“2048”
di Gorge Orwell
(e Alessandro Petti)
Nel 1949 il grande scrittore inglese George
Orwell pubblicava quello che è considerato uno dei più grandi romanzi di
fantascienza mai scritti: “1984” . Con il quale dava
un’immagine avveniristica, terrificante ma plausibile, di un futuro prossimo
(l’anno 1984, 35 anni cioè dopo la data in cui l’aveva scritto), anno in cui il
potere si concentra in un solo vertice politico – il Partito interno – alla
guida del quale c’è “il Grande Fratello”. Onnisciente e infallibile, nessuno
può contattarlo, ma solo ascoltarlo attraverso altoparlanti o vedere riprodotto
il suo volto in enormi manifesti ovunque affissi. Sotto di lui la gran massa
dei sudditi, controllata da una rete di telecamere. Un Ministero della Verità
ha il compito di censurare giornali e libri non in linea con la politica
ufficiale, di alterare la storia e di ridurre le possibilità di espressione.
Chi ha letto questo straordinario romanzo
profetico di un futuro possibile, o ha almeno visto il bel film tratto dal
libro, sa come poi è andata a finire.
Immaginiamo ora che Orwell sia ancora vivo e
che, anziché scrivere quel romanzo nel 1949, lo scriva invece oggi, nel 2013. Come
racconterebbe la società futura di qui a 35 anni, quella cioè del 2048?
Si baserebbe innanzitutto, come fanno tutti
gli scrittori, su delle fonti precise e su dei dati storici, prima di
avventurarsi con la fantasia e l’intuizione in una previsione del mondo del futuro.
Farebbe poi un lavoro critico di osservazione e di analisi, esattamente come
aveva fatto prima di scrivere “1984” ,
negli anni Quaranta: che furono infatti gli anni del nazismo, del fascismo e
dello stalinismo, totalitarismi verso
i cui metodi Orwell aveva nutrito una profonda e viscerale avversione, dedicandovi
un altro grande romanzo, “La fattoria degli animali”.
Proviamo allora a considerare i dati storici,
politici e anche di cronaca di cui lo scrittore inglese potrebbe avvalersi oggi
per poter costruire questa immagine avveniristica della nostra società prossima
ventura. E immaginiamo che decida di prendere spunto proprio dall’Italia, che
in fondo – Orwell è colto, lo sa - è stata nel mondo culla di civiltà!
Bene, immaginiamo dunque che Orwell arrivi
nell’Italia di oggi, di questi giorni, e che abbia potuto anche assistere alla nostra
campagna elettorale e post-elettorale, ascoltando le dichiarazioni e le
proposte di ‘società desiderata’ avanzate dai suoi protagonisti.
Dato per scontato che da bravo anglosassone,
formato sul senso di responsabilità e sul rispetto degli altri, sarebbe
inorridito di fronte a certi toni e linguaggi, egli avrebbe comunque preso nota
sul suo taccuino di tutte le dichiarazioni, in tema di futuro, ritenute più
utili e strategiche per la costruzione del suo romanzo. Soffermandosi molto
probabilmente - è facile prevederlo, sappiamo ormai come la pensava - su quelle
rilasciate dal più pericoloso e anche ‘pittoresco’ – è pur sempre un inglese! -
dei contendenti al governo del nostro Paese, quelle di Mr Grillo.
Fatta la tara sulle grandi differenze tra quei
terribili anni Quaranta e i giorni in cui viviamo, il nostro scrittore non
potrebbe non trarre spunto, per raccontare l’orrore di una totalizzante società
mediatica del futuro, dal progetto da questi indicato di puntare a nuove
elezioni politiche per ottenere il 100% del consenso, la totalità dei voti degli elettori, e così governare incontrastato
attraverso una rete!
Per quanto Orwell questa l’avrebbe
considerata a very big gullibility (una vera grande minchiata), l’avrebbe però certamente
appuntata. Così come l’idea di questo Leader - notizia di cronaca che non gli
sarebbe sfuggita - di organizzare il
‘primo giorno di scuola’, pardon, di Parlamento dei suoi adepti, con una marcia
su Roma: partendo da un raduno nei pressi del Colosseo per poi sfilare tutti
insieme fino a Montecitorio!
Una società in cui un Partito unico, pardon,
un ‘Movimento unico’, controlla i sudditi, anzichè via radio, altoparlanti e
manifesti – erano gli strumenti di allora, del 1949 -, attraverso il web, la nuova potentissima moderna telecamera a una via - perché il Capo del
‘Movimento’ non ammette dissenso, pena l’espulsione dei sudditi - attraverso la
quale Egli esprime il verbo!
Quanto al Ministero della Verità, l’incarico,
o meglio il ruolo nel romanzo, non avrebbe potuto darlo che all’ispiratore del ‘Movimento’
stesso di Mr Grillo: Mr Casaleggio, vate della ‘democrazia di rete’ che avrà
fatto seguito - dopo nuove plebiscitariamente stravinte elezioni – alla
democrazia rappresentativa e al Parlamento
(così chiamato proprio perché vi si sarebbe dovuto dibattere).
Insomma, ecco servito, dopo il “Grande
Fratello” di “1984” ,
il “Grande Grillo” di “2048” .
Come se non fossero bastati all’Italia, in sequenza,
20 anni di Fascismo, poi 50 anni di Democrazia Cristiana (penso soprattutto ad
Andreotti) e infine gli altri quasi 20 anni della Repubblichina di Arcore.
Per fortuna che Orwell ha immaginato in “1984” che nel Ministero della
Verità lavori Winston Smith, che è il
personaggio principale del romanzo, il quale pur tenuto sotto controllo da
telecamere – e perfino torturato - comincia a condurre un’esistenza ispirata a
principi opposti a quelli del regime, opponendosi a ciò che di più il “Grande
Grillo”, pardon, il “Grande Fratello” vuole: avere per sé il cuore e l’anima di
ogni suddito prima di metterlo a morte.
Alessandro Petti