Translate

Vladimir Putin: ieri, oggi e, purtroppo, anche domani…

Sostenere che Vladimir Putin è pazzo è non solo facile ma dimostra di essere una scorciatoia dell'esatto inquadramento di questo zar.

Proponiamo al nostro lettore la recensione di un libro, "L'ultimo zar", pubblicata su Libero due anni fa e praticamente ignorata da molta parte dei politici italiani alcuni dei quali erano intensamente impegnati nel costruire un profittevole rapporto con il potente leader della Russia. 

Se si considera quanto sta avvenendo nella tormentata Ucraina e ci si chiede il perché di questa che sembra una folle azione di un autocrate che si sente messo all'angolo, per onestà intellettuale si dovrebbe far riferimento alla storia di Vladimir Putin figlio di un partigiano scampato all'annientamento da parte delle truppe naziste e figlio di una madre 'spazzina'. Putin un "ragazzo di strada", abituato a vivere in mezzo alla violenza.

Per capire Vladimir Putin è sufficiente riferirsi a questo libro scritto da un suo ammiratore. Il dittatore russo continua ad essere oggi quello che  è sempre stato: un agente segreto di talento.

Per fare quel mestiere occorre lasciare da parte ogni etica e moralismo, sapere che si può e si deve vivere solo di menzogna, sapere che gli avversari non si indottrinano con diplomatiche esortazioni ma si eliminano senza pentimento, avere un obiettivo preciso e costante sul quale adeguare ogni decisione, non fidarsi di alcuno ma solo della propria indiscussa capacità di selezionare chi può aiutarti, fermo restando che potrà essere eliminato al primo dubbio di comportamento. La fedeltà tramutata in terrore nei confronti del capo.

Nulla di nuovo sotto il sole: basta rileggere il "Principe" di Machiavelli.

Nonostante le poche migliaia di cittadini russi che hanno trovato il coraggio di protestare per l'invasione in Ucraina aprendosi così le porte ad anni di galera, Vladimir Putin sa di poter contare su un inossidabile e massiccio sostegno di gran parte dei suoi connazionali.

La domanda  è se le sanzioni messe in atto da un ampio numero di nazioni, collegate tra loro nel tentativo di porre un limite alla esondazione armata del leader del Cremlino, potranno in qualche modo far presa sulla popolazione russa afflitta ancora una volta da quotidiani problemi di sopravvivenza economica.

Il tenente colonnello Vladimir Putin, agente speciale del KGB, continua a fare quello che gli hanno insegnato e sul quale ha perfezionato e costruito il suo innegabile talento.

Fino a quando? Negli ambienti dell'intelligence  occidentale si sostiene che il dittatore russo sarebbe un malato terminale di cancro. Tesi questa che sembra essere contraddetta dalla energia manifestata da Vladimir Putin. Comunque a livello di fake news tutto si può inventare.

Resta la paranoia dell'evitare ogni possibilità di contatto (vedi tavoli da sei metri) che ci ricorda l'analoga paranoia dell'imprenditore, aviatore, produttore cinematografico Howard Hughes, una paranoia che comunque si stemperava tra le braccia di qualche superba attrice di Hollywood.
Oscar
_______________________________________________________

Gianluca Veneziani 11 ottobre 2020  (Libero)

Avrebbe potuto essere un pilota d'aereo o un tassista. E invece si è trovato a condurre il Paese più grande al mondo. Lo hanno idolatrato o lo hanno demonizzato ma «di una cosa possiamo essere certi: Putin non è un profeta mandato da Dio e neppure fa parte delle schiere di Satana». Già da queste battute si coglie la volontà di raccontare senza passioni di parte e pregiudizi uno dei politici più ingombranti del nostro tempo. E si apprezza il tentativo di andare oltre il personaggio pubblico e di scavare nel suo intimo e nella sua infanzia, compiendo una specie di viaggio nell'anima dell'uomo Putin. Al fine di capire chi sia davvero il presidente di tutte le Russie. E come abbia fatto a diventare ciò che è oggi. Uno zar. Anzi, l'ultimo zar. Assomiglia agli avvincenti profili dei potenti tracciati nell'antichità da Svetonio o Plutarco l'opera che Nicolai Lilin, scrittore russo celebre per il romanzo Educazione siberiana, ha appena dato alle stampe, ossia Putin. L'ultimo zar (Piemme, pp. 194, euro 17,50). Sfogliandolo, ti imbatti nei luoghi e nei momenti decisivi che hanno contribuito alla formazione del presidente della Russia; un'educazione che, se non è stata "siberiana", segnata cioè da violenza e regole feroci, è stata in modo altrettanto duro "pietroburghese". Il Putin di oggi è il prodotto di quel ragazzo cresciuto nel vicolo Baskov, in un quartiere ad alto tasso di criminalità dell'allora Leningrado. Un ragazzo che si è fatto le ossa per strada, dove ha imparato le leggi della sopravvivenza, dell'autodifesa, all'insegna di motti efficaci come «Bisogna picchiare per primi». In quella «società a margine» il giovane Putin ha capito, a suon di pugni dati e presi, come farsi spazio nella vita, apprendendo l'arte della tenacia, ma anche educandosi alla spietatezza, a disprezzare «la debolezza e il tradimento» e a dare gran valore alla «forza» e alla «lealtà».

IL SAMBO
Quell'università della strada lo avrebbe portato sulla cattiva strada se non fosse stata compensata da un'altra palestra, quella dello sport, grazie a cui Putin comprese come incanalare la violenza e darle una disciplina. Fu praticando il sambo, una forma di lotta molto diffusa in Russia, e poi il judo che il giovane Vladimir maturò la «capacità di concentrarsi», l'abnegazione e la dedizione estreme alla causa, sviluppando il coraggio e un'«invidiabile resistenza». Ma soprattutto plasmò la propria personalità in nome dell'«autodisciplina». In questo percorso di formazione fu decisivo il suo arruolamento come spia del Kgb. In quel momento Putin ancora sognava di diventare pilota d'aereo, ma a spingerlo a cambiare idea fu l'ambizione: un agente segreto poteva «ottenere con le sue sole forze risultati superiori a quelli di un intero esercito». Lo dimostrò lui stesso nel 1989 quando, di stanza come spia nella Germania Est, affrontò da solo una folla di manifestanti tedeschi che provava ad assaltare il quartier generale degli 007 sovietici: «Vi chiedo di trattenervi dalla decisione di entrare», disse. «I miei compagni sono armati e ho dato disposizione di difendere il palazzo». In poco tempo i manifestanti, impauriti, se ne andarono tutti. Nel ruolo di spia il futuro presidente dalla Russia allenò l'attitudine a usare le informazioni, comunicare e persuadere.

Ma fu dopo lo sfascio dell'Urss e un anno di stenti in cui «Putin non ricevette un rublo» e «pensò perfino di fare il tassista», che la sua vita svoltò in modo radicale. Entrò in politica, prima come direttore del Comitato per le relazioni estere a San Pietroburgo, quindi come vicesindaco-factotum della città, e così imparò a gestire il comando e a prendere le decisioni, che è appunto l'arte di un Cesare, o meglio di uno Zar; e affinò il cinismo dell'uomo che vuole arrivare al potere e restarci, trasformandosi in un «predatore capace di gettarsi nella mischia composta di "sciacalli" d'ogni tipo». In quel periodo si addensarono su di lui le maggiori ombre: Putin incappò nelle accuse di corruzione, di legami con la criminalità organizzata e con aziende internazionali in odore di riciclaggio di denaro sporco. Da queste imputazioni Putin è sempre uscito indenne, nonostante restino a suo carico vari sospetti. Di sicuro la spregiudicatezza da lui mostrata era quasi imprescindibile per resistere nella lotta per il potere seguita al crollo del regime sovietico. «Un "pragmatismo" comprensibile, quello fiorito in Putin», nota Lilin. «Di politici o amministratori onesti non ce n'erano. Coloro che stavano al potere dovevano collaborare con la criminalità organizzata e con i primi oligarchi, giocando al loro gioco, pena l'eliminazione».

LE DOTI
Oltre a consolidare rapporti con gli uomini più potenti di Russia, in quegli anni Putin mise a frutto le sue doti di leadership, cosa che gli consentì nel 1999 di diventare premier e subito dopo presidente. In quel frangente dimostrò di essere l'«uomo forte» di cui la Russia aveva bisogno, favorito da una circostanza apparentemente imprevista: nell'autunno 1999 i terroristi islamici della Cecenia seminarono il panico, con vari attentati in Daghestan e a Mosca. Putin prese in pugno la situazione, pronunciando frasi a effetto come «Perseguiteremo dappertutto i terroristi e, quando li troveremo, li butteremo nella tazza del cesso»; o cimentandosi in azioni da Rambo, atterrando a bordo di un aereo militare, tra raffiche di mitragliatrici nemiche, nel cuore del territorio coinvolto nel conflitto. Quelle parole e quelle azioni restituirono ai russi l'orgoglio nazionale e diedero loro la consapevolezza di essere nelle mani di un capo in grado di difenderli. Su questo patriottismo insieme simbolico, militare e religioso Putin ha lavorato sodo durante i suoi mandati, potenziando l'esercito e il sistema della difesa, rinsaldando i rapporti con la Chiesa ortodossa e proponendosi come l'incarnazione dei valori tradizionali della Russia. Un quadro idilliaco, quello di Putin tracciato da Lilin?

Macché. L'autore, oltre a non tacere sulle tante morti sospette durante il suo ventennio al potere e a condannare la sua svolta ultra-autoritaria con le recenti modifiche alla Costituzione, pone l'accento sull'immobilismo della politica e della società russa e sul mancato riformismo di Putin: egli ha lasciato la situazione economica cristallizzata, consentendo agli oligarchi di continuare a spadroneggiare e alla corruzione di dilagare; e poi ha consegnato al mondo un'immagine stantìa della Russia come vittima di un accerchiamento globale da cui è tenuta a difendersi. Una stasi che ricorda quella dei tempi dell'Urss. Come allora, «sembra che il tempo non scorra all'interno delle mura del Cremlino». Ma forse il congelamento dello status quo è il trucco con cui il presidente della Russia prova a rendersi immortale. Sentendosi destinatario di quella benedizione che un altro uomo enigmatico come Rasputin consegnò al nonno di Putin, che lo serviva da cuoco in un ristorante. «Bravo Putin», gli disse il monaco. «Ti benedico per la gloria di Dio e la Russia patria nostra». Rasputin era chiamato "il santo diavolo", e forse lo stesso potrebbe dirsi dello Zar-putin.
_______________________________________________________


Ottimo
Come sempre non si diventa psicotici se c’è amore e armonia nel l’infanzia
Delirio dì grandezza e paranoia in una persona intelligente e forte
Ma il problema più importante è l’odio radicato con vendetta senza vergogna e senza empatia.
E.S.
________________________________________________________
Caro Oscar,

non è la NATO, che è solo un pretesto, a far paura al despota Putin, ma la Democrazia: quella che aveva conquistato nel 2014 l’Ukraina e che non tollera che si espanda in Russia. Perché la democrazia e lo stato di diritto rappresentano il vero grande pericolo per qualsiasi autocrazia dispotica (Cina, Bielorussia, Iran …) in quanto ne minano e contestano le fondamenta stesse.

E per quanto ci riguarda, qui nel Medio ed Estremo Occidente (Europa e USA), è sufficiente quello che stiamo facendo come opinione pubblica e anche religiosa?

Un cordiale saluto,
Sandro (Roma)
___________________________________________________________
Caro Oscar,
La tua lucida recensione su Putin è lo specchio della sua anima. Ho tanti amici russi in Milano e tutti ADORANO Putin per aver ridato orgoglio al loro paese. Purtroppo, la differenza tra Putin ed i suoi predecessori della URSS è che questi, come segretari del Partito e capi del governo, erano sempre controllati dal Politburo, che poteva (come accaduto) anche rimuoverli. Putin, invece, è un capo assoluto, come i Romanov. Non ha alcuna opposizione o controllo e comanda su tutto e tutti. Lo stesso vale per il suo omologo cinese. Se decidesse di assaltare i Paesi Baltici, nessuno lo fermerebbe, neanche la NATO. Adesso si prenderà una parte dell'Ucraina e poi la Moldavia e nessuno potrà fermarlo. Poi i Cinesi prenderanno Formosa e nessuno potrà fermarli. Perchè nessuno vuole una guerra nucleare e questo rende forti i dittatori.
E' uno strazio vedere la distruzione di una nazione libera e di un popolo!
A parte quanto detto, noi italiani siamo nella black lista russa e ci aspettiamo gli attacchi hacker e quanto altro. 
Un caro saluto,
Aldo (Milano)

No comments:

Post a Comment