come una
famiglia in cui resta un padre o un fratello maggiore.
Quindi fa recitare il Padre nostro, l’Ave Maria e il Gloria. Anche questo gesto, non ancora della benedizione, ma della preghiera comune, fatta con tutto il popolo della piazza, è un elemento di novità che valorizza la comunione del pastore con i fedeli.
«E adesso incominciamo questo cammino, Vescovo e popolo, Vescovo e popolo, questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità a tutte le chiese. Un cammino di fratellanza, di amore e di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi, l’uno per l’altro, preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa che oggi incominciamo - mi aiuterà il mio cardinale vicario qui presente - sia fruttuoso per la evangelizzazione di questa sempre bella città...»
Quindi fa recitare il Padre nostro, l’Ave Maria e il Gloria. Anche questo gesto, non ancora della benedizione, ma della preghiera comune, fatta con tutto il popolo della piazza, è un elemento di novità che valorizza la comunione del pastore con i fedeli.
«E adesso incominciamo questo cammino, Vescovo e popolo, Vescovo e popolo, questo cammino della Chiesa di Roma, che è quella che presiede nella carità a tutte le chiese. Un cammino di fratellanza, di amore e di fiducia tra noi. Preghiamo sempre per noi, l’uno per l’altro, preghiamo per tutto il mondo, perché ci sia una grande fratellanza. Vi auguro che questo cammino di Chiesa che oggi incominciamo - mi aiuterà il mio cardinale vicario qui presente - sia fruttuoso per la evangelizzazione di questa sempre bella città...»
Vescovo e popolo ripetuto due volte crea un legame di
grandissima intensità. Indica che il Papa come pastore universale lo è in forza
del fatto di essere vescovo di Roma, la Chiesa che presiede nella carità a
tutte le Chiese. Papa Francesco interpreta la sua elezione come la nomina a
capo della diocesi, tanto da sottolineare la presenza al suo fianco del
Cardinale vicario, quello cioè che lo aiuterà nei rapporti con le parrocchie.
Questa impostazione ci dà un grande senso di vicinanza: un’autorità planetaria
sì, ma che passa attraverso il cammino di fratellanza – questa parola ricorrerà
due volte, ottenendo anche l’apprezzamento dei francesi che tanto l’amano in
ricordo della loro rivoluzione – di amore e di fiducia tra noi. Parole di
autentica speranza in questo momento di crisi soprattutto del mondo
occidentale.
«Adesso vorrei dare la benedizione, ma
prima vi chiedo un favore. Prima che il Vescovo benedica il popolo io vi chiedo
che voi pregate il Signore perché mi benedica: la preghiera del popolo
chiedendo la benedizione per il suo Vescovo. Facciamo in silenzio questa
preghiera di voi su di me».
Tutti abbiamo percepito la profondità di quel silenzio della
piazza. Più di centomila persone immerse in un’atmosfera di preghiera, di
riflessione, di intimità. E il Papa che si inchina, come a ricevere una nuova
investitura, dopo quella del conclave. Dopo la scelta fatta dai “fratelli
cardinali”, la conferma, per così dire, del popolo. Non per acclamazione ma
attraverso il filo misterioso della preghiera. Due volte, e non a caso, ricorre
nel suo discorso la parola “accoglienza”.
«Adesso darò la benedizione a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e donne di buona volontà», ha proseguito, impartendo la benedizione in latino e concedendo l’indulgenza plenaria. «Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto, ci vediamo presto. Domani voglio andare a pregare la Madonna perché custodisca tutta Roma. Buona notte e buon riposo».
«Adesso darò la benedizione a voi e a tutto il mondo, a tutti gli uomini e donne di buona volontà», ha proseguito, impartendo la benedizione in latino e concedendo l’indulgenza plenaria. «Grazie tante dell’accoglienza. Pregate per me e a presto, ci vediamo presto. Domani voglio andare a pregare la Madonna perché custodisca tutta Roma. Buona notte e buon riposo».
E queste sono le parole conclusive di un dialogo attraverso cui
la gente, in pochi minuti, ha già avuto modo di cogliere la semplicità di Papa
Francesco, che finisce raccontando, come uno di casa, che cosa farà il giorno
dopo.
Un’ultima parola sulla sua figura così com’è apparsa sulla
loggia delle benedizioni attraverso l’occhio delle telecamere del Centro
Televisivo Vaticano che ancora una volta ci ha offerto immagini
indimenticabili, emozionanti per i contemporanei e destinate alla storia.
Ciò che ha colpito è stata la pacatezza di Bergoglio e la
padronanza della situazione pur nell’intensità del momento. Non è facile per
nessuna rimanere esposto alla vista di una tale folla senza compiere gesti,
senza inviare saluti con le mani. Papa Francesco sapeva che in quei momenti
doveva “farsi contemplare” e così ha fatto con un’eccezionale compostezza.
Qualche domenica fa il vangelo richiamava l’episodio della trasfigurazione di
Cristo, apparso ai tre apostoli sul monte così bianco da emanare luce. Il Papa
sembrava emanare luce, anche attraverso la scelta della talare bianca senza la
macchia di colore della stola rossa. E ha saputo sostenere quest’impatto con
una tranquillità che sono un uomo dotato di un eccezionale carisma di
comunicazione può sostenere. Un avvio più significativo e promettente non ci si
poteva aspettare.
Un avvio che prosegue e si combina già con la semplicità
dimostrata nella prima uscita dal Vaticano per andare a pregare in visita
privata la Madonna in Santa Maria Maggiore. Di mattino presto gli alunni di una
scuola l’hanno sorpreso e salutato festosamente (vedrete quanto piacerà ai
giovani questo Papa!), i giornalisti sono stati dribblati attraverso una porta
laterale. Ma sabato li riceverà nella Sala Nervi per ringraziarli della loro
presenza a Roma e del lavoro di informazione che hanno svolto.