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Le storie di Oscar #14: "Gonfiare al massimo.."



"Senta, devo andare con il mio camper per un mese in Africa. Può darmi qualche suggerimento su come mantenere la pressione delle gomme?"

Questa la mia domanda al gommista romano che mi serviva da anni.
"Per diminuire l'attrito deve tenerle gonfiate bene al massimo…così riduce la superficie di contatto. Comunque le consiglio di portare due gomme di riserva, tante le volte..."

L'appuntamento per i partecipanti al tour africano era ad Algesiras (Spagna) dove avremmo dovuto prendere il ferry per Ceuta, ultimo avamposto spagnolo in terra marocchina. (da Roma 2700 km).

Da mesi la rivista 2C stava portando gli ultimi aggiornamenti a questo giro africano che avrebbe dovuto spingersi fino a Tamaransset dopo aver attraversato il deserto per poi ritornare in Tunisia e da lì imbarcarsi per la Sicilia. Per un totale di 9700 chilometri per chi partiva da Roma.



Nessuno dei 15 partecipanti all'impegnativo programma africano poteva vantare esperienze di traversate consistenti nel deserto. Quasi tutti, compreso il vostro redattore, avevano fatto viaggi in Europa, in Egitto, in Medio Oriente.

Ma niente deserto vero per centinaia di chilometri.
Andare in Africa nel mese di agosto era come infilare la testa dentro un forno, ma che ci volevi fare considerato che in Italia le ferie sono concentrate proprio tra luglio e agosto per consentire soprattutto alle grandi aziende, a cominciare dalla Fiat, di poter fare gli inventari.

Arrivati a Ceuta ci siamo scontrati con la triste realtà locale: per attraversare il confine ed entrare in Marocco abbiamo impiegato 18 ore. Ma era solo il primo 'benvenuto' nella singolare realtà del Nord Africa.


Quanto ai mezzi si passava da quelli autocostruiti utilizzando qualche furgone attempato agli ultimi motorcaravan che avevano addirittura l'aria condizionata. Un lusso grandioso in quegli anni.

Noi ci accontentavamo del nostro camper Freccia 2 big, una sottomarca dell'Arca, la prima azienda italiana del settore. Ottima meccanica Ford Transit e ruote alte.

Abbiamo attraversato il Marocco con un itinerario che oltre ad includere tappe come Marrakech e Fez, ha previsto una dettagliata escursione sulla catena dell'Atlante dove abbiamo potuto ammirare i graffiti neolitici ed acquistare, dopo animate contrattazioni, geodi luccicanti.

Temperatura stabile sui 45 all'ombra.
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Eravamo alle porte di Marrakech quando il mio Freccia 2 Big si è arenato sulla sinistra dopo un boato tale da far credere di aver pestato una mina anticarro. La gomma anteriore era completamente esplosa.

La lunga fila dei camper si è bloccata grazie alla radio Citizens Band (il 'baracchino') di cui ogni camper era dotato.

Ho montato una delle due gomme di scorta e poi mi sono fatto indicare da qualcuno dei tanti ragazzi che schiamazzavano intorno a noi chiedendo caramelle, soldi, biscotti, dove fosse un gommista.

Per mia fortuna non era molto lontano e quando sono riuscito a portarlo sul luogo dell'incidente la prima cosa che ha fatto è stata quella di mettersi in ginocchio verificando con uno strumento la pressione delle altre gomme.

"Ma siete matti a viaggiare con le ruote in queste condizioni?", mi ha detto in francese aggiungendo: "Tu stai viaggiando con la pressione massima; ecco perche' e' scoppiata la gomma e ringrazia chi vuoi tu se le altre sono ancora sane..." ha concluso.

Ho cercato di riferirgli che il suo collega italiano mi aveva indicato di tenere la pressione alta proprio per ridurre la superficie di contatto con l'asfalto o la sabbia ed evitare quindi il surriscaldamento.

Il gommista marocchino si è sganasciato dalle risate e alla fine mi ha spiegato che le gomme delle auto da quelle parti devono essere invece gonfiate poco perché sia per l'attrito che per il grande caldo inevitabilmente la pressione all'interno della camera d'aria aumenta.

Anche se partivamo ogni mattina alle cinque proprio per evitare di trovarci nel pieno del solleone lo scoppio del nostro pneumatico è stato solo il primo di una serie di altri episodi che hanno interessato molti dei partecipanti al viaggio africano.
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Ma non era finita.

Stavamo ormai percorrendo la pista verso Tamaranssett quando mi sono dovuto fermare per lo scoppio di un'altra gomma anteriore.

Avevo esaurito le ruote di scorta ed il capo carovana, il mitico Fausto Pepe, dopo aver dato ordine agli altri camperisti di proseguire verso la prossima oasi desertica, ha deciso di chiedere ad uno dei colleghi di tornare indietro per qualche decina di kilometri nel villaggio che avevamo appena lasciato.

Lui invece sarebbe andato avanti per cercare nella successiva cittadina un paio di gomme per sostituire quelle tranciate del mio camper.

Il contatto via radio ad un certo punto si è affievolito per la distanza. Rimanere soli su una pista desertica è un'esperienza molto forte specialmente quando si viaggia con moglie e due figli adolescenti e un pastore tedesco.

Dopo otto ore dalla partenza sono riemersi i due equipaggi il primo dei quali, quello che era tornato indietro, non aveva trovato pneumatici delle stesse dimensioni dei miei.

Analoga situazione per Fausto che essendo un tipo di larga esperienza e positività ha acquistato comunque due pneumatici più piccoli rispetto a quelli originali del Ford Transit.

Una volta montati il camper aveva assunto un singolare assetto ma l'importante era proseguire terminando la tappa del deserto e raggiungendo una località intermedia di sicurezza.

Il nostro lettore potrà domandarsi per quale ragione stavamo rischiando tanto in un ambiente difficile sia da un punto di vista climatico che da quello di sicurezza per la instabilità politica delle nazioni attraversate.

Resta da dire che eravamo giovani, pieni di interesse e di energia, motivati dall'avventura, sicuri comunque che l'organizzazione promossa dalla rivista avrebbe potuto garantire margini di sicurezza.

Senza tenere conto poi del fascino imperscrutabile del deserto.
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Abbiamo imbarcato con noi un professore di lettere che parlava un discreto italiano e tra le tante cose che ci ha raccontato durante alcune lunghe tappe di trasferimento, parlando in generale delle abitudini sessuali dei maschi arabi nei confronti delle quattro mogli garantite dalla propria religione, ci ha detto che l'impegno del marito ogni notte si attestava sulle sei prestazioni.

Fatto questo che riferito poi in un incontro collegiale serale in un campeggio ha scatenato molte ironiche reazioni da parte di gentili spose nei confronti dei mariti esausti per l'impegno nella guida del camper in condizioni disagiate.

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"Fausto, Fausto la temperatura dell'acqua sta salendo ha quasi raggiunto il massimo… Qui rischiamo che scoppia tutto e mi fermo un'altra volta…"

Temperature Warning Light Symbol

Il camper di Fausto ci raggiunse e verificato che effettivamente lo strumento segnava ormai il massimo, visto comunque che il motore continuava a funzionare decise di cercare un meccanico che potesse rimediare nel prossimo villaggio.

Quando lo abbiamo raggiunto erano le due di un pomeriggio terrificante per la calura e alla fine abbiamo trovato il meccanico che era un personaggio da film, alto, ieratico e anche un po' seccato perché chiaramente avevamo interrotto la sua siesta.

Data un'occhiata al motore del mio mezzo esprimendosi in un buon francese ha detto che occorreva tener conto del manometro.

Al che la mia risposta è stata: "D'accordo il manometro… E adesso che facciamo? Dove lo troviamo? "

Ma il tipo in vena di umorismo ha detto che dicendo manometro si riferiva alla mano. Ovvero:

"Tocca il motore con la mano. Se brucia troppo è meglio stare fermi…"

Ed anche questa è stata un'esperienza del tutto particolare.

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Il superamento del confine tra Marocco e Algeria fu tremendo. Per ore ore la nostra carovana è stata bloccata. Molte le ragioni di questo lancinante blocco alla dogana. Sembra dovuto alla guerra in corso tra Marocco e le forze del Fronte Polisario, un movimento indipendentista sostenuto dall'Algeria,

Alcuni dei partecipanti erano stati colti da gravi attacchi di dissenteria, vuoi perché la maggioranza dei camperisti aveva imbarcato decine e decine di bottiglie di acqua oligominerale mentre quello che ci voleva era il sale (ai fuochisti delle vaporiere che ancora giravano sulla rete ferroviaria locale venivano imposte grosse pasticche di sale puro).

Vuoi perché sotto il sole cocente anziché ripararsi come facevano i residenti, venivano esibiti mini indumenti che favorivano l'essudazione sottocutanea e te ne accorgevi vedendo le macchie di sale che apparivano sulla pelle.

(Prima di partire Franca si era fatta indicare da un medico romano specializzato in malattie tropicali come preparare una pozione fatta di agrumi, sale e zucchero che ci ha consentito di superare meglio i problemi derivanti dalla disidratazione).

Ed è stato così che abbiamo deciso di trasportare quattro dei malati più gravi, due donne e due adolescenti, in un ospedale in una località che era vicina all'ex poligono nucleare francese dove erano stati fatti numerosi esperimenti sotterranei la cui sabbia radioattiva era arrivata anche in alcune località della Sicilia.



Abbiamo caricato i malati su tre camper e lasciata la carovana ci siamo avventurati su una pista che abbiamo percorso di notte arrivando in un villaggio dove l'ospedale era costituito da alcune tende. Il medico di turno, un pakistano, ha dato ordine che la tenda che ospitava alcune donne locali fosse liberata per accogliere i nostri ammalati.

"Bisogna sottoporli subito a flebo…" Ha imposto il medico pakistano e così è stato per almeno due giorni. "Avete delle vaschette di plastica? Per le vostre donne , qui non ne abbiamo e poi voglio evitare ogni contagio..."

Gli abbiamo consegnato scolapiatti e vassoi di plastica che avevamo nell'angolo cucina dei camper.

 Il dottore pakistano era felice di potere parlare con degli europei.

"Perche' qui, in questo posto sperduto, dottore?" domanda obbligata prima dello scambio di abbracci.

Sorride, abbassa gli occhi e risponde: "Dovevo stare qui per due anni. Ormai ne sono passati cinque. Spesso si dimenticano di pagarmi lo stipendio. Abbiamo poche risorse, ma la gente  mi vuole bene e non solo perche' anch'io ho la pelle scura."

Prima di ripartire gli abbiamo chiesto di prenotare telefonicamente per i nostri malati altrettante soste per la somministrazione delle flebo negli ospedali delle cittadine che avremmo incontrato nelle tappe successive.



E siamo ritornati al confine raggiungendo il resto della carovana che dei malati se ne infischiava altamente e molti avevano deciso di interrompere il viaggio all'interno dell'Algeria prendendo invece la strada della costa per ritornare quanto prima in Italia.

Noi invece abbiamo proseguito con gli ammalati ringalluzziti per le potenti flebo saline che gli erano state praticate.

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Una delle tappe in Algeria era stata la visita ad una fonte che si diceva desse la fertilità alle donne che non potevano avere figli.

Sarà un caso ma due giovani signore del gruppo, sterili da anni, rientrate finalmente nelle loro città hanno dichiarato che quell'acqua aveva fatto effetto.



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Qualche lettore potrebbe chiedermi per quale ragione mi sono soffermato sugli aspetti negativi di questo lontano viaggio (1985) che ci ha impegnati per 30 giorni prima di rientrare nelle nostre sedi e al lavoro.

Una domanda più che logica. Resta da dire che sarebbe stato impossibile descrivere su questo blog tutti i dettagli turistici del lungo tour che raramente si discostavano da quelli ampiamente rodati dalle guide e riviste specializzate.

Potrà piacere o meno, ma in questa lontana esperienza c'è anche il gusto di affrontare l'avventura, di dare ai figli adolescenti il modo di porsi a contatto con realtà profondamente diverse da quelle vissute in Italia, di vedere con i propri occhi e giudicare un 'lontano-prossimo-diverso' per colore della pelle, religione, costumi.

Un 'prossimo' fatto di bambini quasi sempre sorridenti, perché la povertà in qualsiasi angolo del globo ha sempre questa eterna espressione di gioia rispetto a chi è costantemente dannato a conservare la propria ricchezza senza un sorriso.

Oscar

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Per chi preferisce  ascoltare

Video link
https://youtu.be/kCBPf1YrAVM

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