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Elezioni europee, una proposta per il governo Renzi


di Guido Colomba
Geithner ha scoperchiato per primo il pentolone dei rapporti tra Usa ed Europa. Perchè lo ha fatto a distanza di quasi tre anni dagli avvenimenti? Vi sono due risposte. La prima riguarda la politica europea di Berlino. Al vertice di Barcellona del G20 Geithner tentò invano di convincere la Merkel a cambiare linea anzichè puntare ad una austerity che puntualmente ha messo l'Europa in ginocchio (ricordiamo che Trichet alzò addirittura i tassi). Un'Europa debole non conviene alle imprese americane. La seconda risposta riguarda la linea preferenziale della Merkel verso Mosca specie in tema di politica energetica. Risale a quel periodo la decisione di Obama a favore dello shale gas. Da quel momento è cambiata la geopolitica degli Usa. Putin se ne è accorto in tempo e sa di avere poco tempo a disposizione. Sta giocando a scacchi ma la partita è persa in partenza poichè anche l'accordo con la Cina richiede molto tempo per realizzare i gasdotti ed avrà scarso impatto in termini finanziari. Nel frattempo entro tre anni gli Usa riforniranno l'Europa di gas. Dunque l'ostacolo è il cancelliere tedesco. Un modo per indebolirlo è stato parlare dell'Italia e delle manovre della Merkel contro i governi italiani. Tremonti parla ora di una forte esposizione delle banche tedesche verso la Grecia e la Spagna. Ma ai vertici europei e del G20 Tremonti non fiatò. Da allora è passata molta acqua sotto i ponti. La stessa Bce ha fallito l'obiettivo di mantenere al 2% il tasso di inflazione ed ha consentito che i 1020 miliardi Ltro prestati quasi a tasso zero alle banche europee fossero utilizzati (con enormi guadagni) per acquistare titoli del debito sovrano lasciando a secco l'economia reale. Berlino è all'origine di questa folle politica che gli economisti americani, Krugman in testa, hanno stigmatizzato a più riprese. Le elezioni europee diventano lo spartiacque di questa situazione. Di qui la proposta per il governo Renzi di ridurre il contributo percentuale che l'Italia versa per il funzionamento dell'Ue con una rinuncia parziale ai fondi regionali liberando così risorse per gli investimenti finalizzati alla ripresa. I 54 miliardi, aggiuntivi alle spese di funzionamento, che l'Italia ha versato per gli aiuti ai paesi in crisi (Irlanda, Grecia, Portogallo, Spagna, Cipro) hanno fatto crescere il debito italiano. Nè l'Italia ha ottenuto nulla in cambio. Una situazione paradossale (a fine anno il contributo di Roma salirà a 61 mld. di euro pari a 83 miliardi di dollari). A Washington si guarda con inquietudine all'indebolimento dell'Italia in un momento così cruciale nel ruolo strategico del Mediterraneo. Sul tappeto vi sono molte crisi (Siria, Turchia, Crimea, Libia) che richiedono un ruolo attivo. Va ricordato che la Germania e i suoi amici del Nord Europa hanno bloccato quattro anni fa il tentativo di un accordo politico tra UE e Paesi nella sponda sud del Mediterraneo e del Medio Oriente. Una decisione miope alla luce della "primavera araba" e della successiva crisi libica. Ecco perchè agli euroscettici si deve rispondere con una politica attiva dove l'Italia può dare un forte contributo senza più rinvii.