Guido Colomba
La guerra delle valute è in fase di
stallo. Finora ha vinto la Fed
che ha dimostrato di poter deprezzare il dollaro a sua discrezione. Con due
risultati rilevanti: (a) ha neutralizzato sia la
Bce che la
Banca del Giappone, (b) ha mantenuto un'aspettativa di rialzo
dei tassi entro giugno. Al termine di questo primo round del 2016, i mercati
mostrano una volatilità in discesa che si riflette sui futures. Per il
petrolio Wti l'indicazione di acquisto è scesa dal 62% all'8%. Stessa sorte
per l'oro (8%). Resiste, nel campo delle commodities agricole, la soia con
una indicazione di acquisto al 96%. Come mai il superbazooka della Bce,
annunciato il 10 marzo, non ha ottenuto i risultati sperati? Bisogna partire
dal tasso effettivo dell'euro: nei confronti dei 28 Paesi con i quali l'euro
registra gli scambi maggiori, il cambio ponderato riflette una rivalutazione
del 4,8%, cioè un apprezzamento che danneggia l'export europeo. Proprio
mentre l'effetto deflattivo accentua la difficoltà dei consumi interni. Vi è
poi la dimensione quantitativa della bolla finanziaria mondiale. La liquidità
in circolazione è tale che le manovre incrociate (guerra delle valute) delle
banche centrali, non solo tendono ad annullarsi ma richiedono interventi
molto più massicci. Se l'obiettivo della Bce era quello di raggiungere un
rapporti di cambio paritario con il dollaro, allora il piano di acquisti (80
miliardi al mese) dovrebbe salire a 4500 miliardi di euro. In pratica 2700
miliardi in più rispetto al plafond attuale. La
Fed, al contrario, punta a portare il cambio a 1,20. Il
valore intermedio (1,10) richiederebbe un intervento Bce pari a 1350
miliardi. Ecco perchè Draghi ha aumentato la "moral suasion" della
Bce sui governi europei affinche’ si decidano a interventi coordinati di
politica economica. Non è un caso che la
Vigilanza europea della Bce, di pari passo, stia esercitando
una arcigna pressione sulle banche (tale il caso Bp-Bpm) con gli stress test
e con le continue richieste di governance e di ratio patrimoniali. La
Banca d'Italia ha fatto sapere di non condividere la
valutazione pari a 17,8% (non recuperabile l'81,2%...) per i crediti
deteriorati (Npl) delle quattro banche fallite (Etruria, Marche, Cassa
Ferrara e Chieti) confermando questo atipico braccio di ferro con la
Bce (Vigilanza). A complicare le cose vi è la sterlina che è
scesa ai livelli del 2009 sui timori del referendum del 23 giugno.
Dall'inizio dell'anno il distacco tra i "si" e i "no"è
sceso a 0,9 punti. Per i gestori è veramente difficile cavalcare un
"sentiment"così emotivo che si misura in una uscita di 65 miliardi
di euro, nel corso delle ultime due settimane, dal "parcheggio" dei
fondi monetari. Un deflusso che si riflette nel rimbalzo di emergenti e dei
fondi specializzati in materie prime come attestano le quotazioni dei
futures. Purtroppo, tutto ciò conferma la crisi del multilateralismo che nel
dopoguerra sembrava avviato, sulla scia di Bretton Woods, a un futuro
trionfante con la creazione del Fmi. della Banca mondiale e della Bei. Ora,
anche il G-20 è divenuto una palestra di retorica in presenza di un
non-sistema globale dominato dalla "manipolazione" dei tassi di
cambio per aggiustare i problemi della bilancia dei pagamenti.
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