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Post-Mondiali di calcio GERMANIA NON “ÜBER ALLES” (il vero prossimo Campionato europeo)



di Alessandro Petti
Nel 2008 – come ha ricordato in una recente seduta del Parlamento Matteo Renzi - Germania e Francia chiesero ed ottennero dalla Commissione Europea di poter sforare il terribile e ormai famoso tetto del 3%  nel rapporto deficit/PIL, cioè di poter non rispettare, per un certo periodo di riassestamento dei propri conti, i ferrei vincoli posti dall’AUSTERITA’.
La quale AUSTERITA’, per fare un esempio di che cosa comporti oggi per l’Italia, impone alle nostre Regioni ed ai nostri Ministeri di NON pagare, pur disponendo di liquidità, le fatture emesse da migliaia di imprese che per loro hanno effettuato lavori e che proprio in conseguenza di ciò sono costrette prima a licenziare e poi a chiudere. Ciò perché la somma di questi pagamenti andrebbe ad aumentare inevitabilmente  il debito italiano, superando il vincolo comunitario del 3%.

Nessuno fino ad oggi, neppure Renzi, è ancora riuscito bene a spiegare all’attuale padrona dell’Unione e della Commissione Europea – che è la Germania della Merkel – che, se questi pagamenti fossero effettuati e se una serie di importanti investimenti a favore dello sviluppo e per la realizzazione di opere pubbliche fossero fatti, si andrebbe certo al 3,5/4% di debito; ma la gente non verrebbe licenziata, le aziende non chiuderebbero e, con i nuovi investimenti in opere di interesse generale, si creerebbe automaticamente nuova occupazione.  Quindi il nostro sforamento non produrrebbe “più crisi”, ma al contrario “più ricchezza”.
E ciò per un motivo chiarissimo e semplicissimo:  perché AUSTERITA’  e  SVILUPPO  non sono assolutamente compatibili, bensì sono inconciliabili e, se si persegue una di esse, non può che essere a discapito dell’altra, come le crisi produttive greca, portoghese, spagnola e italiana hanno con evidenza dimostrato. O si persegue l’austerità e si perpetua invariabilmente la crisi, come stiamo vedendo, o si persegue lo sviluppo e si genera la ricchezza.
Come si può, insomma, chiedere a quasi un intero continente – tranne praticamente  la sola Germania -  di fare riforme, affrontare la crisi economica e sociale, avviare lo sviluppo e pagare pure il debito, tutto insieme!?

Bisogna peraltro dire che se poi con i fondi a noi concessi, anziché investire per la realizzazione di grandi opere (come ad es il Mose a Venezia), ci realizziamo ville per politici e ci rimpinguiamo i conti bancari di un gruppo di mascalzoni, nessuno potrà ragionevolmente credere alla volontà dell’Italia di voltare finalmente pagina.

Riprendendo il filo del discorso, uno dei principali nodi da sciogliere per tornare come Paese a crescere è dunque quello di una Germania posizionata attualmente troppo “über alles” (sopra tutti gli altri), cioè di un suo strapotere su tutti gli altri paesi dell’Unione Europea, che i grandi meriti industriali e di virtù dei suoi cittadini tuttavia non possono interamente giustificare.
“In Germania l’area del populismo e del nazionalismo è ricoperta dalla Merkel, che li interpreta entrambi. La difesa degli interessi nazionali tedeschi ha stroncato sul nascere qualsiasi possibilità di movimento interno anti-europeista , ma ha anche acceso i populismi in tutti gli altri Paesi. A Bruxelles negli ultimi anni ha comandato solo un Paese, la Germania, che si è permessa perfino di dare lezioni di morale inaccettabili”,ha detto Romano Prodi, non quindi un estremista, in una bella intervista a ‘Repubblica’ del 24 maggio us.

La crisi in corso non è genericamente colpa dell’Europa e dell’euro, ma al contrario di “troppo poca e cattiva Europa” e di una politica esclusivamente monetaria, liberista e di solo pareggio di bilancio: che ha consentito ad un singolo paese, la Germania, di imporre a tutti gli altri paesi una politica volutamente recessiva che l’ha favorita a danno degli altri, con un enorme “surplus commerciale”: cosa anch’essa vietata  dai regolamenti comunitari,  ma della quale i nostri  amici tedeschi se ne sono fregati e se ne fregano. Anzi, sia chiaro: cosa della quale noi altri europei abbiamo consentito ai nostri amici tedeschi di fregarsene. 
“E’ un equilibrio del terrore”, ha scritto sul ‘Sole24ore’ del 17 giugno us, l’economista Jean-Paul Fitoussi, “e se un Paese si dichiara contro la politica tedesca, il suo spread immediatamente aumenta…”.

Un altro economista molto “indipendente”, Paolo Savona, ha scritto l’1 aprile us sul ‘Foglio’:”Una cosa si deve considerare ormai chiara: l’Europa non verrà fatta dagli ‘europeisti’, quelli della costruzione a piccoli passi e del ‘costi quel che costi’. Anzi è più probabile che siano essi a smontarla pezzo per pezzo facendole perdere consenso. L’Europa che sopravviverà alle istituzioni e alle politiche in essere e a quelle previste, come il Fiscal Compact , resterà una costruzione elitistica e sostanzialmente antidemocratica che susciterà reazioni da parte del popolo comunque sovrano. La storia ci insegna che l’adesione popolare non sempre si esprime in direzione liberaldemocratica, ma anche l’affermarsi di una deriva negativa non ha lunga vita. Prima o poi esplode”.
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Soltanto, allora, un’offensiva politica comune e forte messa in atto da parte di tutti i paesi della UE - e innanzitutto da Italia (che presiederà con Renzi il prossimo Semestre europeo), Francia e Spagna, accomunati dagli stessi problemi - potrà contenere lo strapotere che non solo si è concessa di prendersi la Germania, ma che le abbiamo concesso di prendersi.

Per essere credibili come Paese, dovremo però saperci comportare ancora bene, in modo maturo, come abbiamo fatto e mostrato di fronte a tutta l’altra Europa nelle ultime elezioni europee.  E saper soprattutto resistere, dopo il “berlusconismo”, al “grillismo”, cioè all’eccesso populista degli odi e delle pulsioni, al “partito unico dei cittadini” che, attraverso qualche centinaio o migliaio di voti (non controllabili nè certificati da una autorità esterna e terza), vuole eleggere “via twitter” deputati e senatori, nonché dettare dei Si o dei No su questioni politiche di interesse generale senza passare per il Parlamento (ovvero senza dibatterne come prescritto dalle regole della democrazia nei luoghi a ciò deputati): una follia. Come quella – spero a tempo – che, dopo la figlia di Berlusconi, minaccia di portare sul palcoscenico anche il figlio di Casaleggio, l’inseparabile partner di Grillo: come se già non ci bastassero i due pittoreschi genitori.

Ma, prima di tutto, bitte, Deutschland non ”über alles”, ma “wie alle” (la Germania, come tutti gli altri). Danke!


                                                                                                                                    Alessandro Petti