Translate

Tutto è lecito anche la violenza.

Che cos’è “Russkiy Mir”, la vera ideologia alla base del putinismo

Tutto è lecito anche la violenza. Questa specie di culto trova la sua fusione più sgargiante a 70 km da Mosca. Lì il 22 giugno 2020 è stata inaugurata la Cattedrale delle forze armate russe, con Putin e Kirill presenti

TOMMASO CARBONI (La Stampa)

(ap)

Dicono che la pandemia abbia accresciuto il suo isolamento. Dicono che abbia interrotto gran parte dei contatti con collaboratori e amici. L'attualità lo infastidisce, racconta Mikhail Zygar, giornalista russo, uno dei più attenti osservatori del Cremlino. Putin invece è ossessionato dalla storia. Si interessa a personaggi come Konstantin Leontyev, monaco ultra-reazionario del 19° secolo, che ammirava gerarchia e monarchia, e aveva in sprezzo l’uguaglianza. Una delle poche persone con cui Putin sembra aver trascorso del tempo è Yuri Kovalchuk, un caro amico che possiede una banca e controlla diversi media di propaganda governativa. Secondo i giornalisti russi, i due hanno parlato della missione di Putin di ripristinare l'unità tra Russia e Ucraina. La cosa interessante è che Kovalchuk non è solo un ricco uomo d’affari. È un ideologo. La sua visione del mondo è un miscuglio di «teorie del complotto anti americane, misticismo cristiano ortodosso, edonismo», scrive Zygar. Chissà, Putin potrebbe avere le stesse idee. Ma quali sono esattamente queste idee?
Scandagliando il suo possibile brodo culturale ci si imbatte subito in un tipo pittoresco. Aleksander Dugin, filosofo e politologo, vena mistico-esoterica-reazionaria, i media occidentali ne hanno parlato spesso. L’ultimo articolo, lungo e dettagliato, sul quotidiano israeliano Haaretz: «Chiunque voglia capire la geopolitica e la visione del mondo di Putin, compresa la campagna d’Ucraina, farebbe meglio ad ascoltare una persona: Aleksander Dugin». Per parte sua Dugin, intervistato di recente anche da media italiani, descrive la guerra in questi termini: Non si tratta solo di denazificare il paese e proteggere il Donbass, è una battaglia contro il globalismo liberale, l’Occidente, cioè l’Anticristo». Ma siamo sicuri che Putin lo ascolta davvero? Probabilmente no. Se fosse così influente, l’università statale di Mosca non lo avrebbe cacciato (cosa che invece è successa dopo alcune sue affermazioni fuori misura durante la prima crisi in Ucraina, era il 2014).
L’altro guru che salta fuori spesso è un filosofo del passato. Nel 2015 Putin si è anche speso per rimpatriarne la salma. Ivan Ilyin, deportato dai bolscevichi nel 1922, morto in Svizzera in esilio. Ammirava nazismo e fascismo. Timothy Snyder, storico a Yale, ha scritto un saggio su di lui: «Ivan Ilyin, il filosofo di Putin e del fascismo russo». Altri storici però contestano questo collegamento. Ilyin non è finito nel pantheon del Cremlino per simpatie fasciste, ma per idee in fondo simili ad altri intellettuali russi: pensava che un monarca, piuttosto che leggi o costituzioni, dovesse avere l'autorità assoluta. Snyder però rintraccia in Putin anche un’ideologia più estrema e bizzarra. Quella di Lev Gumilev, secondo cui le nazioni traggono la loro spinta da raggi cosmici, così la volontà di esistere dell'Occidente sarebbe quasi esaurita e la Russia, al contrario, avrebbe ancora l’energia per formare un potente stato slavo che abbraccia l'Eurasia. Insomma, una credenza quasi mistica nel destino delle nazioni, lo spirito trascende ogni cosa e mette da parte leggi, procedure e realtà fisiche.
E se fossero tutti frammenti di un puzzle più grande? In effetti c’è un’ideologia che la cerchia intorno a Putin ha elaborato a partire da metà anni 90; un discorso nuovo, diverso dal patriottismo sovietico e dal nazionalismo russo, che giustifica e chiarisce la politica recente – e non solo quella estera. Si chiama Russkiy Mir, cioè «mondo russo». Putin lo ha reso visibile chiaramente nel 2007, col suo intervento spartiacque a Monaco in cui ha respinto la possibilità di integrare la Russia all’Occidente. L’ idea di comunità e civiltà del Russkiy Mir però non include solo la Russia, ma tutti i “compatrioti”, tutti gli slavi di lingua russa che vivono all’estero, quindi anche ucraini e bielorussi. Sembra un paradosso, ma uno dei pezzi di quest’ideologia è l’anticomunismo. Lenin in realtà è detestato (Stalin invece no, perché dopo la vittoria del ‘45 ha brindato al popolo russo, non al comunismo). L’altro elemento è la fede ortodossa nel patriarcato di Mosca, il patriarca Kirill è uno dei principali alleati ideologici. E poi c’è il disprezzo per l’Occidente, che corrompe, e a cui si oppone l’idea di una civiltà russa eterna da preservare. Tutto è lecito a difesa del Russkiy Mir, anche la violenza. Ce lo ha ricordato Putin pochi giorni fa: «Gli oppositori saranno sputati come moscerini». Questa specie di culto trova la sua fusione più sgargiante a 70 km da Mosca. Lì il 22 giugno 2020 è stata inaugurata la Cattedrale delle forze armate russe, con Putin e Kirill presenti. Già da fuori è abbastanza tetra, dentro si celebra la guerra. Il pavimento è fatto di carrarmati tedeschi fusi. Un mosaico commemora l’invasione della Georgia nel 2008, l'annessione della Crimea nel 2014 e il ruolo delle forze russe nella guerra civile siriana. I soldati combattono, gli angeli benedicono dall’alto. Non sorprende quindi che il patriarca Kirill consideri l’attuale conflitto in Ucraina un affare divino – un suo collega, il sacerdote di Rostov, una città al confine con l'Ucraina, ci è andato giù ancora più pesante; secondo lui, l’esercito russo «sta ripulendo il mondo da un'infezione diabolica».
In questa nuova ideologia, la guerra in Ucraina è stata riformulata come parte di un assalto alla civiltà russa mosso dall’Occidente.
I servizi segreti, dalle cui fila è emerso lo stesso Putin, hanno un ruolo centrale. Putin si affida a loro per le informazioni sul mondo. E nel 2005 una sezione dell’FSB (uno dei successori del KGB), gli fece recapitare un libro titolato “Progetto Russia”. Come racconta l’Economist, il documento avvertiva chiaramente Putin che la democrazia era una minaccia e l’Occidente un nemico.
È chiaro che i timori per la sicurezza legati all’espansione della Nato sono un tema importante per il Cremlino. Ma un’analisi dell’ideologia alla base del putinismo fa dubitare che questo sia il vero motivo dell’aggressione all’Ucraina. Del resto all’epoca del primo blitz russo in Crimea, nel 2014, l’Ucraina non voleva entrare nella Nato, per legge era un paese neutrale. La verità è che per Putin e la sua cerchia l’Ucraina non è una vera nazione, ma una parte fondante del Russkiy Mir. Si era allontanata troppo e andava riportata a casa.

No comments:

Post a Comment