Alberto Pasolini Zanelli
Può farlo sospettare lo scambio di note, raccomandazioni,
la diffusione di notizie fra il vago e il contraddittorio che riempiono da
alcuni giorni i canali diplomatici fra Washington e Mosca e che inducono
qualche osservatore a correre un po’ avanti e diffondere l’impressione che si potrebbe
prima o poi cadere dai “passi” diplomatici a qualche altra forma di prova di
forza. Un pericolo che ai più pare remoto ma che sarebbe necessario capire,
renderlo comprensibile anche a coloro che non sono del mestiere.
Tutto è cominciato
quando ha preso a circolare, da una “fronte israeliana”, la notizia che soldati
russi si troverebbero in Siria e potrebbero prepararsi ad entrare in azione e
partecipare ai combattimenti contro le milizie dell’Isis. Mosca risponde con
linguaggi che oscillano tra la smentita e una mezza conferma. Certo, dice il
Cremlino, dei nostri militari in Siria ci sono e tutti sanno perché: per curare
la consegna di mezzi bellici che è in corso ed è nota da tempo. Quanto al
resto, continua il discorso, un annuncio sarebbe “prematuro”.
Niente di nuovo,
insomma: la collaborazione tra Mosca e Damasco è vecchia di decenni. Dopo gli
sconvolgimenti nello scacchiere mediorientale, passato dalla Guerra Fredda a
una caldissima e sanguinosa, alla Russia è rimasto un solo “amico” in
quell’area, in forme pratiche e simboliche, dalle basi navali a una intensa
collaborazione politica e diplomatica. Qualcuno può essersene dimenticato, ma
un paio di anni fa l’America è stata sul punto di intervenire con le armi per interdire
l’uso da parte del regime di Damasco di “armi chimiche”. Obama aveva addirittura
parlato di una “riga rossa” tracciata sul “terreno” o piuttosto sull’acqua. Tale
spettro fu esorcizzato all’ultimo momento da una trattativa condotta dal
Segretario di Stato Kerry con il governo di Mosca: una specie di cessate il
fuoco in cambio della consegna da parte siriana di quei materiali dati in
custodia proprio alla Russia.
Cosa è cambiato da
allora? Si sono aggrovigliate le alleanze. Il regime di Damasco, sostenuto
dall’Iran ma attaccato contemporaneamente dall’Isis e dai cosiddetti “moderati”
appoggiati dall’Europa, dall’America e dalla Turchia. Il Califfato teoricamente
contro tutti ma che in realtà ha il compito alleviato dalle ostilità in corso
fra i suoi avversari dichiarati. E la
Russia? La
Russia, non da adesso, parteggia per il regime di Assad, si
dimostra pronta a collaborare con gli occidentali e con l’Iran per difenderlo da
coloro che l’Occidente sostiene ed arma. Un duello soprattutto a parole e anche
fra armi “in affitto”. Con sussulti che sembrano indicare la possibilità di
scontri più diretti. A “condire” il tutto il collegamento, reso noto in questi
giorni, fra la Siria
e l’Ucraina e la Crimea,
donde partirebbero armi e soldati agli ordini di Putin, l’eterno sospetto che
si comporta come se fosse desideroso della pubblicità internazionale che da
tale sospetto gli deriva.