Vittorio Feltri per “il Giornale”
Ricapitoliamo.
Il referendum sulle trivelle è stato bocciato perché gli elettori, per
quanto pressappochisti e disgustati della politica, sono più provveduti
di coloro che l' hanno promosso. Infatti le trivelle servono per
estrarre dai fondali marini il gas, che non inquina. E questo lo sanno
anche i sassi.
Tra
i proponenti del plebiscito c' erano Regioni i cui capoluoghi sono in
riva al Tirreno e all' Adriatico, nessuno dei quali è dotato di impianti
di depurazione, per cui gli scarichi urbani finiscono nell' acqua
salata, rendendola una cloaca a cielo aperto e a disposizione dei poveri
bagnanti.
Cosicché
si giunge all' assurdo di rifiutare il gas pulito e tollerare
tonnellate di deiezioni riversate impunemente in mare, lo stesso mare
che in linea di (...) (...) principio si intendeva tutelare vietando le
trivelle.
Basta
questa osservazione a dimostrare l' insensatezza della consultazione
fallita (per fortuna) domenica. Discorso chiuso. In autunno, tuttavia,
si tornerà ai seggi per decidere se confermare o annullare le riforme
renziane riguardanti la Costituzione: il vistoso ridimensionamento del
Senato, in primis, e una serie di correzioni da apportarsi alle
competenze regionali oggi troppo estese per effetto del famoso o
famigerato articolo V.
Non
è il caso di entrare nel merito dei quesiti che saranno posti agli
elettori. Motivo: chi li leggerà allo scopo di esprimere poi la propria
opinione non capirà un accidente e voterà - se voterà - basandosi sulle
nozioni divulgate dalla propaganda dei partiti e dagli organi di
informazione, stampa e tivù.
Il
che comporterà dei rischi. Questi: un elevato grado di astensionismo e
suffragi dati a capocchia, cioè che esprimeranno sensazioni (simpatie o
antipatie per Renzi) o pregiudizi di vario genere. Detto in altro modo,
il plebiscito non verterà sulla sostanza delle questioni, bensì sulla
persona del presidente del Consiglio, il cui gradimento negli ultimi
tempi o è in calo (forse) o è oscillante (probabilmente).
Pertanto
sarà il solito referendum, squinternato e infedele. Con una aggravante.
Trattandosi di referendum confermativo e non abrogativo, nell'
occasione sarà privo di quorum. Significa che se si recheranno alle urne
solo dieci persone, esso sarà valido comunque.
Da
qui l' esigenza del premier di incitare i «suoi» a votare sì alle
riforme per fronteggiare e superare lo schieramento a lui politicamente
ostile, che tenterà di sgambettarlo e mandarlo a casa. Il nocciolo non
sarà tecnico, ma tattico.
Del
Senato più che dimezzato non importa un'acca a nessuno, idem delle
Regioni; l' opposizione sarà dunque impegnata a detronizzare Renzi, e la
maggioranza, viceversa, a difenderlo e mantenerlo a Palazzo Chigi.
La
nostra è una semplificazione, ma riflette la realtà in forma corretta.
Ergo assisteremo a una battaglia fra renziani e anti-renziani.
Vinceranno i più scaltri, quelli che disporranno dell' aiuto massiccio
dei mezzi di comunicazione.
Sotto
questo profilo, mi sembra più avvantaggiato - allo stato dell' arte -
il presidente del Consiglio e la sua company. Considerazione prammatica:
noi, che non sappiamo né leggere né scrivere, preferiamo riforme zoppe a
riforme ferme in un cassetto.
Ma è solamente una nostra idea, in cui crediamo appena appena.