di Guido Colomba
L'arresto del sindaco di Venezia testimonia, una volta
di più, non solo un costume corruttivo a macchia d'olio (sono coinvolti un pò
tutti) ma spiega il continuo crescere del debito pubblico (proposta: mettiamo un
orologio "volontario" davanti alla Camera che misuri ogni minuto questa
crescita?). Ecco perchè la battaglia alla burocrazia e la eliminazione delle
ottomila società possedute (o partecipate) dagli Enti locali sono i due punti
irrinunciabili per il governo Renzi. Basti pensare che le misure varate due anni
fa per l'edilizia scolastica sono ancora ferme per i due terzi (la Corte dei Conti ha dato
parere positivo pochi giorni fa). Le misure economiche del precedente governo
Letta sono ferme al 28%. Ma anche sul fronte bancario le cose non vanno meglio.
Non si comprendono le parole del governatore Visco secondo il quale vi è un
"contributo operativo e di consulenza" della Banca d'Italia. Di certo non si
percepisce alcuna testimonianza pratica. Anzi, il "credit crunch" consentito da
Bce e Banca d'Italia (in assonanza con l'asse Roma-Francoforte), ha penalizzato
le banche italiane tanto che il "premio al rischio" sulle azioni era arrivato
fino al 14% e solo ora (2014) si è ridotto al 6,3% in linea con la media
europea. A cascata le imprese hanno perso il 24% del fatturato. L'Istat precisa
che nella fascia dei giovani fino a 25 anni, la disoccupazione è salita al 46%
(ma nel Sud siamo sopra il 60%). Un esempio di come prevalga una perversa gara
burocratica per rendere le nostre banche ed imprese meno competitive rispetto
all'Europa punendo l'occupazione nonostante una pressione fiscale di tipo
svedese al 44,1% (per il 25% delle imprese la perdita coincide con le imposte).
In merito basta ricordare l'azione discriminatoria dell'Eba (guidata da Enria ex
Bankitalia) nel valutare i titoli di stato posseduti dalle banche italiane al
prezzo di mercato mentre alle banche olandesi e tedesche, piene di prodotti
derivati tossici (Deutsche Bank guida la classifica), non veniva applicato il
"mark to market". Alla vigilia del semestre europeo affidato all'Italia sarà
bene che su questi punti si eserciti una drastica revisione della "governance".
Solo così si difende e si rilancia l'Europa. A Matteo Renzi e al suo team va
dato atto di avere le idee molto chiare sulla lotta alla burocrazia europea ed
italiana. Del resto, già pochi mesi fa, Dario Nardella (ora sindaco di Firenze)
e Carlo Cottarelli (spending review) affrontarono l'argomento in un workshop a
Roma. Fu in quella sede che nacque l'obiettivo di varare leggi autosufficienti
senza quei decreti attuativi che danno un crescente potere di veto ai
superburocrati dello Stato. I decreti attuativi di fatto violano la Costituzione poichè
impediscono al ramo legislativo di esercitare i propri poteri privando i
cittadini di un diritto fondamentale della democrazia. Come mai la Consulta non è intervenuta
pur in presenza di diversi articoli violati della Costituzione? Altro punto
dolente è il pasticcio creato con il dividendo del 5% deciso dalla Banca
d'Italia sul capitale rivalutato. In pratica si sono spesi (devoluti) 350
milioni di euro in più, rispetto all'anno precedente, in aggiunta al regalo del
capitale rivalutato per 7,5 miliardi di euro. Fra l'altro, dopo sei mesi, nessun
investitore si è fatto avanti; per ora resta una partita di giro. Salvo voci
isolate, pochissimi giornali hanno dato evidenza a questa brutta storia. Per
capire cosa sta accadendo, alla vigilia delle decisioni della Bce per
fronteggiare la "crisi da deflazione", è sufficiente constatare che il
presidente della Bce, Mario Draghi, è stato costretto a fare sponda con
la Banca
d'Inghilterra per legittimare il finanziamento bancario delle Pmi cui fa capo
l'80 % dell'occupazione.
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