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Claudio Antonelli (Montréal)
Da un titolo del Messaggero: "Mafia capitale, lista
degli arresti e dei domiciliari."
L’aggettivo "domiciliari", così da solo senza
un riferimento a un sostantivo, poteva in un passato ancora recente evocare
situazioni, idee, sentimenti connessi alla "domus", al focolare, ai
riti domestici e agli ozi pantofolai. Ci si poteva infatti chiedere: ozi
domiciliari? pennichelle domiciliari? partite a carte domiciliari?
No, ormai tutti sappiamo che si tratta di
"arresti" domiciliari.
Si badi: il termine arresti non è quasi mai menzionato
dagli organi d'informazione. L'omissione è dovuta a discrezione? Forse sì, ma
solo all'inizio, quando l'espressione fu introdotta. Oggi la latitanza di
"arresti" nella famigerata espressione "essere ai
domiciliari" non fa più fesso nessuno, perché "domiciliare" al
plurale sottintende inequivocabilmente il sostantivo poco gradevole
"arresti". Arresti in forma casalinga, domestica, familiare, sì, ma
comunque arresti.
L’aggettivo "domiciliare" si è sostantivato,
acquisendo un significato indissolubilmente legato, e si dovrebbe anche dire
"ammanettato", a quella forma di prigionia in casa propria che
nell’Italia di oggi la magistratura - sia la parte "democratica" come
una porzione della magistratura si autodefinisce, sia quella "non
democratica" come mi sembra allora lecito chiamare il resto dei magistrati
- non nega quasi mai a nessuno. Non solo a causa del sovraffollamento delle
carceri, ma per le condizioni precarie di salute dell'indagato, il quale - sono
sicuro - già prima di ricevere l'"avviso di garanzia" non si sentiva
perfettamente bene, ed ora che lo ha ricevuto comincia a sentirsi decisamente
male.
Gli italiani nel parlare non ricercano tanto la chiarezza
quanto il "suona bene". E non c'è che dire: l’espressione icastica
"essere ai domiciliari" suona decisamente bene. E suona ugualmente
bene l'espressione "avviso di garanzia", anche se si tratta di una
"garanzia" di cui il destinatario-beneficiario farebbe volentieri a
meno.
Leggiamo sui giornali: “'X.Y.' è ai domiciliari”. 'X.Y.'
è il personaggio di turno, oggetto dell'attenzione del magistrato inquirente di
turno, il quale sa tutto su di lui grazie alle intercettazioni telefoniche e
ambientali di turno.
Il rimanere prigioniero tra le quattro mura della propria
casa è tanto più sopportabile quanto più la residenza familiare è ampia,
comoda, e forse provvista anche di giardino e piscina, e con un bagno dotato
d'idromassaggio. Le ville non mancano di certo nel patrimonio di tanti
inquisiti, nel paese in cui "Costituzione" fa rima baciata non con
"lavoro" o con "Resistenza", ma con "corruzione".
Una corruzione motivata spesso dall'altruistico desiderio provato da ogni
italiano che si rispetti di far del bene alla propria famiglia. E quindi è
giusto che la custodia cautelare avvenga in famiglia. Una famiglia complice,
affettuosa, riconoscente.