Alberto Pasolini
Zanelli
I repubblicani
superstiti della decimazione subita nella lunga primaria del 2016 ascoltano,
forse ma malvolentieri, la campana dell’ultimo giro; anche se, tecnicamente,
sono tuttora impegnati nel penultimo. Oggi è il turno dell’Indiana, che deve
spedire alla Convenzione nazionale estiva di Cleveland, una ventina di delegati
in tutto, mentre già incombe il turno della California, Stato gigante che ne
produce centinaia. Eppure non solo i candidati ma anche gli “esperti” hanno
deciso che vincerà colui che sbucherà per primo dall’ultima curva di
Indianapolis. Si parla dei repubblicani, naturalmente, perché i democratici
stanno già assistendo al “giro d’onore” di Hillary Clinton, che ha accentuato
il proprio sorriso professionale e pare essersi tirata dietro almeno un poco
l’appassionato “socialista” Bernie Sanders. Entrambi interpretano, sul loro
angolo di palcoscenico, il ruolo del “gentiluomo”. Sull’altro versante i
repubblicani sono impegnati in un duello che ignora il fioretto e lo sostituisce
non con la spada ma con la mazza ferrata.
Questi sono gli
esempi che hanno fatto il giro non solo dell’America ma del mondo. Mai un
candidato alla presidenza era stato definito “Satana incarnato” da un collega
di partito, rilucidato poco dopo in un linguaggio egualmente diabolico ma un
po’ più colto, Lucifero invece che Satana. È toccato a Ted Cruz, senatore del
Texas e secondo in “classifica” per la Casa
Bianca. L’autore dell’anatema è John Boehner, fino a pochi
mesi fa leader della maggioranza repubblicana al Senato. Che ha poi precisato
di non aver mai conosciuto un simile “figlio di puttana, più miserabile”.
Appartengono entrambi all’ala conservatrice del Partito repubblicano. È vero
che il linguaggio ha sorpreso meno di quanto sarebbe stato pensabile fino
all’inizio di questa campagna elettorale. Ad aprire la serie è stato
l’aspirante repubblicano numero uno alla Casa Bianca, che già in apertura del
primo dibattito plenario scagliò pesanti allusioni contro una candidata del suo
partito, definendola “una racchia”, riservando altre eleganti “frecciate” a
Hillary Clinton, colpevole di essersi trattenuta un po’ troppo lungo alla
toilette (luogo frequentato in queste settimane da una battaglia legislativa
riguardante quale delle due porte con scritta “ladies” e “gentlemen” debba
aprire un transgender, ossia un uomo diventato donna o una donna diventata
uomo. La nuova legge promulgata da uno Stato precisa che per entrare in un wc
bisogna avere un certificato che precisi di quale sesso uno era quando è nato.
Trump, spicciativo anche nelle parole ma non sempre privo di buon senso,
consiglia invece ad “entrare dalla porta in cui uno si sente più sicuro”).
Questo il lessico.
Le ideologie non sono meno specifiche; le passioni sono ancora più roventi.
Anche perché i protagonisti superstiti appartengono non solo allo stesso
partito ma anche alla stessa corrente: quella Destra della Destra che fu
battezzata qualche anno fa come Tea Party, con lo scopo iniziale e urgente di
impedire a Barack Obama di governare. In buona parte ci riuscì, ma adesso si
vede a che prezzo: di una gara “selvaggia” all’interno del Gop con uno scambio
di “scomuniche” che rischia di portare alla sconfitta nelle urne di novembre chiunque
ottenga la nomination repubblicana e ha già emarginato i più apprezzati e
illustri repubblicani che hanno in un passato anche recente conquistato la
Casa Bianca con programmi coerentemente ma
civilmente conservatori: l’ultimo è naturalmente Ronald Reagan, che si lasciava
definire volentieri “Mr. Conservative” e che in due turni “presidenziali”
trionfò rispettivamente in 46 e in 49 Stati su cinquanta. E che riuscì a
mantenere per otto anni quel suo sorriso e a far cadere il Muro di Berlino e sprofondare
il regime sovietico.
Reagan adesso è
un’icona cui si rende omaggio ma cui non si vuole o non si sa ispirarsi. Più
ancora dell’ideologia, lo stile è diverso, opposto. E i risultati si vedono
già, prima ancora del voto di novembre. La
Casa Bianca sembra nel mirino di un
personaggio politico come Hillary Clinton che dovrebbe appartenere al passato,
compreso quello “dinastico” e che è stata contrastata fino all’ultimo da un
signore quasi sconosciuto che si è fatto largo servendosi di ideali fino
all’altro giorno definiti da “antiquariato” come il Socialismo e la Rivoluzione. Appare
sempre più difficile per i repubblicani riconquistare il terreno perduto. Almeno
finché continueranno a servirsi di una lotta a colpi di termini scurrili e
allusioni “infernali”. I sondaggi delle ultime ore danno Trump in vantaggio
anche in Indiana.