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C'è il problema dell'output gap


Guido Colomba

C'è il problema dell'output gap, cioè lo scenario del debito italiano nel quadriennio. Eppure in valori assoluti il debito italiano è cresciuto percentualmente di meno nella Ue tra il 2008 e il 2015. Invece si guarda solo alla percentuale debito/Pil basata sul denominatore. Non basta. Pier Carlo Padoan e Ignazio Visco hanno dimostrato che, se la Commissione usasse metodi di calcolo basati sui dati congiunturali dell'economia reale (così come fanno il Fondo monetario e l'Ocse), i risultati sarebbero ben differenti. Cioè l'Italia avrebbe già centrato gli obiettivi europei previsti per il debito a medio termine. Il successo ottenuto dal governo Renzi (16 miliardi di flessibilità a favore del programma di riforme in corso di attuazione) parte da questa premessa. Senza il pressing italiano, in tandem tra Governo e Banca d'Italia, staremmo ancora a parlare di "procedure di infrazione" con la gioia di gran parte dei media italiani ostili al governo in una specie di "cupio dissolvi". Ed è questo il problema maggiore che affronta l'Italia. C'è un establishment , incapace di difendere gli interessi di 60 milioni di abitanti, che vive solo di veti incrociati. Un establishment che si rallegra quando emergono notizie negative (anche la Confindustria indulge in questo "doppio giochismo"). E' fin troppo facile domandarsi dove erano i governi Monti e Letta (lo stesso discorso vale per quello Berlusconi) quando queste procedure europee, ingiustamente punitive verso l'Italia, venivano considerate come intoccabili tabù sacri. Addirittura l'ex primo ministro Mario Monti, due mesi fa, ha criticato con articoli e interviste televisive il metodo contestativo verso Bruxelles adottato dal governo italiano. Lo stesso discorso vale per le incredibili "sviste" Ue, tuttora in corso, che consentono alle banche europee (dei paesi cosi detti "forti"), di valutare a loro piacimento i rischi inerenti ai contratti "derivati" in portafoglio, proprio mentre il bail-in ha colpito le banche italiane. Due pesi e due misure che il ministro Pier Carlo Padoan sta criticando a tutti i livelli. Ecco perché le posizioni del ministro delle Finanze tedesco Wolfwang Schauble, relative al tetto sui titoli di stato in portafoglio appaiono indifendibili. Persino la "missione punitiva" romana affidata da Berlino al presidente della Bundesbank Weidmann, si è risolta in un boomerang. Il riflesso di questa situazione si vede nel braccio di ferro in corso tra Fmi e governo tedesco per la "ristrutturazione" (prolungando la scadenza ed abbattendo gli interessi) del debito greco ritenuto "insostenibile" da Christine Lagarde. La cancelliera Angela Merkel si oppone per evidenti motivi elettorali non ricordando che le banche tedesche erano le più esposte e che l'Italia ha contribuito al salvataggio della Grecia senza chiedere contropartite da Berlino. Sta di fatto che il Fmi minaccia di tirarsi fuori mettendo in serie difficoltà l’autoritarismo europeo del governo tedesco.